saraceno
saracèno (ant. o pop. saracino) agg. e s. m. [dal lat. Saracenus, gr. Σαρακηνός]. – 1. s. m. (f. -a) Denominazione generica degli Arabi nel medioevo cristiano, originariamente forse nome di una popolazione stanziata sulle coste del golfo di ‘Aqaba nella parte meridionale della penisola del Sinai, estesosi poi negli scrittori della tarda antichità e del medioevo a designare l’intera stirpe degli Arabi nomadi e in genere i musulmani, spec. quelli stanziati sulle coste del Mediterraneo centro-orientale, in Spagna e in Sicilia: Avendo guerra presso a Laterano, E non con Saracin né con Giudei (Dante); Ne li ripari entrò de’ Saracini Marfisa con Ruggiero a salvamento (Ariosto). 2. Come agg.: a. Appartenente o relativo ai Saraceni: in casa d’una bonissima donna saracina (Boccaccio); torre s.; l’esercito s., le navi s.; le conquiste, le incursioni saracene. b. Con accezioni partic.: punto s., altro nome del puncetto, specie di pizzo; grano s., v. grano, n. 2 b; olivo s., nome dato in Sicilia a una cultivar dell’olivo domestico, nota anche come olivo siracusano e con altre denominazioni, che cresce nella parte merid. dell’isola e la cui introduzione è popolarmente attribuita ai Saraceni: immaginare un profondo bosco d’olivi saraceni e poi distese di verdissimi vigneti (Pirandello); al carraio che risale Il colle nitido di luna, lento Tra il murmure d’ulivi saraceni (Quasimodo). 3. s. m. In numismatica, nome con cui fu chiamato il dinar arabo, moneta molto diffusa nel medioevo nei paesi cristiani.