titolo
tìtolo s. m. [dal lat. titŭlus]. – 1. Con riferimento all’antichità romana (per la quale è di uso frequente, anche oggi, la forma lat. titulus), iscrizione apposta alle immagini degli antenati; più genericam., iscrizione sopra statue, archi trionfali, ecc. 2. a. Il nome o la frase che serve a individuare uno scritto o un’opera letteraria, teatrale o artistica e musicale, una produzione cinematografica, oppure gli articoli di un quotidiano, di un periodico, di una rivista, alludendo più o meno chiaramente all’argomento o al soggetto: t. di un romanzo, di un racconto, di una raccolta di poesie, di un’ode; t. di un saggio storico, critico; t. di un dramma, di una commedia, di un’opera lirica, di un film; t. di un dipinto, di una scultura; t. di una composizione musicale, di una sinfonia; un articolo con t. su due colonne; non conosco i fatti di cui parla il giornale, ho letto soltanto il titolo. Per estens., opera, libro stampato: il catalogo della biblioteca (o della casa editrice) comprende migliaia di titoli. Nel codice manoscritto, le indicazioni del titolo, unitamente a quelle dell’autore, si trovano generalm. all’inizio del testo, introdotte dalla parola incipit; quando invece si trovano alla fine dell’opera, prendono il nome di explicit. Nel libro a stampa il titolo viene dapprima collocato per lo più nel colophon, alla fine del volume; in seguito gli viene dedicata un’intera pagina iniziale, cioè il frontespizio. Nella catalogazione si distinguono: t. principale, il titolo vero e proprio; t. alternativo, quello introdotto da o, ovvero e sim.; mezzo t. o t. bastardo (o occhietto), titolo abbreviato che compare nel recto della carta precedente il frontespizio. Nei volumi, oltre alla denominazione generale dell’opera, si possono avere inoltre: t. corrente, titolo, spesso abbreviato, dell’opera o del capitolo, che compare in testa a ogni pagina (in dizionarî, enciclopedie e altre opere di consultazione, il primo lemma della pagina pari e l’ultimo della dispari); t. di copertina, che talvolta può differire da quello contenuto nel frontespizio; t. del legatore, abbreviato, sul dorso del libro; falso t., termine con cui si designa talvolta l’antiporta; per soprattitolo e sottotitolo, v. le voci. Nel linguaggio giornalistico, t. d’apertura, quello dell’articolo che compare in alto, a sinistra della pagina di un giornale; t. di spalla, quello dell’articolo posto nell’angolo superiore destro della prima pagina, in posizione simmetrica rispetto all’articolo di fondo. In opere cinematografiche o televisive, titoli di testa, le didascalie poste all’inizio, che comprendono il titolo vero e proprio e i nomi del produttore, del regista, degli autori, degli attori, ecc.; titoli di coda, le didascalie poste alla fine; t. parlati, i titoli pronunciati da un annunciatore o da un attore. b. Nell’amministrazione pubblica, intestazione di un conto; in partic., nel bilancio dello stato, delle regioni e degli enti locali, ripartizione delle entrate e delle spese in due o più categorie fondamentali: attualmente le entrate statali sono divise in tre titoli (tributarie, extratributarie, provenienti dall’alienazione e ammortamento di beni e dal rimborso di crediti), e le spese in due (correnti e in conto capitale). c. In testi legislativi, e talvolta anche in testi giuridici dottrinali, antichi o moderni, civilistici o canonistici, titolo indica una ripartizione del testo (mentre il titolo nel senso corrente, cioè l’intitolazione, delle singole ripartizioni si chiama rubrica). 3. T. di una chiesa, il nome del mistero o del santo ai quali la chiesa è dedicata. Il nome di titolo è conservato per antonomasia alle chiese di Roma (chiese titolari) alle quali è preposto un cardinale (cardinale titolare) dell’ordine dei preti: cardinale del t. di santa Prassede. 4. In usi letter. e poet., genericam., nome, denominazione: dentro da la Muda, La qual per me ha ’l titol de la fame (Dante, con riferimento alla torre, dove furono rinchiusi e fatti morire di fame il conte Ugolino con i suoi figli e nipoti); Sì bel titol d’Amore ha dato il mondo A una ceca peste (Poliziano). 5. a. Riferito a persona (letter. o poet.), appellativo, attributo, nomea, fama: Poi vèn colei c’ha ’l titol d’esser bella (Petrarca); rifiutando d’esser chiamato maestro. Il qual t. rifiutato da lui tanto più in lui risplendeva (Boccaccio); quei, cui dona il vulgo Titol di saggio (Parini). Nell’uso com., per lo più con tono scherz. o iron., epiteto ingiurioso: gli diede il t. di ladro, d’imbroglione; gli affibbiò i t. più offensivi; sta’ attento un’altra volta prima di dare certi titoli. b. Segno distintivo o particolare qualificazione onorifica congiunta a dignità (t. di dignità), a cariche e uffici eminenti (t. ecclesiastici, nobiliari, militari, cavallereschi e di ufficio): avere il t. di conte, di marchese; conferire il t. di commendatore, di cavaliere; fu assunto a corte col t. di ciambellano; il t. di avvocato, d’ingegnere; esercita la professione ma non ha il t.; la legge punisce chi fa uso di t. a cui non ha diritto; non i t. illustrano gli uomini, ma gli uomini i titoli (Machiavelli). Per l’abuso di titoli, v. abuso1; per l’abolizione dei t. nobiliari, v. nobiliare e nobiltà. Titoli di virtù, titoli onorifici concessi dalla Santa Sede a sovrani cattolici. c. Per estens., t. di studio, riconoscimento ufficiale ottenuto alla conclusione di un ciclo di studî, che dà in genere diritto a fare uso di un determinato titolo (maestro, ragioniere, perito, ecc.), o anche più semplicem. il conseguimento di un diploma, la licenza di una scuola, che può essere anche quella elementare o media inferiore (così, alla domanda «che titolo di studio hai?» si può rispondere «la licenza elementare», «la maturità classica o scientifica», «il diploma di ragioniere», oppure «la laurea in lettere, in scienze biologiche», ecc.). Analogam., t. accademici, quelli conseguiti al termine di un corso di studî universitarî (per es., «dottorato oppure dottore in medicina», e sim.) o quelli che dichiarano l’appartenenza a un corpo accademico. Nello sport, t. di campione, attribuito al vincitore di un campionato; anche ellitticamente: il t. italiano, mondiale, di campione d’Italia, del mondo; mettere in palio il t.; perdere il t.; dovrà allenarsi severamente se vuol conservare il titolo. 6. a. L’atto o il fatto giuridico sul quale si basa un diritto, o più genericam. la causa, la ragione giustificatrice dell’appartenenza di un diritto, o anche il modo con cui si è acquistato: t. d’acquisto, l’atto o il fatto giuridico che giustifica l’acquisto di un diritto; acquisto a t. originario, quando l’acquisto si fonda su un rapporto diretto dell’acquirente con la cosa (per es., l’impossessamento della selvaggina da parte del cacciatore); acquisto a t. derivativo, quando l’acquisto del bene avviene in virtù della trasmissione del diritto da parte del precedente legittimo titolare (come nel caso della compravendita o delle successioni); cedere qualche cosa a t. oneroso, a t. gratuito, con o senza controprestazione; successione a t. universale, quando l’erede subentra nella totalità dei rapporti giuridici, attivi e passivi, del defunto; successione a t. particolare, quella che concerne un singolo rapporto giuridico o più rapporti singolarmente considerati; t. putativo, negozio in realtà inesistente, ma la cui esistenza, esente da vizî, è presupposta da chi acquista (questo presupposto è il fondamento della buona fede); t. dello stato (familiare), quello da cui dipende l’esistenza di uno status, per es. l’atto di nascita per lo stato di figlio legittimo. Anche il documento che comprova tali diritti: t. di legittimazione, t. rappresentativo, quello che, come la fede di deposito o la nota di pegno, attribuiscono al titolare diritti reali sulla cosa indicata nel titolo e non già meri diritti di credito (come nel caso dei titoli di credito); t. esecutivo, nel diritto processuale civile, il titolo che legittima a promuovere l’esecuzione forzata (per es., la sentenza di condanna, l’ordinanza di convalida di sfratto o il decreto ingiuntivo cui non sia stata mossa opposizione). In diritto commerciale, t. di credito (e, nell’uso, anche assol. titolo), documento costitutivo dell’esistenza e della titolarità del diritto al credito in essa specificato; si distinguono t. al portatore, t. all’ordine e t. nominativi, a seconda che siano trasferibili con la sola presentazione, o per mezzo di girate, o col cambiamento dell’intestazione nominativa; e nel linguaggio econ., finanz. e bancario, t. pubblici o privati, emessi cioè dallo stato e dagli altri enti pubblici o da aziende private, e t. a reddito fisso o variabile, t. unitarî o multipli (emessi cioè in un solo taglio o in più tagli multipli di quello base). Per i t. atipici, v. atipico. b. Con riferimento a concorsi per uffici governativi o in aziende private, per lo più al plur., titoli, i meriti acquisiti nella precedente attività e i documenti che li comprovano, in quanto possono costituire criterio di discriminazione tra i concorrenti: concorso per esame e per titoli; non può presentarsi al concorso, non ha t. sufficienti; titoli a stampa, pubblicazioni che si presentano al concorso come elemento di giudizio da parte della commissione esaminatrice. c. Più genericam., per estens. degli usi precedentemente illustrati: con giusto t., a buon diritto; e per indicare il merito che fa degni di qualche cosa: ha acquistato molti t. alla nostra riconoscenza; quel che ha fatto mi sembra t. sufficiente perché sia stimato da tutti noi. Con accezione partic., a titolo di, in qualità di, con il significato o il valore o lo scopo di: me l’hanno concesso a t. di premio, a t. d’incoraggiamento; elargire una somma a t. di sussidio; te lo chiedo a t. di curiosità. Nell’uso ant., sotto t. di, con il pretesto di: vendute alcune possessioni ... sotto t. di volere co’ denari andar mercatando (Boccaccio). d. In diritto canonico, t. di ordinazione, reddito patrimoniale che assicurava il sostentamento dell’ordinato, e che doveva essere giuridicamente stabile e sufficiente. 7. Titolo di una lega, di una soluzione, di una miscela, ecc., il rapporto tra la quantità di uno dei suoi componenti e la quantità della soluzione o miscela che lo contiene, espresso usualmente in forma percentuale e riferito al peso o al volume. In partic.: a. T. di una moneta, il rapporto tra il peso del metallo prezioso o pregiato puro contenuto nella moneta e il peso complessivo della moneta stessa espresso generalm. in millesimi: quello adottato per le monete d’oro è quasi sempre 900/1000, mentre per le monete d’argento varia molto da paese a paese; i t. legali dei metalli preziosi non monetati devono essere espressi in millesimi e sono: 950 millesimi per il platino e il palladio, 750, 585, 500 e 333 millesimi per l’oro, 925, 835 e 800 millesimi per l’argento: nel linguaggio corrente il titolo per l’oro è comunem. espresso in carati. Il titolo del metallo viene fatto constare mediante l’apposizione del marchio sull’oggetto. b. In chimica, la concentrazione (che si determina mediante la titolazione) di un costituente di una soluzione; può essere espressa in varie maniere: più comunem. in grammi di sostanza (elemento, composto) per litro di soluzione, in grammi equivalenti o in grammomolecole (o frazioni di esse) per litro di soluzione (v. anche normalità, nel sign. 2, e molarità). c. In immunologia, per t. del complemento si intende l’attività complementare di un siero, mentre per t. degli anticorpi si intende la loro concentrazione in un siero immune. d. In una miscela combustibile, il titolo rappresenta il rapporto tra la massa del combustibile e la massa dell’intera miscela. e. Per un vapore saturo, t. del vapore, il rapporto tra il peso della parte allo stato gassoso e il peso complessivo della fase gassosa e di quella liquida. 8. In agraria, t. di un concime, di un fertilizzante, la quantità percentuale di sostanza nutritiva in essi contenuta, in rapporto al peso; t. della semente, numero che esprime le qualità commerciali di una partita di semi atti a germinare e appartenenti a una data varietà di pianta agraria: serve a calcolare il quantitativo di semente da impiegare nelle semine, e si determina con la formula V = pg/100, dove V è il titolo o valore reale, p la purezza e g la germinabilità. 9. Nell’industria tessile, misura della finezza di una singola fibra, e, più precisamente, numero che indica il rapporto fra la lunghezza e il peso di uno stoppino, un nastro, un filato, un filamento, ecc.: nel sistema diretto il titolo indica quanti grammi (o altra unità di misura) pesa una determinata lunghezza di semilavorato, nel sistema indiretto quanti metri (o altra unità di misura) sono necessarî per avere un peso determinato. ◆ Dim. titolétto, titolino; spreg. titolùccio; accr. titolóne; pegg. titolàccio; tutti riferiti per lo più a titoli di articoli di giornali o di altre pubblicazioni, di film e di opere varie.