privazione
privazióne s. f. [dal lat. privatio -onis, der. di privare «privare»]. – 1. a. L’atto, il fatto di privare e di esser privato: p. dei diritti civili, politici, della libertà personale; p. della vista, dell’udito; la perdita del figlio ha costituito per lei una dolorosa privazione. b. Mancanza di qualcosa che sarebbe necessaria, utile, gradita: la natura dell’uomo è di maggiormente sentire la p. delle cose che non il godimento di esse (Alfieri). c. Con sign. più concr., e per lo più al plur., situazione di disagio, di sacrificio, di patimento che consegue all’esser costretto a fare a meno, per volontà propria o per situazioni contingenti, di cose necessarie al normale benessere: fare, soffrire, sopportare molte p.; il medico gli ha imposto delle p. nel vitto; condurre una vita di privazioni e di stenti; soltanto a forza di privazioni sono riusciti a mettere insieme i soldi per comprarsi una casetta; ammutoliamo tra i pensieri di quello che è stata, in privazioni, in stenti, la nostra vita (Vittorini); in partic., mancanza di nutrimento, di cibo: le p. sofferte nel campo di concentramento l’avevano ridotto a uno scheletro. d. Nella grammatica scolastica (e spec. nell’insegnamento del latino), complemento di privazione, quello dipendente da aggettivi o sostantivi o verbi che denotano mancanza, privazione, sottrazione di qualche cosa; si associa abitualmente al compl. di abbondanza, di significato opposto. 2. In filosofia, traduzione medievale del termine aristotelico steresi (gr. στέρησις), da Aristotele contrapposto alla ἕξις («possesso»), come elementi di una delle possibili forme dell’opposizione; secondo tale teoria, si ha «possesso» quando a una sostanza inerisce effettivamente un dato attributo, una certa perfezione, che con essa è compatibile o che essa è particolarmente chiamata ad avere; si ha invece «privazione», quando un attributo o una perfezione di tal genere non è da essa posseduto (per es. l’assenza, in una persona, della vista, che è un bene o perfezione pertinente all’essere umano).