ape
s. f. [lat. apis]. – Insetto dell’ordine imenotteri, appartenente all’omonimo genere (lat. scient. Apis) della famiglia apidi, che comprende varie specie viventi in società polimorfe, persistenti, formate da tre caste: la regina, che è l’unica femmina fertile, è l’individuo più grande della società, viene nutrita dalle api operaie, manca dei dispositivi della raccolta del polline e non produce cera; i maschi o fuchi, che compiono soltanto la fecondazione e muoiono subito dopo l’accoppiamento, uccisi dalle operaie, rispetto alle quali sono in numero ridotto, leggermente più grossi, privi di pungiglione; le operaie, che nella stessa comunità possono raggiungere il numero di 20-25 mila, compiono tutti i lavori necessarî alla società, e con la cera costruiscono i favi, fatti di cellette a sezione esagonale, che riempiono di miele e polline per la nutrizione delle larve. L’a. domestica (Apis mellifica), allevata perché produce il miele e la cera utilizzati dall’uomo, rappresenta la forma tipica: ha corpo nero con peluria grigia, distinto in capo, torace e addome, grossi occhi laterali a faccette, due labbri che formano un organo per suggere il nettare, tre paia di zampe articolate, ricoperte di spazzoline pelose, con cui l’ape operaia raccoglie il polline entro una cavità esterna delle due zampe posteriori (cestello); l’addome contiene gli organi produttori della cera e la secrezione del veleno, che viene iniettato per mezzo del pungiglione. Fra le sottospecie più importanti, l’a. italiana (Apis mellifica ligustica), molto apprezzata e allevata in tutto il mondo. Per l’a. muraiola, v. calicodoma. Locuzioni più com.: uno sciame d’api; cera, miele d’api; e con riferimento alla laboriosità, di cui le api sono simbolo: l’industriosità, l’ingegnosità delle api; per l’espressione nido d’ape, nelle sue varie accezioni (in tessuti, nel ricamo, ecc.), v. nido, n. 5.