desiderare
(ant. disiderare) v. tr. [dal lat. desiderare, foggiato su considerare; propr. «sentir la mancanza di»] (io desìdero, ecc.). – 1. Provare desiderio di qualche cosa; volere fortemente quanto può appagare un nostro bisogno o piacere: d. una buona bistecca, un bicchiere di vino; desidero parlarti; desidero restare solo (in questa, e in altre frasi, può essere anche espressione attenuata di una volontà, di un ordine, che diventa più decisa con la prep. di: desidero di restare solo, desidero di non essere disturbato); desiderava ardentemente di rivedere la famiglia; desiderava che nevicasse; d. un figlio; fig., d. una donna (un uomo), sentire attrazione fisica per lei (o per lui); non d. la roba d’altri, fig., non d. la donna d’altri, 9° e 10° comandamento; farsi d., farsi vedere raramente, tardare a un convegno e sim.: quanto ti fai desiderare! Con accezione e usi partic., lasciare a d., essere imperfetto, mal fatto, non corrispondere alle esigenze, all’attesa e sim.: la commedia lasciava molto a d.; il tuo scritto lascia parecchio a d. per la forma; quanto a puntualità, lascia molto a d.; non lasciar nulla a d., essere perfetto, corrispondere pienamente alle esigenze: è un servizio che non lascia nulla a desiderare. 2. Aver bisogno, avvertire la mancanza: desidero da tempo un po’ di pace, un po’ di tranquillità; non ha più nulla da d., non gli manca nulla, ha tutto ciò che gli occorre. Riferito talora a cose inanimate: la terra è arida e desidera la pioggia. Anche (soprattutto in frasi di tono sostenuto o del linguaggio burocr.) ricercare, volere, chiedere: chi mi desidera?; sei desiderato al telefono; desideriamo vostre notizie; si desiderano ulteriori chiarimenti in proposito; e con uso assol.: desidera?, formula di cortesia usata nel rivolgersi a chi sta per chiedere qualcosa o si presenta in un luogo (negozio, ufficio, e sim.). ◆ Part. pass. desiderato, anche come agg. e s. m. (v. la voce).