Piemonte
Tra le Alpi e la pianura
Il Piemonte è una regione di montagna con un nome che parla di pianura. E in questo sembra concentrarsi gran parte dell’essenza di questa regione nata, dal punto di vista politico ed economico, grazie al controllo dei valichi alpini che mettono in comunicazione il Mediterraneo e l’Europa, ma poi ‘scesa’, con le città, l’agricoltura moderna, le fabbriche, sempre più verso la Pianura Padana e la penisola. Culla dello Stato italiano, della grande industria, del miracolo economico, il Piemonte non ha però perduto, e anzi sta potenziando, il ruolo fondamentale di collegamento transalpino in direzione del resto d’Europa
Anche se il nome della regione, Piemonte, vuol dire «ai piedi dei monti», la regione si estende per tre quarti in aree occupate da rilievi alpini e prealpini: solo il resto è davvero ai piedi dei monti ed è costituito dalla parte occidentale della Pianura Padana.
È chiaro che, fin dall’antichità, da quando cominciò a circolare il nome Piemonte, quello che più colpì fu proprio la vastità della pianura attraversata dal Po e dai suoi affluenti, abbracciata su tre lati e ben circoscritta dalle Alpi e dagli Appennini.
È in pianura, del resto, e nelle parti più basse delle molte valli che vi affluiscono, che sono sorti quasi tutti i centri abitati piemontesi importanti, come è in pianura che si sono concentrate l’attività agricola, prima, e quella industriale poi, quindi la ricchezza, le infrastrutture di vario genere, la popolazione.
Il controllo della pianura, delle sue ricchezze e delle sue vie di comunicazione ha certamente favorito, per qualche verso, la formazione di uno Stato regionale, il cui ingrandimento progressivo ha portato, nell’Ottocento, alla nascita dello Stato italiano.
Il Piemonte era e resta, però, una regione in gran parte di montagna e, a proposito di storia e di controllo del territorio, nella formazione del Piemonte il controllo dei valichi alpini è risultato importante almeno quanto il controllo della ricchezza della pianura.
Il concetto di regione, in geografia, è usato per indicare non tanto un’area amministrativa (come Regione Friuli-Venezia Giulia o Regione Basilicata), quanto un’area dai caratteri costanti e riconoscibili: per paesaggio, economia, storia, popolazione. In questo senso, il Piemonte è una regione anche geografica, mentre nella maggior parte dei casi le regioni costituzionali italiane non presentano molta omogeneità né territoriale né storica.
I limiti amministrativi del Piemonte, per gran parte, corrispondono dunque a confini storici e culturali abbastanza persistenti oppure a elementi naturali del paesaggio (montagne e fiumi) che possono essere facilmente utilizzati come segni di discontinuità.
Il Piemonte, a parte l’interruzione in corrispondenza della Valle d’Aosta, è delimitato a nord, ovest e sud dalla catena alpina (a sud anche da quella appenninica): montagne dall’andamento lineare e ben riconoscibile. A est il limite amministrativo segue in gran parte laghi e fiumi, anche questi elementi individuabili con facilità.
Accanto a queste considerazioni, però, bisogna ricordare che fino all’Ottocento il Regno di Piemonte possedeva anche la Savoia francese, al di là delle altissime Alpi, e proprio dalla Savoia la casa reale aveva preso il proprio nome e aveva cominciato la propria espansione; per circa cinque secoli quelle alte montagne, quindi, non avevano separato un bel niente: al contrario erano servite a ‘tenere insieme’, sul piano politico ed economico, i due versanti. I Savoia, infatti, all’inizio avevano basato la loro potenza sul controllo delle montagne, dei passaggi fra le montagne e delle strade di accesso alle montagne.
Detto questo, è comunque vero che il versante piemontese ha una storia e una cultura abbastanza unitarie, un’economia coerente, un’organizzazione dello spazio funzionale: è una regione.
I monti che abbracciano il territorio piemontese sono piuttosto elevati e ripidi a nord (Monte Rosa, 4.637 m) e a ovest (Gran Paradiso, 4.061 m), molto meno a sud. In tutte le direzioni sono incisi da valli di fiumi: il Po e i suoi affluenti, come Dora Riparia, Dora Baltea, Sesia e Ticino, a sinistra, e Tanaro e Scrivia a destra. Questi fiumi formano una raggiera che converge in buona parte su Torino, e lungo la raggiera delle loro valli si sono sviluppate le comunicazioni con la Svizzera, la Francia e il Mar Ligure, grazie a numerosi valichi importanti (passi del Sempione e del Fréjus, colli della Maddalena e di Tenda) percorsi da strade, ferrovie e autostrade; queste, però, oggi utilizzano gallerie a bassa quota. La pianura del Piemonte, quindi, è ben collegata in tutte le direzioni.
Alcune di queste valli sono abbastanza lunghe e ampie da formare piccole regioni – come Val d’Ossola, Valsesia, Val di Susa – a volte ben distinte dal resto, anche se meno della Valle d’Aosta, che un tempo faceva parte del Piemonte e poi è diventata una regione amministrativa a sé. Le valli, del resto, spesso hanno delle particolarità: la Val Pellice, per esempio, ha una popolazione di religione valdese, nell’alta Valsesia si parla un antico dialetto tedesco, in Val Chisone e in altre, invece, il franco-provenzale, nelle valli appenniniche della Bormida e della Scrivia un dialetto ligure.
Adiacente alle montagne, si estende una fascia di colline piuttosto profonda, tanto da caratterizzare a sua volta altre subregioni come il Monferrato e le Langhe.
La cintura di monti incide molto anche sul clima del Piemonte, perché blocca l’aria calda e umida proveniente dal Mediterraneo, ma anche quella fredda proveniente da nord. Si forma così un clima di tipo continentale, ma abbastanza temperato. Nelle valli con direzione ovest-est sono molto sensibili le differenze, per esempio nella vegetazione, tra il versante esposto a sud e quello esposto a nord.
Malgrado tutta l’importanza delle montagne, però, il Piemonte ha trovato il suo sviluppo e la sua rilevanza in pianura, proprio come suggerisce il nome.
La pianura è ricca di acque sorgive e di fiumi, molti canali sono stati realizzati per ampliare i terreni irrigabili (il più importante è il Canale Cavour), gran parte del suolo è fertile e produttivo, e da secoli i proprietari terrieri piemontesi, come nel resto della Pianura Padana, hanno adottato sistemi di coltivazione moderni e produttivi. La pianura ha sfamato la popolazione, sostenuto le città, consentito una politica di espansione, promosso l’accumulazione di capitali.
Proprio allo sbocco del Po e di vari suoi affluenti in pianura, si trova Torino, capoluogo regionale e una delle principali città italiane, con la sua ‘cintura’ di popolosi centri industriali; la provincia di Torino, da sola, ospita più della metà della popolazione piemontese. Cuneo, Alessandria, Biella e anche Novara, seconda città della regione, si trovano ai margini della Pianura Padana, Vercelli è in aperta pianura; altre città di rilievo, anche se non capoluoghi, come Casale Monferrato, Chivasso, Pinerolo, sono in pianura; le città interne sono poche: Asti, nella valle del Tanaro, e Verbania sul Lago Maggiore.
Per decenni, come nel resto d’Italia, la crescita delle città della pianura si è alimentata con l’immigrazione dalle montagne e dalla collina interna; poi anche con l’immigrazione dalle regioni meridionali, perché l’industria del Torinese cresceva senza sosta e la manodopera non bastava mai.
Ultimamente, la crisi dell’industria e le modificazioni della struttura demografica hanno fermato la crescita della popolazione, mentre si è verificata una certa ripresa del popolamento delle aree interne. Alcune valli, specie nel Cuneese, restano comunque marginali e spopolate.
L’industrializzazione di Torino, uno dei vertici (con Genova e Milano) del triangolo in cui si concentrò la produzione industriale italiana tra Ottocento e Novecento, diede un’impronta fortissima a tutta la regione. Torino impose il suo modello di sviluppo, almeno a quelle parti della regione – in pianura e ben accessibili – che potevano accogliere il modello e industrializzarsi a loro volta; le aree appartate, scomode da raggiungere, poco popolose, diventarono sempre più marginali.
In qualche misura sfuggirono a questa netta differenziazione le alte valli alpine, dove lo sviluppo del turismo invernale, soprattutto in funzione della popolazione urbana, portò attività economiche rilevanti, anche se stagionali e non praticate durante tutto l’anno: è il caso, per esempio, della Valle di Susa, con Bardonecchia, e della Val Chisone, con Sestrière.
È stata, però, l’industria a segnare lo sviluppo della regione: il settore automobilistico, soprattutto la FIAT (Aquelli), per circa un secolo, ha determinato l’insieme della vita economica. Bisogna tener conto che non solo l’industria automobilistica ha avuto, a Torino e in altri centri, svariati grandi stabilimenti per la produzione di veicoli, ma anche che una grande parte delle altre imprese industriali è nata e si è sviluppata in funzione dell’industria automobilistica: parti di ricambio, componenti, accessori (il cosiddetto indotto comprende anche le attività non industriali di distribuzione, vendita, pubblicità e altre).
La crisi dell’industria automobilistica e, in genere, della grande industria ha provocato una certa differenziazione produttiva; ma certamente ha avuto nell’insieme un effetto negativo. Settori importanti sono anche il tessile (nel Biellese), il chimico e l’agroalimentare – collegato con le produzioni agricole (cereali, frutta) e con l’allevamento. Come in molte altre regioni italiane, la produzione di vini di qualità è molto importante, specie nel Monferrato e nelle Langhe.
Il capoluogo concentra anche le attività terziarie e parte dei flussi turistici. La ricerca, l’università, le grandi case editrici hanno sede a Torino, come le più importanti banche, le società finanziarie, le compagnie di assicurazione e alcune delle principali attrattive turistiche (monumenti e musei).
Il turismo in Piemonte non è però molto sviluppato, anche se Torino è una città interessante dal punto di vista urbanistico e architettonico, e se svariati altri centri hanno monumenti notevoli. Fanno eccezione le località sciistiche e i laghi (Lago Maggiore e Lago d’Orta), che nelle stagioni favorevoli accolgono una grande quantità di persone; e poi, in misura ridotta, le aree montane che si prestano a forme di villeggiatura o di turismo naturalistico: il più antico Parco nazionale italiano, quello del Gran Paradiso, si estende in parte in Piemonte, e le valli più appartate, che hanno pagato con la marginalità economica lo sviluppo novecentesco, oggi si prendono qualche rivincita presentandosi molto meno inquinate e congestionate della pianura.
Il Piemonte, comunque, non è affatto povero di località che meritano di essere conosciute: castelli medievali (nell’Ossolano, nel Canavese), abbazie (Novalesa, Staffarda), cittadine antiche sono sparsi in tutta la regione, monumenti particolari come il Sacro Monte di Varallo o il palazzo Borromeo sull’Isola Bella del Lago Maggiore, le residenze barocche e settecentesche dei Savoia, la diffusione degli stili moderni tra 19° e 20° secolo sono motivi sufficienti per una visita che riserva piacevoli sorprese.
Il fatto è che il Piemonte è stato a lungo soprattutto un’area industriale e di transito tra Europa e Italia; e i trasporti e le vie di comunicazione stanno legando sempre più strettamente la regione al resto d’Europa: anche nel prossimo futuro, probabilmente, rimarrà un’area produttiva ad alta specializzazione e un’importante zona di collegamento tra l’Europa continentale e il Mediterraneo.