dialogo
dïàlogo s. m. [dal lat. dialŏgus, gr. διάλογος, der. di διαλέγομαι «conversare, discorrere»] (pl. -ghi). – 1. a. Discorso, colloquio fra due o più persone: prendere parte al d.; ebbero un d. animato; ho udito alcune battute del d. fra i due; fig., fare un d. con sé stesso, con i proprî pensieri. Per estens., nel linguaggio polit. e giornalistico, incontro tra forze politiche diverse, discussione più o meno concorde o che miri a un’intesa: il d. fra Oriente e Occidente; aprire un d. fra partiti contrapposti; in senso più ampio, discussione aperta, di persone disposte a ragionare con spirito democratico: mio padre non accetta il d.; tra noi manca il d., ognuno resta della sua opinione. b. La parte di uno scritto e, più spesso, di un’opera scenica, narrativa, o di un film, in cui sono introdotti a parlare due o più personaggi: il d. del primo atto è molto fiacco; fare uso frequente, o sobrio, del d. (in opere di genere narrativo). In partic.: d. drammatico o diretto, quello nel quale, evitando indicazioni narrative, si riportano direttamente le parole degli interlocutori i cui nomi sono scritti all’inizio di ogni battuta (come è appunto nei lavori teatrali); d. narrato, quello riferito da un’altra persona o dall’autore stesso con opportune parole introduttive. 2. Componimento o trattato in cui, invece della forma espositiva o narrativa, è usata la forma dialogica: i d. di Platone, di Giordano Bruno; il «D. sopra i due massimi sistemi del mondo», di Galilei. 3. In musica: a. Componimento per due o più voci accompagnate, tendenzialmente drammatico (talvolta eseguito sulle scene), su testo religioso o profano, in forme varie, coltivato specialmente nel sec. 17°. b. Componimento per due o più strumenti, in stile concertante, in forme varie, anch’esso coltivato spec. nel sec. 17°. ◆ Dim. dialoghino, dialoghétto; spreg. dialogùccio; accr. dialogóne; pegg. dialogàccio.