pure
avv. e cong. [lat. pūre «puramente», avv. di purus «puro»]. – Ha oggi fondamentalmente funzione di particella aggiuntiva o di cong. avversativa concessiva. Anticam. aveva anche valore avverbiale, e, contrariamente all’uso odierno, poteva esser collocato anche tra il pron. pers. atono e il verbo (per es.: i’ ti pur prego, Petrarca; Ora si pure avvedrà, Boccaccio; ecc.). 1. Come avverbio: a. ant. Semplicemente, solamente, anche soltanto: Disperato dolor che ’l cor mi preme Già pur pensando, pria ch’io ne favelli (Dante); tutti i panni gli furono indosso stracciati, tenendosi beato chi p. un poco di quegli potesse avere (Boccaccio); e in prop. negativa: non li fu onore Ferir me de saetta in quello stato, A voi armata non mostrar pur l’arco (Petrarca, riferendosi ad Amore), dove non pur equivale all’odierno neppure. Qualche traccia di questo sign. originario è rimasta nel linguaggio letter., spec. nella locuz. correlativa non pure ... ma (anche) ..., non solo ... ma (anche) ...: non p. lo studio e la carità, ma il nome stesso delle nazioni e delle patrie sarà spento per ogni dove (Leopardi); e nell’uso comune, nelle cong. purché (v.), pur di (v. oltre, al n. 4). b. ant. Con valore temporale, per indicare il persistere in un’azione: Però pur va, e in andando ascolta (Dante); Ivi tutto ripien di maraviglia Pur della ninfa mira la figura (Poliziano). c. letter. Con valore asseverativo (equivalente a proprio, davvero, veramente), per sottolineare un’affermazione: è pur vero quello che mi dici; È pur dolce in su i begli anni De la calda età novella Lo sposar vaga donzella (Parini); mi fa pur ridere quel caro signor cardinale, a voler cozzare con un conte duca, con un Olivares (Manzoni); o una singola circostanza: il vidi pur ieri costì (Boccaccio), proprio ieri, non prima di ieri, per l’appunto ieri; Non hai tra l’erbe del sepolcro udita Pur ora una gentil voce di pianto? (Carducci); con quest’ultimo sign., anche nella locuz. pur dianzi (v. purdianzi). 2. Con la stessa funzione e sign. di anche: a. Come particella aggiuntiva è meno com. di anche, eccetto in alcuni casi nei quali viene usato di preferenza o in concorrenza con esso; così, ad es., per insistere sull’analogia tra due o più termini, d’una prop. o d’un periodo: ho comprato un cappotto di lana e un vestito p. di lana; lui è veneto e sua moglie p.; in biblioteca è proibito fumare, come p. parlare a voce alta; oggi ha fatto un gran caldo, e così p. ieri. b. Come cong. introduttiva di proposizioni concessive implicite (e in questo caso è assai frequente la forma tronca pur): pur lavorando, ascolto ciò che dite, anche lavorando, anche se sto lavorando ...; dovetti ridere, pur non avendone voglia; pur senza eccellere, te la sei cavata abbastanza bene; pur con tutta la buona volontà, non ci siamo riusciti; o come elemento che fa parte di cong. concessive ipotetiche: ammesso p. che vi riceva, non credo che potrete ottenere qualcosa da lui; se pure mi dessero un milione di euro, non lo farei (v. anche seppure); lotterò fino all’ultimo, quando p. dovessi esser vinto. Posposto al congiuntivo d’un verbo, senza altro elemento di congiunzione: non lo faccio, me lo chiedesse p. mio padre, neanche se me lo chiedesse mio padre; mi portasse p. in capo al mondo, io lo seguirò. Particolare rilievo ha in unione al verbo essere, potendo assumere in tal caso, oltre il valore d’una cong. concessiva ipotetica (fosse p. il direttore in persona, gli risponderei nello stesso modo), quello d’una cong. semplicemente concessiva: sia p. un delinquente, è sempre suo figlio. Di qui trae origine la locuz. congiuntiva sia pure di analogo valore concessivo, sempre unita ad aggettivi o avverbî: ho bisogno d’uno stipendio, sia pure (o sia pur) misero, anche se è (o dovesse essere) misero; sia p. a malincuore, ho dovuto rinunciare. 3. Come cong. coordinativa con valore avversativo concessivo: a. Con lo stesso uso di tuttavia e nondimeno (ai quali si trova spesso unito come rafforzativo): lo so che è difficile, p. bisogna trovare un rimedio; e con riferimento più generico al fatto o al discorso cui ci si oppone: te l’avevo pur detto di stare attento, eppure te l’avevo detto ...; si deve pur campare; bisognerà p. che ti decida; devi pur convenire che ...; lo sai p. che domani sono impegnato tutto il giorno. In correlazione con una cong. concessiva subordinata: benché sia piccolo di statura, p. è robusto. b. In frasi esprimenti una concessione spesso forzata o rassegnata o fatta solo in via d’ipotesi (malgrado cioè che le ragioni dell’opposizione sussistano ancora): ammettiamo p. che sia intelligente, ma non si sa esprimere; andiamo p., ma ricordati che alle otto dobbiamo essere a casa; vuoi così, e sia p.; deridimi p., non mi scoraggerò per questo. Sempre con valore concessivo: sia pure!; e sia pure!, formule con cui ci si arrende alle insistenze altrui o davanti a forza maggiore. In unione a un imperativo o a un congiuntivo esortativo, serve anche a esprimere una concessione fatta nel modo più ampio e senza alcuna limitazione: faccia p. con comodo; dite p. che la colpa è stata mia; comandi p.; salga p.; si accomodi pure; e talora un incoraggiamento (ma fatto con tono un po’ distante): continua p.!; mi dica p. tutto; parli p., senza riguardi! 4. La locuz. congiuntiva pur di (purché si avveri il fatto o il desiderio, purché si raggiunga il fine di ...) introduce proposizioni di valore insieme condizionale e finale: pur di farla finita, farei qualunque cosa; pur di avere quel tappeto, pagherei qualunque prezzo. ◆ Per le forme né pure, o pure, pur che, pur che sia, pur troppo, v. le forme con scrittura unita (neppure, oppure, ecc.), che sono le più comuni.