Contratto diretto a costituire un’impresa agricola a natura associativa, nella quale si attua una collaborazione economica tra colui che dispone del bestiame (soccidante, concedente) e chi debba allevarlo (soccidario, allevatore). La nozione generale di soccida si trae dall’art. 2170, co. 1, c.c., secondo il quale nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l’accrescimento del bestiame e gli altri prodotti che ne derivano. La definizione del codice è abbastanza generica: in realtà la soccida più che un singolo contratto, è un ampio genus che raccoglie vari tipi. La soccida è in genere considerata un contratto associativo e il codice la colloca, con la colonia parziaria e la mezzadria, nell’ambito dell’impresa agricola, distinguendone tre tipi. Nella soccida semplice il soccidante conferisce il bestiame e il soccidario presta l’attività necessaria all’allevamento; la stima del bestiame all’inizio del contratto non trasferisce la proprietà del medesimo al soccidante. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite dal contratto o dagli usi (art. 2178). Nella soccida parziaria il bestiame è conferito da entrambi i contraenti, mentre il soccidario presta in più l’attività necessaria all’allevamento (art. 2182). Nella soccida con conferimento di pascolo il soccidante conferisce il terreno per il pascolo, il soccidario il bestiame e il lavoro necessario. La volontà di valorizzare il ruolo anche imprenditoriale di chi destina la propria capacità lavorativa e organizzativa alla gestione del fondo, e di rafforzare la tutela del contraente coltivatore o conduttore ha messo in moto un lungo processo legislativo di tipizzazione dei contratti agrarî e di riconduzione all’affitto di tutti i contratti associativi, che ha coinvolto in varia misura anche i diversi tipi di soccida. È evidente infatti che mentre la soccida semplice è assai vicina a un rapporto di prestazione d’opera e rimane perciò estranea alla logica di trasformazione dei contratti agrari, nella soccida con conferimento di pascolo il peso economico e gestionale del soccidario è molto più evidente, tanto che lo stesso codice civile gli riconosce i poteri di gestione dell’impresa (art. 2186). La l. 756/1964, che ha vietato la stipula di nuovi contratti di mezzadria e di contratti atipici, per espressa previsione non si applica ai contratti di soccida con conferimento di pascolo, che erano gli unici, tra i contratti di soccida, potenzialmente interessati da quella legge (art. 2). La l. 11.2.1971, n. 11, ha invece stabilito la trasformazione in affitto dei contratti di soccida con conferimento di pascolo, a semplice richiesta del soccidario. La l. n. 203/1982, che è il testo fondamentale in materia di trasformazione dei contratti agrari e che ha introdotto i due criteri fondamentali della conversione in affitto di tutti i contratti associativi (art. 25) e della riconduzione all’affitto di qualunque nuovo contratto, stipulato dopo l’entrata in vigore della legge, che abbia comunque a oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici, fa espresso riferimento al contratto di soccida. Essa infatti dispone la conversione anche del contratto di soccida con conferimento di pascolo e di soccida parziaria, quando vi sia conferimento di pascolo, purché l’apporto di pascolo da parte del soccidante sia inferiore al 20%. Le uniche deroghe possibili sono quelle previste in via generale dall’art. 29, che discendono dall’età avanzata di chi si dedica al fondo o dalla natura marginale dell’attività di coltivazione o allevamento. La l. 14.2.1990, n. 29, ha introdotto una ulteriore deroga alla conversione, escludendola nei casi in cui già nel biennio precedente all’entrata in vigore della legge del 1982 il soccidante abbia dato un adeguato apporto alla conduzione dell’impresa. Conosciuta già nel mondo romano, la soccida ebbe diffusione particolarmente nel Medioevo, adattandosi con grande varietà di svolgimenti ai bisogni e agli usi locali; spesso trattata dalla legislazione statutaria, la soccida fu regolata dal codice francese, ma con una disciplina uniforme che non tenne conto della varietà di tipi; il codice civile italiano del 1865 seguì le orme di quello francese.