occaso
occaṡo s. m. [dal lat. occasus -us, der. di occĭdĕre «cadere, tramontare», supino occasum], letter. – 1. Tramonto: il sole volge all’o.; anche, l’ora, il tempo in cui il sole tramonta: dall’orto all’o., dall’alba al tramonto; questo o. è pien di voli (Carducci); o il luogo dove tramonta il sole, cioè l’occidente: la casa è volta all’o.; Ad un o. quasi e ad un orto Buggea siede e la terra ond’io fui (Dante), Bugia e Marsiglia (patria di Folco) hanno lo stesso oriente e occidente, sono cioè posti all’incirca sullo stesso meridiano. 2. fig. Fine, declino: bellezza giunta al suo o.; in partic., fine della vita, morte: Ma pur gli è tanto spirto anco rimaso Che de’ suoi falli al Re del paradiso Può domandar perdono anzi l’o. (Ariosto); io vivo, Dopo il tuo o., in tenebre e in martìri (Bembo); Muoiono gli altri dèi: di Grecia i numi Non sanno occaso (Carducci), non conoscono la morte, non muoiono. 3. Come agg., in astronomia, amplitudine occasa (o occidua) di un astro, l’ampiezza dell’arco d’orizzonte fra il punto ovest e il punto in cui l’astro tramonta.