strazio
stràzio s. m. [prob. dal lat. distractio (der. di distrahĕre «squarciare, lacerare») per riduzione di prefisso]. – 1. a. Atroce lacerazione o mutilazione di un corpo; per lo più nella locuz. fare strazio di, straziare: hanno fatto s. dei ribelli catturati; l’esplosione fece s. delle sue membra, del suo corpo; dopo averlo ucciso, hanno fatto s. del suo cadavere; con enfasi scherz.: smetti di suonare il violino, non fare s. delle mie povere orecchie! Anche, lo spasimo, il dolore acuto causati da tale lacerazione o dilaniazione: non ha retto allo s. della tortura e ha confessato; più genericam., atroce sofferenza fisica: ha sopportato con coraggio e dignità il lungo s. della terribile malattia. b. Uccisione violenta di molte persone; strage, massacro: lo strazio e ’l grande scempio Che fece l’Arbia colorata in rosso (Dante), con riferimento alla battaglia di Montaperti del 1260. c. Sofferenza morale, afflizione profonda: soffrire lo s. del rimorso, del rimpianto, del sospetto; è uno s. vederlo soffrire così senza poter far nulla; non resse allo s. di quella vista orrenda; Ahi! forse a tanto strazio Cadde lo spirto anelo, E disperò (Manzoni). Fig., fam., fastidio, noia, seccatura e sim.: che strazio questo film!; quando finirà lo s. di questa conferenza?; lasciarono perdere gli autobus, che per un pezzo a quell’ora era uno s. prenderli, e s’andarono a fare una passeggiatina (Pasolini); anche come predicato riferito a persona: sei proprio uno s., un vero strazio. 2. fig. a. Sciupio, spreco, distruzione: Perpetua ... venne a saper di certo che alcune masserizie del suo padrone, credute preda o strazio de’ soldati, erano in vece sane e salve in casa di gente del paese (Manzoni); fare strazio di qualche cosa, sciuparla, sprecarla: fare s. del proprio denaro, dei beni di famiglia. b. Con sign. affine, in relazione a cattive interpretazioni, esecuzioni e sim., o al cattivo uso di qualche cosa: fare s. di un autore, di un brano musicale, di un dramma, eseguirli, recitarli o interpretarli malamente; fare s. di una lingua, parlarla o scriverla molto male. c. ant. Scherno, dileggio: Peggio è lo s., al mio parer, che ’l danno (Petrarca); non voliate fare strazio della vedova, che voi la facciate tuttodì venire alla corte, facendola comparire a otta che non bisogna [cioè: «invitarla a presentarsi in tribunale in ora sconveniente»] (s. Bernardino).