SOYINKA, Wole
Drammaturgo, narratore, poeta e saggista nigeriano di etnia yoruba, nato ad Abeokuta il 13 luglio 1934. Cresciuto in epoca coloniale, ha studiato al Government College di Ibadan e all'università di Leeds, in Gran Bretagna. Ha lavorato (1958-59) come lettore di testi teatrali e sceneggiatore presso il Royal Court Theatre di Londra, ove nel 1959 furono messe in scena le sue prime commedie, The swamp dwellers, The lion and the jewel e The invention. Tra il 1960 e il 1970 si è prevalentemente dedicato, oltre che al teatro, alla poesia, pubblicando un notevole numero di testi soprattutto nella rivista Black Orpheus da lui fondata e diretta. Durante la guerra civile tra Nigeria e Biafra ha trascorso ventisei mesi (1967-69) in carcere, per essersi pronunciato contro l'intervento militare in Biafra e contro la guerra civile. Successivamente, prima di stabilirsi definitivamente in patria, ha trascorso vari anni in volontario esilio nel Ghana e in Europa. Segretario generale dell'Unione Scrittori Africani dal 1975, è dal 1985 presidente dell'Institut international du Théâtre a Parigi e dal 1986 membro dell'Accademia Nord-Americana di Arti e Lettere. Fra i numerosissimi riconoscimenti internazionali, si ricordano il John Whiting award (1966), il Jock Campbell-New Statesman literary award (1969), il Grinzane Cavour (1985), il premio internazionale Enrico Mattei (1986) e la laurea ad honorem dell'università di Leeds (1973). Nel 1986 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura. Intellettuale, accademico, uno degli autori più geniali cui l'Africa abbia dato i natali, S. ha al suo attivo una produzione vasta e complessa.
Nei romanzi: The interpreters (1965; trad. it., 1979), Seasons of anomy (1973; trad. it., 1981), Aké: the years of childhood (1981; trad. it., 1984) il ricco inventario tecnico, linguistico e lessicale, quasi joyciano, cui ricorre, sfocia in una prosa di rara eleganza formale che spesso rasenta il virtuosismo. Introspezione, liricità, ironia risentita, moralità e vis comica sono invece gli elementi che più caratterizzano l'opera poetica (Idanre and other poems, 1967; A shuttle in the crypt, 1972; Ogun Abibiman, 1977; trad. it., 1987). Sottilmente articolati i saggi critici, in particolare quelli raccolti in Myth, literature and the African world (1976), in cui S. riflette sulla funzione del mito nella letteratura e nelle culture africane, e in Art, dialogue and outrage (1988). S. rivendica l'autonomia della creatività africana e la sua pari dignità con le letterature occidentali; attacca, con fine ma spesso corrosiva ironia, certa critica letteraria occidentale che, applicando alla letteratura africana criteri di interpretazione e di analisi ad essa estranei, la giudica richiamandosi ad autori e modelli occidentali, con il risultato di declassarla a sottoprodotto culturale o, nel migliore dei casi, a prodotto d'imitazione.
Nei suoi drammi S. porta orrori, grandezza, poesia e ribellione dell'Africa fondendo in modo personalissimo le forme della tradizione del teatro europeo con quelle della tradizione teatrale yoruba. Spiriti e antenati, dei e uomini, riti e canti, miti, danze, musiche, liturgie, proverbi, leggende e linguaggi della sua terra rivivono su fondali magici e misteriosi in ricreazioni, rivisitazioni, recuperi, metafore viventi, con personaggi fortemente emblematici e in una visione che trascendendo il particolare attinge l'universale. S. non abdica mai ai valori africani più radicati; e anche nei suoi drammi presenta un confronto angosciante, quasi lancinante, tra presente antagonistico e passato ancestrale, a conferma di quelle pulsioni e quei travagli che investono un intellettuale puro, genuino, versatile, dalla parola calda e ricca, dal lirico abbandono. Del suo vasto repertorio teatrale si ricordano in particolare: A dance of the forests (1960), The road (1964), Kongi's harvest (1965), Madmen and specialists (1971), Death and the King's horseman (1975), tutti tradotti in italiano (due volumi, 1979 e 1980); e inoltre Jero's methamorphosis (1973; trad. it. in Teatro africano, a cura di E. Volterrani, 1987, pp. 3-85, con testo a fronte); Opera Wonyosi (1981), Play of Giants (1984). S. ha anche scritto un romanzo autobiografico durante gli anni di prigionia, The man died: prison notes (1972; trad. it. 1986); ha tradotto The forest of a thousand daemons: a hunter's saga di D.O. Fagunwa (1968; trad. it., 1985).
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