stame
s. m. [lat. stamen -mĭnis, con le accezioni del n. 1; il sign. botanico ne deriva per la forma di filamento dello stame]. – 1. a. Nell’industria tessile, la parte più lunga della fibra di lana, impiegata per tessuti di particolare qualità per la sua maggiore filabilità e finezza. b. Nell’industria tessile, sinon. di ordito. c. Più genericam., filo, soprattutto in quanto viene filato: avea costui una sua moglie, la quale ogni notte di verno si levava in sul mattutino a vegliare e filare lo s. a filatoio (Sacchetti). In partic., lo s. della vita, quello a cui è legato il destino di ogni uomo, e che le Parche filano e recidono: Per che turbarmi l’anima, O d’oro e d’onor brame, Se del mio viver Atropo Presso è a troncar lo stame? (Parini); In che peccai bambina ... onde poi scemo Di giovanezza, e disfiorato, al fuso Dell’indomita Parca si volvesse Il ferrigno mio stame? (Leopardi); raro con altri usi fig.: ... Né i mille fulmini Su te stridenti Troncâro ai liberi Tuoi dì lo stame (Fusinato), il filo della libertà, quindi la libertà stessa, di Venezia. 2. In botanica, ognuno degli elementi che nei fiori delle angiosperme costituisce l’androceo ed è omologo al microsporofillo delle pteridofite eterosporee; è tipicamente costituito da una parte sterile, il filamento, che porta all’apice la parte fertile più o meno ingrossata, detta antera: questa è costituita da due teche, congiunte nel senso della lunghezza per mezzo del connettivo, ognuna delle quali contiene due sacchi pollinici o microsporangi (raramente uno solo, come nelle malvacee), nei quali si formano i granuli di polline; in certi casi il filamento può mancare e le antere sono quindi sessili.