spiritualismo
s. m. [der. di spirituale]. – 1. Termine introdotto dal filosofo Victor Cousin (1792-1867) per caratterizzare e definire la propria dottrina e successivamente usato per designare una corrente filosofica che, sviluppatasi in Francia e in Italia a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, in opposizione al materialismo e allo scientismo positivistico, afferma la priorità dello spirito sulla materia, giungendo, in alcuni autori, a risolvere l’intera realtà nello spirito. Al di là delle particolari formulazioni che di tale dottrina hanno dato i suoi diversi esponenti, tra i quali spiccano le figure di F.-P. G. Maine de Biran (1766-1824), A. Rosmini (1797-1855) e H. Bergson (1859-1941), lo spiritualismo può essere ricondotto ad alcune caratteristiche fondamentali: la contrapposizione tra mondo dello spirito, come sfera dei valori, governata dal finalismo e dalla libertà, e mondo naturale, dominato dalla necessità e dal determinismo; la svalutazione del metodo tipico delle scienze naturali e della conoscenza scientifica, cui viene contrapposta la speculazione filosofica intesa come analisi della coscienza e, quindi, indagine introspettiva; la difesa della teologia cristiana tradizionale e la connessa affermazione della trascendenza di Dio, contro le tendenze immanentistiche dell’idealismo neo-hegeliano. Il termine è stato talvolta esteso a indicare, genericam., ogni dottrina che affermi, in vario modo, il primato e l’autonomia dello spirito rispetto alla realtà materiale: lo s. di Platone, dei neoplatonici; lo s. cartesiano. 2. Concezione e prassi di vita caratterizzata dall’esaltazione dei valori e degli interessi spirituali (religiosi, morali, affettivi, ecc.) rispetto a quelli materiali e pratici, e anche razionali: la crisi dello s. medievale; lo s. romantico; uno s. eccessivo, avulso dalla realtà; uno s. sincero oppure ostentato, esteriore.