scalzare
v. tr. [lat. excalceare, der. di calceus «scarpa», col pref. ex-]. – 1. Togliere calze e scarpe dai piedi di qualcuno. Come rifl., togliersi le scarpe e le calze, rimanere a piedi nudi: Ada s’era scalzata e camminava sulla battima (Cassola); nell’uso ant., con sign. partic., entrare nell’ordine francescano (in quanto la regola di quest’ordine prescrive di tenere i piedi nudi nei sandali): Tanto che ’l venerabile Bernardo Si scalzò prima, e dietro a tanta pace Corse (Dante). 2. a. In agraria, levare la terra intorno al pedale o alle radici di una pianta: s. gli olivi, le viti. b. Togliere la terra o il materiale che serve d’appoggio a un muro, a un edificio, a un masso, per abbatterlo o rimuoverlo. c. Per estens., s. un dente, un’unghia, metterne a nudo la radice, tagliando o comprimendo e abbassando i tessuti che la rivestono. d. fig. Indebolire, compromettere con accuse, calunnie o insinuazioni la posizione morale di una persona: s. l’autorità, il prestigio di qualcuno; tenta di s. il collega dalla considerazione di cui gode presso il direttore. Meno com., fare in modo, con manovre più o meno subdole, che una persona venga allontanata dal posto o dalla carica che occupa, con l’intenzione di prenderne il posto: vogliono scalzarmi dalla mia funzione di ispettore, ma non ci riusciranno; approfitteranno del congresso per s. il segretario del partito. 3. fig., ant. Interrogare con insistenza, indurre, con domande indirette o insidiose, una persona a dire qualcosa che vorrebbe tenere nascosto: quella volle negare, ma tanto la scalzò ch’ella disse (Novellino); voi dicevi così per tentarmi e, come si dice dal volgo, per iscalzarmi (Galilei).