Creative Commons
loc. s.le f. pl. Diritti dell’ingegno in godimento collettivo. ◆ c’è chi ha escogitato una soluzione geniale per togliere le castagne dal fuoco sia ai creativi generosi che ai potenziali fruitori dei materiali. Il progetto, denominato Creative Commons, è nato nel 2001 su iniziativa di un gruppo di professori di Stanford, docenti di diritto ed esperti in cyberlaw, e di alcuni esperti in computer science, ma è diventato operativo solo da qualche giorno, grazie al lancio dell’omonimo sito. (Carlo Formenti, Corriere della sera, 27 maggio 2002, p. 22, Economia) • c’è già un sistema globale di copyright più semplice, che elimina gli intermediari e mette in contatto l’utente con l’autore/creatore: si chiama Creative Commons, punta alla collaborazione, al permesso d’uso. Al «valore delle idee». (Anna Masera, Stampa, 24 novembre 2003, p. 20) • Domenica prossima compiranno cinque anni. Ere geologiche per la società dell’informazione. Eppure anni importanti se il progetto in questione sono le Creative Commons (CC) che hanno cambiato sensibilmente il modo di discutere e praticare il diritto d’autore. La prima versione delle licenze, infatti, è stata resa pubblica il 16 dicembre 2002 dall’omonima associazione nata nel Massachusetts. L’idea era semplice quanto geniale: creare un spazio tra il classico copyright, quello del «tutti i diritti riservati», e il pubblico dominio, dove l’opera è a disposizione di tutti. Uno spazio alternativo nel quale autori e fruitori possono scegliere tra un ampia gamma di diritti: copiare, distribuire, creare opere derivate, per fini commerciali o meno. (Manifesto, 13 dicembre 2007, p. 13, Chips e Salsa).
Espressione ingl. composta dall’agg. creative (‘creativo’) e dal s. pl. commons (‘comunanze, diritti in godimento collettivo’).