pulpito
pùlpito s. m. [dal lat. pulpĭtum, di origine incerta]. – 1. a. Nell’antico teatro romano, il palcoscenico posto dinanzi alla scena, alto in genere 5 piedi. b. Nell’antica Roma, ogni piattaforma elevata sulla quale si saliva per farsi vedere e udire (per es., il luogo nel quale sedeva il magistrato quando rendeva giustizia o presiedeva una cerimonia). 2. Nelle chiese cristiane medievali e moderne, elemento architettonico destinato (fino a tempi molto recenti) alla predicazione, simile all’ambone ma di minori dimensioni, costituito da una specie di balcone in muratura o in legno, addossato a una parete o isolato nell’interno della chiesa e sostenuto da colonne o da un piedistallo centrale; spesso riccamente lavorato nel parapetto, dal quale sporge di regola un leggio per i libri rituali, e talvolta sovrastato, spec. negli esemplari antichi, da una tettoia: un p. di legno, di pietra, di marmo; un p. artisticamente scolpito; il p. di Nicola Pisano nel Duomo di Siena; predicare dal pulpito. È com. in espressioni fig.: montare, salire in p. o sul p., assumere un tono predicatorio, paternalistico, moralistico; senti un po’ da che p. viene la predica!, a proposito di persone che parlano per correggere gli altri da difetti dai quali dovrebbero correggersi loro per prime. 3. Nel linguaggio tecnico, p. di comando (o di controllo), parte di un apparato o di un impianto nella quale sono accentrati gli organi di comando o di controllo dell’apparato stesso, generalmente disposta in posizione sopraelevata rispetto alle altre parti in modo che da essa riesca possibile seguire l’andamento delle operazioni in corso di svolgimento. 4. Nella nautica da diporto, parte della ringhiera (battagliola) o del parapetto posta all’estrema prua e, talvolta, all’estrema poppa di una imbarcazione. 5. Nella terminologia alpinistica, terrazzino sospeso nel vuoto lungo una parete rocciosa. TAV.