ingerire
v. tr. [dal lat. ingerĕre «portare dentro», comp. di in-1 e gerĕre «portare»] (io ingerisco, tu ingerisci, ecc.). – 1. a. ant. o letter. Portare dentro, immettere, o introdurre: desidero che V. S. ... m’ingerisca nella grazia di monsignor reverendissimo (Caro). Anche in senso fig.: i. un dubbio, un sospetto, insinuarlo nell’animo di qualcuno, farlo sorgere. b. Mandar giù nello stomaco, ingoiare (ha senso generico e obiettivo, non si usa quindi nei casi in cui potrebbe essere sostituito da mangiare o bere): sento una tale ripugnanza per il cibo che non mi riesce d’i. nulla; è stato sommerso da un’ondata e deve aver ingerito parecchia acqua; ha ingerito incidentalmente uno spillo; i. un veleno, una forte dose di sonnifero, e sim. 2. intr. pron. Intromettersi, per lo più indebitamente o in modo molesto, in faccende nelle quali non si è direttamente interessati: perché t’ingerisci nei fatti miei?; è meglio che non v’ingeriate nelle loro questioni; meno com. con la prep. di: vuol ingerirsi di tutto; talora usato assol.: se la sbrighino fra loro, io non mi voglio ingerire. ◆ Accanto al part. pass. ingerito, fu anche usato anticam. ingèsto (v.).