neolingua
(neo-lingua), s. f. Linguaggio connotato da elementi di novità. ◆ Il primo deve essere stato il massmediologo Aldo Grasso. Quando dirigeva la radio assegnò la hit parade a Piero Chiambretti, che si inventava ogni settimana una classifica immaginaria. Grasso spiegò: «Preferisco far taroccare la hit parade da Chiambretti che dalle case discografiche». Il verbo si diffuse. Taroccate le storie dei «reality show», spesso taroccati i televoti, taroccata la notizia inventata dalle agenzie di pr. Taroccato il linguaggio degli eufemismi, quella neolingua orwelliana dove guerra diventa «uso della forza» e Dio protegge le guerre di potere fra gli uomini. (Stefano Bartezzaghi, Repubblica, 3 aprile 2003, Milano, p. I) • nell’intervento di [Italo] Calvino sui criminali del Circeo [Pier Paolo] Pasolini scorge l’esatto contrario della propria rappresentazione del «nuovo» fascismo, quello del «genocidio» culturale dell’elemento genuinamente popolare e della «neolingua» imposta dall’acculturazione violenta della televisione, che rende drasticamente obsoleto il «fascismo» vecchio stile anatemizzato alla Calvino. (Pierluigi Battista, Corriere della sera, 3 maggio 2005, p. 1, Prima pagina) • Il fuoco è tornato. Violento e purificatore. Illumina la processione nottambula dei rancori e dei pregiudizi. Incenerisce la retorica degli «italiani, brava gente». Divampa nella neo-lingua italiana, ormai libera da ogni forma di sorveglianza e di auto-controllo, visto che il nuovo lessico del trash televisivo unifica la nazione e le classi sociali. (Nichi Vendola, Liberazione, 17 maggio 2008, p. 1, Prima pagina).
Composto dal confisso neo- aggiunto al s. f. lingua.
Già attestato nella Repubblica del 15 febbraio 1986, p. 25, Radio e Televisione (Beniamino Placido).