gentismo
s. m. Atteggiamento politico di calcolata condiscendenza verso interessi, desideri, richieste presuntivamente espressi dalla gente, considerata come un insieme vasto e, sotto il profilo sociologico, indistinto. ◆ Il 'populismo' sarebbe però diventato in realtà, e non solo in Italia, per usare un orrendo neologismo, 'gentismo', e cioè trionfo dell'indistinto, dell'omogeneo sempre mutevole, del 'senza radici'. Si sarebbe infatti affermato, secondo i sociologi, che già da tempo ragionano di "folla solitaria", il regno della moltitudine, frutto della globalizzazione (o mondializzazione) che fa implodere le masse, affossa le appartenenze, deterritorializza, produce sradicamento e spaesamento. (Bruno Bongiovanni, Treccani.it, Enciclopedia delle scienze sociali, 1996, s. v. Populismo) • Oggi si tratta di blandire la gente, di parassitarne gli umori, di imitarne le pulsioni. Il gentismo è la vera e trionfale novità introdotta da Berlusconi in politica, tal quale il Mike Bongiorno ritratto da Eco egli è in grado di far sentire intelligente e utile anche l'ultimo dei fresconi. Si chiamava demagogia, ora si chiama marketing. (Michele Serra, Repubblica, 8 maggio 2002, p. 14, Prima Pagina) • Il gentismo, malattia infantile del populismo, è tutto intorno a noi. Ormai ha colpito pure Matteo Renzi, fra il taglio alle poltrone ai politici in campagna elettorale per il referendum e il “lavoro di cittadinanza” di oggi. (David Allegranti, Foglio.it, 1° marzo 2017, Politica).
Derivato dal s. f. gente con l'aggiunta del suffisso -ismo.