positivismo
poṡitivismo s. m. [dal fr. positivisme, der. di positif «positivo»]. – 1. Complesso orientamento filosofico, sorto in Francia nella prima metà del 19° secolo e poi diffusosi in tutta Europa assumendo caratteristiche diverse in base alle differenti tradizioni di pensiero operanti nei varî contesti nazionali; è caratterizzato, in generale, dal rifiuto della speculazione «metafisica», attribuendo la funzione di fornire i contenuti e i metodi della conoscenza alle scienze empiriche, riservando alla filosofia il compito di raccogliere, sistematizzare e generalizzare le leggi naturali scoperte dalle scienze («positive», in contrapp. alla metafisica e alla teologia) sulla base dell’esame obiettivo dei fatti empirici; ne discende quindi un atteggiamento empiristico e scientistico che si traduce in una visione ottimistica della storia umana, destinata a un costante progresso civile e sociale (tale atteggiamento si estese anche alle arti, soprattutto in letteratura, con una visione favorevole alla moderna realtà industriale e urbana e con il riconoscimento dell’influenza dei fattori sociali, biologici e ambientali sul comportamento individuale, in contrapp. ai caratteri irrazionalistici, individualistici e reazionarî del romanticismo): il p. francese, inglese; il p. di A. Comte, di J. Stuart Mill; il p. evoluzionistico di H. Spencer; R. Ardigò fu il più illustre rappresentante del p. in Italia; p. storiografico, pedagogico, letterario; la crisi del positivismo. 2. P. logico: movimento filosofico del sec. 20° (detto anche empirismo logico o neopositivismo), che fa oggetto della propria analisi esclusivamente il linguaggio delle scienze naturali e formali, rifiutando qualsiasi metafisica e concependo anche l’etica e l’estetica come contesti di proposizioni prive di significato, in cui vengono espresse solo emozioni private e irrazionali; rispetto al positivismo ottocentesco, sottolinea il carattere ipotetico e correggibile degli asserti scientifici, proclama la validità delle scienze formali e deduttive (matematica e logica), e tende alla unificazione dei linguaggi scientifici sulla base del linguaggio della fisica (fisicalismo). 3. P. giuridico: teoria del diritto ottocentesca (ma di radice hobbesiana), e comunque priva di specifici rapporti con il positivismo filosofico e con il positivismo logico, che, in opposizione al giusnaturalismo, rescinde ogni rapporto di principio del diritto con la morale, identificandolo piuttosto con le norme poste dalla volontà politica del legislatore, e comunque effettivamente vigenti nella comunità sociale. 4. Spirito pratico, spirito positivo, cioè il carattere e l’atteggiamento di persona che bada al reale, al concreto, ai fatti, che giudica e misura il valore delle cose dai vantaggi materiali che esse possono portare, senza preoccupazioni di carattere ideale o sentimentale.