e
〈é〉 cong. [lat. ĕt]. – 1. La più comune fra le congiunzioni; ha funzione semplicem. aggiuntiva, serve cioè a unire due parti del discorso che nella proposizione compiono il medesimo ufficio (io e tu; un foglio e una busta; bello e buono; mangiare e bere; svogliatamente e a malincuore, ecc.) o due proposizioni coordinate (chi va piano va sano e va lontano). Quando sono accostati più elementi coordinati, la e precede di solito soltanto l’ultimo termine (ieri, oggi, domani e sempre), ma non di rado si ripete più volte per maggiore efficacia, e si ha allora la figura grammaticale detta polisindeto; per es.: E mangia e bee e dorme e veste panni (Dante); e che tutti i parrochi d’intorno accorrevano, anche più da lontano; e che non bisognava stare indietro; e che questo, e che quest’altro; e imbarcarmi in un affare di questa sorte! (Manzoni). Seguita da parola con consonante scempia iniziale ne produce (per assimilazione della -t etimologica) il rafforzamento fonosintattico, espresso dall’ortografia nelle parole composte (es. eppure), altrimenti sottinteso (es. carta e penna 〈kàrta e ppénna〉). Davanti a vocale assume talvolta la forma eufonica ed, spec. davanti a un’altra e: ed egli, Mario ed Elena, ed ora. 2. Usi particolari: a. In correlazione con tra o fra: tra sé e sé; fra un albero e l’altro. b. In locuzioni con numerali, senza una vera e propria funzione congiuntiva: tutti e due, tutti e tre (anche tutt’e due, tutt’e tre), ecc.; e valore rafforzativo ha in locuzioni quali bell’e fatto, bell’e andato e sim. c. Anticam. ebbe pure sign. di «anche», come il lat. et. Può introdurre inoltre frasi antitetiche, col sign. di «ma, invece» (vogliono che io taccia, e io parlerò; ha promesso di venire e non s’è visto), di «eppure» (Vedi che non incresce a me, e ardo [Dante]; E tu degnasti assumere Questa creata argilla [Manzoni]); di «mentre» (tutti lavorano, e tu stai con le mani in mano). d. In altri casi esprime risoluzione, e corrisponde a «ebbene»: Vuoi venire con me? E vieni! e. Acquista una singolare efficacia in principio di periodo, in frasi contenenti un’interrogazione o un rimprovero: E tu dov’eri allora?; E tu questo lo chiami lavorare?; E sta’ zitto!; E che la cosa non si ripeta più! 3. In matematica la cong. e, conformemente al suo comune valore aggiuntivo, si usa nel senso di «più»: per es. 5 + 2 = 7 si legge brevemente 5 e 2, 7. ◆ Per e commerciale, v. et.