decoro2
decòro2 s. m. [dal lat. decorum, uso sostantivato dell’agg. decorus: v. la voce prec.]. – 1. a. Dignità che nell’aspetto, nei modi, nell’agire, è conveniente alla condizione sociale di una persona o di una categoria: vivere, comportarsi con d.; era vestito con d.; lo esige il d.; non lo consente il d.; il d. della magistratura. Si dice anche, per estens., d’altre cose, col sign. più generico di dignità, sostenutezza, decenza e sim.: il d. della lingua, dello stile, dell’arte. b. Il sentimento della propria dignità, la coscienza di ciò che si addice e che è dovuto al proprio grado, alla propria funzione o condizione: non avere d.; persona senza d., priva di d.; trattamento economico che offende il d. dei funzionarî. Nel codice di diritto canonico è detto d. clericale l’ideale di maggior santità interiore e il carattere di esemplare comportamento esteriore, che, in forza della loro alta professione, i chierici devono realizzare nei confronti dei semplici laici. 2. Decorazione scenica, scenario (in questo sign. ricalca il fr. décor). 3. fig. Ornamento, onore, lustro, riferito a persona: essere il d. della famiglia, della città, della patria; il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo, Decoro e mente al bello italo regno (Foscolo). 4. letter. ant. Armoniosa proporzione richiesta nelle opere d’arte tra le parti e il tutto, tra la forma e il contenuto (o anche, nelle opere d’architettura, rispondenza della costruzione allo scopo cui è destinata), in conformità dei canoni estetici rinascimentali e classicisti: si debbe osservare il d., cioè che li movimenti sieno annunziatori dei moto de l’animo (Leonardo); gli antichi nell’edificare i tempi si ingegnarono di servare il d., nel quale consiste una bellissima parte dell’architettura (Palladio volgarizzato).