RIETI, Vittorio
RIETI, Vittorio. – Nacque ad Alessandria d’Egitto il 28 gennaio 1898 da Dante, commerciante di tessuti e prodotti alimentari, e da Emma Camerini, entrambi di famiglia ebraica; ebbe due sorelle maggiori, Nella ed Elda, e un fratello minore, Ettore.
Iniziò precocemente gli studi musicali e frequentò la scuola tecnica italiana ad Alessandria; ma dall’Egitto, prima dei quattordici anni e senza la famiglia, si trasferì a Milano per iscriversi all’Università Bocconi, dove si laureò nel 1917 con Luigi Einaudi. Contemporaneamente studiò pianoforte e composizione con Giuseppe Frugatta del Conservatorio di Milano. Al termine del conflitto, al quale aveva partecipato come allievo ufficiale, si stabilì con la famiglia a Roma. Frequentò compositori come Alfredo Casella, Ottorino Respighi e Gian Francesco Malipiero: con il loro aiuto si inserì presto negli ambienti musicali nazionali e internazionali. Tra le due guerre soggiornò a Roma e a Parigi. Di formazione sostanzialmente autodidatta, iniziò molto presto a comporre: i primi lavori risalgono ai suoi dodici anni. Nel 1921, a Vienna, conobbe Arnold Schönberg; gli presentò Poema fiesolano, la Sonatina per flauto e pianoforte e la Piccola Sinfonia per strumenti a fiato, ottenendone un giudizio lusinghiero. Non meno importante per la carriera fu il contratto in esclusiva, per otto anni, con la viennese Universal Edition. Rieti balzò alla ribalta internazionale nel 1924 quando a Praga, al Festival della Società internazionale di Musica contemporanea, Casella diresse il suo Concerto per quintetto di fiati e orchestra, immediatamente ripreso da direttori di fama come Fritz Reiner e Willem Mengelberg, che lo eseguirono negli Stati Uniti, nei Paesi Bassi e altrove. Determinante fu l’incontro con Sergej Djagilev, al Festival di musica contemporanea di Venezia del 1925. Il fondatore dei Ballets russes contribuì a orientare l’interesse e la produzione di Rieti verso il mondo della danza. Gli commissionò due balletti che, con la coreografia del giovanissimo Georges Balanchine, ebbero notevole risonanza: Barabau (Londra, 11 dicembre 1925, teatro Coliseum; scene e costumi di Maurice Utrillo); e Le Bal, due quadri di Boris Kochno, con scene e costumi di Giorgio De Chirico. Composto in un tempo piuttosto lungo (1926-29), per l’incontentabilità di Djagilev che chiedeva continue modifiche alla partitura, Le Bal fu infine dato a Monte Carlo il 7 maggio 1929, nell’ultima stagione dei Ballets russes. Con la morte prematura di Djagilev (19 agosto 1929) si concluse la collaborazione con i Ballets russes, che tra il 1925 e il 1929 aveva comportato per Rieti svariati impegni più o meno importanti.
Nello stesso periodo, e poi ancora fino al 1939, il musicista italiano, dividendosi tra Roma, Parigi e Monte Carlo, partecipò attivamente alla vita culturale della capitale francese, legandosi a Max Jacob, Jean Cocteau, Christian Bérard, Edmond Bourdet, Henri Sauguet, ai musicisti del cosiddetto Gruppo dei Sei, a Paul Hindemith, Alexandre Tansman, Manuel de Falla, Kurt Weill e Nicholas Nabokov. Iniziò in quest’epoca la profonda amicizia con Sergej Prokof′ev e soprattutto con Igor′ Stravinskij, destinata, quest’ultima, a dare fecondi risultati umani e artistici, giacché la stima non era a senso unico.
Nella produzione di Rieti occupa un posto significativo il primo Quartetto per archi, in fa maggiore. Terminato nel marzo del 1926, fu presentato per la prima volta a Parigi nel maggio seguente dal quartetto Pro Arte di Bruxelles, che lo eseguì poi più di un migliaio di volte in tutto il mondo. Composta nell’aprile del 1932 ed eseguita il mese dopo a Parigi sotto la direzione di Roger Désormière, la terza Sinfonia, detta anche Sinfonietta, ben illustra lo stile di Rieti, per l’orchestrazione agile e ariosa, il carattere brillante, il sottile umorismo. Nello stesso periodo Rieti iniziò una breve esperienza nel mondo del cinema, componendo la colonna sonora del film O la borsa o la vita (1933) di Carlo Ludovico Bragaglia; in seguito collaborò soltanto ad altri due film, Amore (1936) ancora di Bragaglia, e L’orologio a cucù (1939) di Camillo Mastrocinque.
Dal 1930 fino allo scoppio della seconda guerra mondiale Rieti non visse più stabilmente a Roma ma nelle capitali europee della musica: Londra, Vienna, Bruxelles, Strasburgo e soprattutto Parigi. Qui svolse attività, oltre che di compositore, di animatore: nel 1931 fondò, con Yvonne de Casa-Fuerte, la società concertistica La Sérénade, che proponeva soprattutto musiche contemporanee, molte in prima esecuzione. I concerti della Sérénade furono esportati nelle maggiori capitali europee e determinarono la fondazione, a Roma, di un’analoga istituzione per volontà di Letizia Pecci-Blunt, pronipote di Leone XIII: nacquero così, nel 1934, i Concerti di primavera, dei quali Rieti si occupò assieme a Mario Labroca, Goffredo Petrassi e al principe musicista Leone Massimo.
Nel 1933, su commissione del Festival di musica contemporanea di Venezia, compose testo e musica dell’opera in un atto Teresa nel bosco, rappresentata per la prima e unica volta il 15 settembre 1934 al Goldoni di Venezia (regia di Boris Kochno, scene e costumi di Filippo de Pisis). Nel 1936 iniziò la collaborazione, a Parigi, con l’attore e regista Louis Jouvet, direttore del Théâtre Athénée: Rieti scrisse le musiche di scena di spettacoli fortunatissimi, come L’École des femmes di Molière, rimasta poi negli annali della vita culturale parigina. Allo stesso anno risale il balletto David triomphant composto per il danzatore e coreografo Serge Lifar, dopo la morte di Djagilev primo ballerino, coreografo e direttore di ballo all’Opéra.
Nel 1940, per le persecuzioni razziali, Rieti emigrò negli Stati Uniti; nel gennaio del 1941 si stabilì a New York, senza però mai abbandonare l’Europa. Durante la guerra non si mosse dagli Stati Uniti; il primo viaggio in Europa fu nel 1946, ma dal 1960 al 1980 circa trascorse ogni anno sei mesi di qua dall’oceano, tra Roma e Parigi. A conti fatti, in America trascorse più della metà della vita, componendo lavori di enorme successo: scritto nel 1941, dato nel 1946, il balletto The night shadow su musiche di Vincenzo Bellini, coreografia di George Balanchine, ebbe più di tremila repliche nel mondo; i Second avenue waltzes, composti nel 1942, utilizzati in versione strumentale da Balanchine per il balletto Waltz Academy nel 1944 e considerati il suo capolavoro, furono eseguiti in America e in Europa dal duo pianistico Arthur Gold e Robert Fizdale. Nell’aprile del 1944 aveva terminato la quarta Sinfonia (detta Tripartita), forse la più riuscita, certo la più personale: dedicata a Stravinskij, fu eseguita molte volte in Europa e negli Stati Uniti; Arturo Toscanini la diresse per la NBC il 25 novembre 1945. Spicca poi l’opera in un atto Don Perlimplin, basata sul dramma di Federico García Lorca, adattato da Rieti con la collaborazione del fratello del poeta, Francisco: fu allestita a Parigi nel 1952, al Théâtre des Champs-Elysées, nell’ambito dell’Exposition internationale des arts.
Tra i lavori teatrali del dopoguerra si ricordano l’opera radiofonica Il viaggio d’Europa (1954; testo di Paola Masino, tratto da un racconto di Massimo Bontempelli), commissionata dalla RAI e presentata al Prix Italia 1955, The pet shop (1957) e The clock (1960), entrambi su libretto di Claire Nicolas White. Risale al 1966 l’ultimo melodramma di Rieti, Maryam the Harlot (ancora con libretto di C. Nicolas White), composto su richiesta di General Music Publishing. La copiosa produzione sinfonica, concertistica, cameristica e strumentale ebbe interpreti prestigiosi, direttori d’orchestra come Toscanini, Dimitri Mitropoulos, Leopold Stokowski, Rafael Kubelík, clavicembalisti come Sylvia Marlowe e Wanda Landowska. Nel 1953 l’Associazione dei critici musicali di New York designò il terzo Quartetto per archi come migliore composizione cameristica dell’anno, preferendola al Settimino di Stravinskij.
Rieti non subì l’influenza della musica nordamericana, ma partecipò attivamente alla vita artistica degli Stati Uniti (fu naturalizzato nel 1944). Si dedicò per brevi periodi al concertismo e più durevolmente alla didattica: dal 1948 al 1949 insegnò composizione nel Peabody Conservatory di Baltimora, succedendo a Nadia Boulanger; dal 1950 al 1953 ebbe un prestigioso incarico al Chicago Musical College.
Fino oltre i novant’anni Rieti continuò a comporre, né rallentò sostanzialmente il ritmo creativo, sia nel sereno isolamento newyorkese, sia nei periodici soggiorni a Parigi e a Roma. Fu sempre indipendente, intollerante di qualsiasi vincolo, artistico, ideale, materiale, fors’anche affettivo, distinguendosi per il carattere schivo e l’estrema riservatezza nei rapporti umani. L’immediatezza e la franchezza con le quali si accostò agli autori più diversi, insieme alla libertà con cui se ne nutrì, hanno conferito alla sua musica la freschezza, il carattere estroso e anticonformista, il sense of humor che fanno tanta parte del suo fascino.
Nel 1982 il musicista fu nominato accademico onorario nell’Accademia nazionale di S. Cecilia, e nel 1993 grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
Morì il 19 febbraio 1994 a New York. Nel 1925, dal matrimonio con Elsie Rappaport, sposata nel 1924, era nato Fabio, che si è dedicato con successo alla pittura (vive a Parigi).
I manoscritti e le partiture delle composizioni edite e inedite (1930-1994) di Rieti sono conservati nella New York Public Library for the performing arts, music division (https:// www.nypl.org/files/archivalcollections/pdf/ musrieti.pdf, 11 ottobre 2016). Un catalogo delle opere, da aggiornare con le ultimissime composizioni, è in Ricci 1987.
Fonti e Bibl.: G. Rossi-Doria, Labroca, Massarani e R., in Il Pianoforte, V (1924), pp. 303-309; A. Casella, Neue Komponisten in Italien, in Musikblätter des Anbruch, VII (agosto-settembre 1925), p. 399 (nello stesso fascicolo il saggio di Rieti, Einiges über Verdi, pp. 374-380); A. Schäffner, Concerto pour quintette à vent et orchestre de V. R., in La Revue musicale, VI (1925), p. 143; H. Prunières, Chroniques et notes: Festival de la Société internationale de musique contemporaine, ibid., pp. 280 s.; Id., Chroniques et notes: La musique en France et à I’étranger, in La Revue musicale, VII (1926), p. 282; R. Adler, Two versions of Barabau, in Dance Chronicle, IV (1981), pp. 347-373; H. Ostlere, R. and Balanchine, in Ballet Review, X (1982), pp. 7-14; J. Ross Acocella, V. R.: an interview, in Dance Magazine, LVI (1982), pp. 76-79; The talk of the town: notes and comment, in The New Yorker, 15 marzo 1982, pp. 33-35; F.C. Ricci, Lettere inedite di Stravinskij a V. R., in Note d’archivio per la storia musicale, n.s., I (1983), pp. 228-244; H. Ostlere, The R. connection, in Ballet News, VII (1985), 3, pp. 32-34; F.C. Ricci, V. R., Napoli 1987 (contiene alcuni scritti, in parte inediti, di Rieti); B. Manetti, Una carriera à rebours: i quaderni d’appunti di Paola Masino, Alessandria 2001, pp. 91, 163, 179; D. Tanning, Between lives: an artist and her world, New York 2001, ad ind.; N. Butterworth, Dictionary of American classical composers, New York 2005, pp. 373 s.; S. Walsh, Stravinsky. The second exile: France and America, 1934-1971, Berkeley-Los Angeles 2006, ad ind.; M.E. Davis, Ballets Russes style: Diaghilev’s dancers and Paris fashion, London 2010, ad indicem.