coltura
s. f. [dal lat. cultura, der. di colĕre «coltivare»]. – 1. a. Coltivazione, intesa genericam. come complesso dei lavori campestri: la c. della terra, dei campi; o, più spesso, in modo determinato: la c. del riso, delle piante da frutto; c. artificiali, a scopo di studio; piante erbacee da grande c. (o da pieno campo), quelle (cereali, foraggi, ecc.) coltivate su grandi estensioni e con l’impiego di macchine e attrezzi; piante da piccola c., quelle (ortensi e ornamentali) che coprono superfici limitate e sono prevalentemente coltivate col lavoro diretto dell’uomo; c. acquosa (o idrocoltura), coltivazione di piante con le radici nell’acqua, anziché nel terreno, con opportuna aggiunta di sali minerali. b. Terreno coltivato, o l’insieme delle piante coltivate: la grandine ha recato notevoli danni alle colture. 2. a. Allevamento di piccoli animali e insetti utili: la c. dei bachi da seta, delle api. b. In biologia: c. batterica, metodo artificiale di allevare e far riprodurre batterî in mezzi (liquidi, come brodo, latte, siero, sangue, o solidi, come gelatina o agar) adatti alle esigenze del microrganismo, anche a scopo diagnostico; c. dei tessuti o c. in vitro (perché si fa in contenitori di vetro), metodo d’indagine biologica destinato ad allevare frammenti o cellule singole di tessuto animale o vegetale in condizioni adatte alla loro sopravvivenza e all’accrescimento. 3. Variante desueta e poco com. di cultura, in senso intellettuale ed etnologico: l’importanza dell’opera [il Convivio di Dante] è, per la storia della coltura, in questo ... (Carducci).