cascare
v. intr. [lat. *casicare, der. di cadĕre «cadere»] (io casco, tu caschi, ecc.; aus. essere). – Lo stesso che cadere, ma più familiare e più espressivo, e perciò usato spec. in alcune locuz. e modi fig. o proverbiali: c. dal sonno, non tenersi ritto dal sonno; c. (o c. morto) dalla fame, essere molto affamato; far c. le braccia, sconfortare, far prendere dalla sfiducia, dalla disperazione: la sua risposta mi fece cascare le braccia; è così zuccone che fa cascar le braccia a chi vuole insegnargli qualcosa; c. dalle nuvole, mostrare grande sorpresa, spec. per cosa di cui non si sapeva assolutamente nulla; i vestiti gli cascano a pezzi, sono molto logori; i panni gli cascano di dosso, gli stanno larghi; c. addosso, capitare improvvisamente: mi doveva c. addosso anche questa! (Manzoni); far c. dall’alto qualcosa, concedere con alterezza; cascarci, cadere in un tranello: c’è cascato, finalmente!; non cascherà poi il mondo, non è poi cosa tanto grave (cercando di vincere il proprio e l’altrui ritegno a fare qualche cosa); nemmeno se cascasse il mondo, a nessun patto; qui casca l’asino!, qui sta la vera difficoltà. Proverbî: l’asino, dov’è cascato una volta, non ci casca più; quando la pera è matura, casca da sé (opp., convien che caschi). ◆ Part. pres. cascante, anche come agg. (v. la voce).