cominciare. Finestra di approfondimento
Dare inizio - C., incominciare e iniziare sono i verbi più generici per esprimere il concetto di «dare principio a qualcosa». Più lett. (talora anche region.) è principiare: quando aveva principiato a parlare era stato interrotto senz’alcun riguardo (I. Svevo). Avviare è d’uso più circoscritto (e solo raramente regge l’infinito, invece frequente con c., incominciare e iniziare), adatto per lo più per attività: egli ha avviato un commercio di diamanti con Bahia (I. Nievo). Analogo ad avviare, ma più fam., è dare il via (a): è il momento di dare il via ai nuovi progetti dell’azienda. Dare la stura, invece, ha accezione per lo più negativa, per indicare l’inizio di lunghi discorsi o invettive e sim.: quando dà la stura al proprio risentimento non la smette più.
Usi particolari - Se si inizia un’attività, un discorso e sim., si può usare aprire: apriamo le danze; ha aperto il congresso riportando i soliti saluti delle autorità. Inaugurare sottolinea l’inizio di un’attività e, di solito, i relativi festeggiamenti: vennero chiamati i Filarmonici di Vienna, per inaugurare il nuovo teatro. Intraprendere è riferito a imprese per lo più di un certo impegno e che possono avere sviluppo: ha intrapreso una brillante carriera; il Governo prometteva d’intraprendere una quantità d’opere pubbliche (F. De Roberto). Per l’uso fam. di attaccare come «cominciare» si rimanda alla scheda attaccare.
Come verbo intr., c. può riferirsi sia a persone sia a cose. Per persone che per la prima volta si cimentano in determinate attività (soprattutto artistiche) il verbo più appropriato è debuttare: debuttò nella parte di Musetta nella Bohème. Meno specifico, ma comunque formale, è esordire, riferito sia a persone sia a eventi: il bello si è che la mia avventura matrimoniale esordì con la conoscenza del mio futuro suocero (I. Svevo); Michele esordì con lunghe scuse per non essere venuto al mio matrimonio. In riferimento alle cose, oltre a c., incominciare, iniziare e principiare, si può usare avere inizio, aprirsi, più raram. esordire: lo spettacolo ebbe inizio alle 9; il film si apre con un lungo piano sequenza.
Contrari - Il contr. più com. di c., in tutti gli usi, è finire, sia trans. sia intr.: non ha ancora finito la carne; il mio turno finisce alle 6. Più formale è terminare e, ancora di più, cessare: con la messe finalmente cessò la carestia (A. Manzoni); cessate il fuoco! Soltanto come trans. si possono usare anche completare (nel senso di «portare al massimo grado») e concludere (nel senso di «portare a conclusione»): per completare la sua felicità, Rubini non desiderava che di fare la pace col suo vecchio amico (I. Svevo); conclusi la mia giornata con un’ultima infantile idea ottimistica (I. Svevo). Come intr. è com., sebbene formale, concludersi: la stagione balenare si è conclusa con ottimi guadagni da parte degli albergatori. Chiudere è adatto come contr. di aprire, soprattutto come intr. pron.: l’incontro si è chiuso con importanti decisioni. Se si lascia qualcosa a metà, si dirà interrompere: interrompo subito ogni atto che tenda a divenire in me un’abitudine (L. Pirandello). Talora è appropriato anche smettere, che, pur indicando anch’esso l’interruzione di un processo non concluso in tutte le sue parti, esprime di solito un minor coinvolgimento del sogg., rispetto a interrompere, tanto da poter essere usato anche come impers. e spesso seguito da una prop. oggettiva più che da un compl. ogg. (sarebbero inesatto usare interrompere negli esempi che seguono): ha smesso di piovere; non smette mai di chiedermi soldi. Nell’uso fam., è com. anche la forma pronominale assol., per intimare la cessazione di cose spiacevoli: smettila di dare fastidio! Analoghi sono piantarla, finirla e farla finita: ti ho detto di piantarla! La fai finita sì o no?