neoplatonismo
s. m. [comp. di neo- e platonismo]. – Movimento di pensiero che, estendendosi all’incirca dalla metà del sec. 2° d. C. fino alla metà del 6° (e in Alessandria anche alla metà del 7°), è caratterizzato dalla tendenza a rinnovare motivi risalenti a Platone e alla sua scuola, ma con suggestioni della varia speculazione dell’età ellenistica e prevalente attenzione a tematiche religiose. Pur nella diversa articolazione, temi ricorrenti del neoplatonismo sono: una dottrina dell’Uno come principio assoluto, identificato con il Bene, ma al di là dell’essere e delle sue determinazioni concettuali, la teoria dell’emanazione del molteplice dal primo principio (l’Uno, il Bene) attraverso intermediarî, una visione vitalistica e organicistica della realtà, una teoria della conoscenza legata alla dottrina platonica delle idee e dell’illuminazione, e più in generale una filosofia concepita come liberazione dell’anima e gnosi, con forte accentuazione degli interessi etici e religiosi (nell’ultimo neoplatonismo anche magici e teurgici). Ne sono maggiori esponenti Plotino, Porfirio, Giamblico, Proclo. Per estens., qualsiasi movimento filosofico o culturale che si ispiri al platonismo: il n. rinascimentale.