slogare
v. tr. [der. del lat. locus «luogo», col pref. s- (nel sign. 3)] (io slògo, tu slòghi, ecc.). – Propriam., spostare dal suo luogo proprio, ma com. solo con riferimento alle ossa del corpo, produrre, provocare una slogatura: mi torse la mano così forte che quasi mi slogava il polso; e con la particella pron. in due diverse funzioni, riportare una slogatura: nella caduta si è slogato una spalla, oppure gli si è slogata una spalla. ◆ Part. pass. slogato, anche come agg.: avere un braccio slogato, una caviglia slogata; con uso iperb., riferito a persone capaci di movimenti articolatorî più ampî e liberi del normale: un ginnasta, un contorsionista, un saltimbanco tutto slogato, o con tutte le articolazioni slogate. Nella lingua ant., si trova usato talora con il sign. proprio di «spostato, messo fuori luogo», con riferimento generico ad altri oggetti, anche astratti: vi si schiariscono, compongono ed allogano ne’ loro propj luoghi i rottami dell’antichità, che innanzi giacevano sparuti, sparti e slogati (Vico); sono rarissime le attestazioni di uso del verbo, con questo più generico sign., in altre sue forme.