capire [lat. capĕre, con mutamento di coniug.] (io capisco, tu capisci, ecc.). - ■ v. intr. (aus. avere, ma i tempi comp. sono rari), non com. [poter entrare in un luogo, esservi contenuto, spec. fig.] ≈ entrare, starci, stare, trovare posto. ■ v. tr. 1. (ant.) [comprendere al proprio interno] ≈ accogliere, contenere, includere, racchiudere. ↔ escludere. 2. a. [percepire con l'intelletto: capisco bene quello che dici; capii subito di che si trattava] ≈ afferrare, comprendere, intendere. ⇓ constatare, dedurre, intuire. ↔ equivocare, fraintendere, travisare. ● Espressioni: capire a(l) volo ≈ afferrare, intuire; non com., capire il latino (o l'antifona) ≈ afferrare, intendere, intuire, (roman.) sgamare; capire una cosa per l'altra (o, pop., fischi per fiaschi) ≈ fraintendere. b. [arrivare a sentire (o a leggere) ciò che altri dice (o scrive): non sono riuscito a c. una parola del suo discorso; non capisco quello che c'è scritto qui] ≈ afferrare, captare, cogliere, decifrare. c. [assol., e determinato da un avv. di quantità, avere capacità d'intendere: è un ragazzo che capisce poco, molto, ecc.] ≈ afferrare, comprendere, intendere. d. [comprendere intimamente: c. tutta la bellezza di un'opera; c. l'importanza di un fatto; c. la poesia di Dante] ≈ afferrare, apprezzare, cogliere, gustare, intendere, penetrare, recepire, sentire. e. [nella forma capirne, avere competenza in qualcosa, anche con la prep. di: è uno che di economia ne capisce molto] ≈ (fam.) cavarsela (con, in), (fam.) essere ferrati (in), intendersi, (fam.) saperci fare (con). 3. a. [penetrare l'animo, le intenzioni, il carattere di una persona: non ti capisco proprio; chi ti capisce è bravo] ≈ comprendere. b. (estens.) [considerare con indulgenza: i giovani bisogna capirli!] ≈ compatire, giustificare, perdonare, scusare, tollerare. 4. [rendersi convinto: capisco che non potevi fare diversamente] ≈ accettare, ammettere, convincersi (di), persuadersi (di), realizzare, rendersi conto (di). ● Espressioni (con uso fig.): non volere capire, non capire ragione ≈ intestardirsi, ostinarsi; si capisce [formula colloquiale di intesa] ≈ certamente, certo, chiaramente, naturalmente, per forza, ovviamente, s'intende. ■ capirsi v. recipr. 1. [andare d'accordo: si capirono al primo sguardo] ≈ accordarsi, affiatarsi, armonizzarsi, intendersi, (fam.) prendersi, sintonizzarsi. 2. [capire ciascuno ciò che l'altro intende dire: credo che ci siamo capiti] ≈ comprendersi, intendersi. ■ capirci v. intr. (aus. avere), fam. [riuscire a capire: del tuo discorso non ci capisco niente] ≈ (fam.) raccapezzarcisi. ‖ afferrare, capire, comprendere, intendere. [⍈ ARRIVARE]
capire. Finestra di approfondimento
Cogliere indizi o impressioni - Il sign. di «percepire con l’intelletto» è espresso da molti verbi, dei quali c. è il più generico e frequente, spesso sentito come colloquiale. Di registro più formale sono comprendere e ancor di più intendere: niuna meglio di voi intende i doveri della dama savia, della femmina onesta (C. Goldoni), mentre meno com. (ma non necessariamente più formale) è afferrare: da prima non afferrai la verità (G. D’Annunzio). Se si capisce qualcosa fulmineamente, e sulla base di pochi indizi o di impressioni, si userà intuire: intuisco, intuisco che c’è materia da cavarne un bel dramma! (L. Pirandello). Se invece si capisce in base a premesse razionali, si userà dedurre: da quello che altrove ho detto de’ numeri ec. si deduce che gli animali, non avendo lingua, non sono capaci di concepir quantità determinata ec. se non menoma (G. Leopardi). La deduzione logica è ancora più evidente con constatare: io soffro orrendamente quando posso constatare di aver lavorato invano (I. Svevo). Non molto dissimili da intuire sono cogliere e captare, che alludono a una capacità di comprensione attraverso pochi segni, e spesso resa difficile: ho colto un certo imbarazzo durante la cena; non è facile captare le loro parole, da questa distanza. Interpretare, decifrare e decodificare rimandano a difficoltà di comprensione ulteriori: non sono sicuro di aver interpretato correttamente le tue parole; ti costerà un po’ di fatica il decifrare la scrittura, perché la mano è malferma (G. Verga); non è semplice decodificare quei disegni. Sentire e vedere indicano un capire in base a ciò che si è ascoltato o visto (durante l’intervista ho sentito che non hai finito le scuole superiori), ma possono anche essere usati metaforicamente, nel senso di «intuire» (in tal caso sono appropriati, e ricercati, anche avvertire e percepire): sento che non siete entusiasti della mia proposta; non vedo come possa averti offeso; avvertiva che dietro quello sguardo c’erano intenzioni poco rassicuranti.
Capire con la mente - Alcuni dei sinon. di c. possono essere usati sia nel sign. di «percepire con l’intelletto», sia in quello, più accentuato, di «capire intimamente, penetrare l’animo, le intenzioni, il carattere di una persona, o il senso di un’azione e sim.». Tra questi, il sinon. più usato (e più formale) è comprendere: or la ragion comprendo / del tuo zelo per lui (P. Metastasio); oh, comprendo bene il vostro desiderio (A. Fogazzaro). Sia c. sia comprendere possono essere usati come assol. (soprattutto nella lingua parlata o nello scritto che riproduce il parlato, come per es. a teatro), per dare un cenno di assenso, o di comprensione, all’interlocutore: hai ragione ... comprendo ... (L. Pirandello). Anche con valore quasi di interiezione (sinon. di va bene, ok e sim.): «Stasera non possiamo vederci» «Capisco». Meno com., anche intendere può essere usato in tutti questi sign.: oh cielo! / è di Cresfonte il cinto ... Intendo ... Io ... manco ... (V. Alfieri).
Frequenti, sempre soprattutto nel parlato reale o riprodotto, sono vari altri usi assol., interrogativi o esclamativi o talora come intercalare, di c. e di alcuni suoi sinon. più formali (comprendere, intendere, rendersi conto), con la funzione, per lo più, di segnalare all’interlocutore il punto della conversazione nel quale può intervenire: ma gli antenati che fecero mio figlio barone ... volete sapere quali furono? ... Quelli che zapparono la terra ... Col sudore della fronte, capite? (G. Verga). Frequente nel parlato (soprattutto cinetelevisivo, frutto di una cattiva traduzione dell’ingl. to realize) è realizzare «capire, accorgersi, rendersi conto»: ho realizzato solo adesso quanto mi hai amato.
Capire con il sentimento - Con ulteriore sottolineatura dell’approvazione e dell’indulgenza, c. può avere come sinon. compatire (se si prova un senso di pietà per le persone: vi compatisco, siete arrabbiato dal dolore e non sapete più quel che vi dite [L. Pirandello]), giustificare (se si è pronti anche a passar sopra a errori, omissioni e sim.: il suo è un comportamento non facile da giustificare), perdonare (ancora più forte del precedente: il mio buon padre mi perdonò, anche questa volta, e mi lasciò andare alla scampagnata [E. De Amicis]), scusare e tollerare (caro fratello, potrei imitarla in tutto, fuorché nel tollerare con tanta bontà gl’impeti della vostra collera [C. Goldoni]). Un sign. più attenuato è quello di «rendersi convinto», che può avere come sinon. ancora meno forti accettare, ammettere e rendersi conto: mi rendo conto che stai passando un brutto momento; mentre convincersi e persuadersi indicano un grado di comprensione maggiore: non è mia colpa, se non mi persuado di esser matta, se non mi rassegno alla vita com’è (G. Verga).