ma1
ma1 cong. [lat. magis «più»; v. mai] (radd. sint.). – 1. Congiunzione coordinativa avversativa, esprimente spesso esplicita contrapposizione al termine che precede, il quale è per lo più espresso negativamente: Non fronda verde, ma di color fosco; Non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; Non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco (Dante); non per crudeltà della donna amata, ma per soverchio fuoco nella mente concetto (Boccaccio); non fiori ma opere di bene; lo pensavo amico, ma ho dovuto ricredermi; è cosa incredibile, ma vera. Talvolta sta in luogo della semplice cong. e, per introdurre una conseguenza diversa da quella che potrebbe più ovviamente supporsi: ho bussato, ma nessuno mi ha risposto; sono anni che glielo ripeto, ma non mi dà ascolto. Altre volte serve a precisare, a distinguere, togliendo o aggiungendo qualche cosa al già detto: ci restano alcune opere, ma frammentarie; è un’osservazione ovvia, ma forse non inutile; ne prenderò, ma solo un poco; non solo gli offrì il conforto della sua amicizia, ma fu generoso di aiuti; come equivalente di un anzi correttivo o rafforzativo: non probabile, ma certo, direi; non è bella, ma bellissima. Ciò che si vuol negare o correggere può essere sottinteso: un caffè, ma bollente davvero (e non per modo di dire); corri di là, ma di volata! È spesso rafforzata da avverbî avversativi: ma nondimeno, ma tuttavia, ma pure, ma però; quest’ultima espressione, tradizionalmente considerata scorretta, è frequentissima nell’uso parlato, come equivalente del semplice ma; non ne mancano tuttavia anche esempî letterarî: Ma però di levarsi era neente (Dante); cose da levarsi l’allegria per tutta la vita; ma però, a parlarne tra amici è un sollievo (Manzoni). 2. a. In principio di periodo, si usa per indicare passaggio ad altro argomento, o per sollecitare il ritorno all’argomento che interessa: Ma torniamo al nostro assunto ...; Ma chi del canto mio piglia diletto, Un’altra volta ad ascoltarlo aspetto (Ariosto); «Ma, a lavarsi ha provato?» «Nossignore» (Fucini); Ma ecco ..., per iniziare il racconto di un fatto nuovo, inaspettato. Talvolta dà l’avvio a frasi concessive: Ma ammettiamo pure che tu abbia ragione: resta sempre a vedere se ... Nella seconda proposizione di un sillogismo o in dimostrazioni matematiche, serve a indicare un trapasso logico: A è uguale a B; ma B è per ipotesi uguale a C, dunque ... b. Nell’uso fam., introduce proposizioni esclamative esprimenti opposizione, contrarietà: Ma che ragioni sono queste!; Ma che mi vai raccontando!; Ma che difficoltà o impedimenti! è la voglia che ti manca (il solo ma che!, con valore di forte negazione, si scrive per lo più in una parola: v. macché). Talvolta, sempre nell’uso fam., serve a introdurre un’obiezione: Ma se mi avevi detto tu stesso ch’eri d’accordo!; oppure una frase che suona rimprovero, ammonimento, comando: Ma Giovanni, che dici?; Ma insomma!; Ma via!; Ma smettila una buona volta! Con funzione rafforzativa di aggettivi, avverbî, predicati, ha ora valore affermativo (Ma certo!; Ma è chiaro!); ora ironico (Ma bene!; Ma bravo!; Ma quanto sei carino!); ora esprime ammirazione o meraviglia (Ma che bel bambino!; Ma non è ancora contento?). 3. Adoperato come s. m., indica sinteticamente le obiezioni, le difficoltà, i dubbî che possono essere opposti o affacciati con un iniziale ma: a furia di ma e di se non combineremo nulla; rispondimi chiaramente, senza tanti ma e se; «Eh!» interruppe Renzo: «non c’è ma che tenga. So quel che volete dire; ma sentirete, sentirete, che de’ ma non ce n’è più ...» (Manzoni).