vitigno
s. m. [lat. *vitignus, ritenuto indipendente dai due agg. vitigĕnus e tardo vitineus «relativo alla vite»]. – Varietà coltivata di vite, dalle cui uve il vino acquisisce le sue principali caratteristiche, assumendone spesso la denominazione: dolcetto, cortese, lambrusco, ecc.; più che di specie ben definite si tratta di una vasta famiglia di cloni, sicché, quando si parla di un v. malvasia, un v. moscato, un v. trebbiano, ecc. ci si riferisce non già a singoli vitigni bensì a famiglie di individui più o meno differenti: così, dal barbera, vitigno assai diffuso, si ottengono vini di caratteristiche diverse come il Barbera d’Asti, di Alba, del Monferrato, ecc. ma anche i vini rossi dell’Oltrepò pavese. I vini possono essere ottenuti da un solo vitigno (e si dicono in tal caso monovitigni) oppure da uvaggi con uve di differenti vitigni: esempî del primo caso sono, per i rossi, il Nebbiolo d’Alba, il Gattinara e i vini DOCG Barolo e Barbaresco ottenuti dal nebbiolo, il Brunello di Montalcino, da una varietà di sangiovese; esempî del secondo sono il Ghemme (dall’uvaggio di nebbiolo, bonarda e croatina), il Chianti (sangiovese, canaiolo nero, trebbiano toscano e malvasia del Chianti), il vino Nobile di Montepulciano (sangiovese grosso, canaiolo nero, malvasia del Chianti, trebbiano toscano, con piccole quantità, fino al 5%, di altri vitigni); per i vini bianchi i vitigni più diffusi sono il trebbiano e la malvasia che, nei loro diversi cloni, e in varî uvaggi, danno origine a vini quali l’Orvieto, il Frascati, e altri ancora, mentre è monovitigno l’Albana, ottenuto da vitigno omonimo. Altri vitigni producono soltanto uve da tavola, come l’Italia o il regina.