MORELLI, Vittorio
MORELLI, Vittorio. – Nacque ad Ancona il 13 marzo 1886 da Gustavo, tipografo ed editore, e da Elisa Schelini.
Nel 1900 si iscrisse al regio istituto di belle arti di Urbino, dove, dopo aver conseguito il diploma di insegnante di disegno al termine del primo triennio di studi, frequentò il secondo corso di scultura. All’inizio del secolo la sua maniera si indirizzò verso l’eclettismo tipico del periodo, nel quale confluivano classicismo, decorativismo liberty, accenti naturalistici, intonazioni veriste e pittoricismo tradotto nella fremente trattazione del modellato: tratti distintivi che si rivelano nel rilievo in gesso intitolato Candore (1903; ripr. in Omaggio a V. M., 2005, p. 27), sua prima opera nota, e nella serie di ritratti in gesso di familiari e amici, tra cui Mia madre, del 1906-1907 (Ancona, collezione Morelli; ripr. ibid., p. 4). Candore, in particolare, appare lavoro contraddistinto da un purismo accademico non immune né da echi simbolisti né da stilemi di gusto liberty, come dimostrato dalla fluida eleganza delle linee sinuose o dal motivo floreale della cornice.
Nel 1905 si trasferì a Roma per completare la sua formazione artistica presso lo studio di Ettore Ferrari. Nello stesso anno ottenne la prima commissione pubblica dal Consiglio provinciale di Ancona che gli affidò l’esecuzione del busto in bronzo del senatore Michele Fazioli destinato al palazzo degli Anziani, allora sede comunale. Nel 1907 fu costretto a lasciare Roma per ritornare ad Ancona a causa dell’improvvisa e prematura morte del padre, alla cui memoria dedicò un torso virile dal titolo Preludio (Omaggio a V. M., 2005, p. 30), in riferimento all’omonima rivista pubblicata con successo nella tipografia paterna tra il 1877 e il 1884.
Data la versatilità del suo stile e le capacità tecniche che gli permisero di lavorare utilizzando differenti materiali e con tempi di esecuzione assai brevi, Morelli fu in grado di soddisfare le esigenze delle diverse committenze, dedicandosi al restauro, alla statuaria di carattere encomiastico celebrativo, al disegno, all’incisione, alla scultura funeraria, alle progettazioni architettoniche e urbanistiche. Nel 1908, su incarico dell’amministrazione della sua città, restaurò la settecentesca fontana dei Cavalli, in origine collocata in piazza del Bargello, occupandosi anche del suo spostamento e della nuova sistemazione in piazza Roma. Sempre ad Ancona, lungo il corso Vittorio Emanuele, arteria principale della città, progettò il prospetto di palazzo Giacchetti (1906-07) e la decorazione, sia interna sia esterna, dei locali della birreria Gambrinus (1908). Nel 1909 l’Università di Perugia gli commissionò l’esecuzione di una coppa in bronzo per gare sportive (Omaggio a V. M., 2005, p. 31).
All’inizio del secondo decennio del secolo fu di nuovo a Roma, presso la bottega dello scultore bresciano Angelo Zanelli, chiamato a collaborare alla realizzazione dei fregi monumentali (Trionfo del Lavoro, Trionfo dell’Amor patrio) per l’Altare della Patria. Nel 1911 – anno in cui sposò Margherita Garelli dalla quale ebbe due figli – la famiglia Ribighini di Ancona gli commissionò le parti scultoree della tomba di famiglia nel cimitero comunale della città, primo di una lunga serie di sacelli sepolcrali che Morelli realizzò nel corso della sua carriera. L’anno successivo terminò ad Ancona la decorazione architettonica, in stile liberty, della sala Dorica destinata a proiezioni cinematografiche e spettacoli teatrali (distrutta; ripr. in Omaggio a V. M., 2005, p. 35). Nel 1913, sempre ad Ancona, la locale Cassa di risparmio gli affidò l’esecuzione delle decorazioni esterne del suo palazzo di residenza; nello stesso anno scolpì per la facciata della chiesa dei salesiani le lunette dei tre portali e i Simboli degli Evangelisti intorno al rosone, mentre all’interno collocò, sull’altare maggiore, il gruppo scultoreo della Sacra Famiglia, in marmo e gesso, e decorò con rilievi il fonte battesimale e gli altari delle navate laterali (opere distrutte durante il secondo conflitto mondiale). Sempre nel 1913 terminò il busto, in bronzo, di Giuseppe Verdi per il Comune di Pollenza, l’anno dopo quello, ancora in bronzo, di Carlo Maratti per Camerano, cittadina natale del celebre pittore.
Nel novembre 1915 fu chiamato alle armi tra i bersaglieri. Fu dapprima a Verona per l’addestramento e dopo due mesi venne trasferito in trincea a Lorenzago di Cadore. Qui, incaricato dall’esercito di realizzare il monumento ai bersaglieri caduti, scolpì in cemento, nel 1916, lo Spirito della montagna, collocato nei pressi di Piani di Lavaredo, a un’altitudine di 2300 m, lungo la strada per le Tre cime di Lavaredo.
Al termine della guerra tornò ad Ancona. Con crescente impegno si dedicò attivamente alla vita culturale e alle progettazioni urbanistiche, spesso dal carattere utopistico e per questo mai realizzate, volte a modificare l’aspetto della città. Il suo studio divenne punto d’incontro delle personalità che gravitavano intorno al liceo Rinaldini, come Massimo Bontempelli, Francesco Sapori e Mario Puccini. Dal 1929 fu consigliere del gruppo «Accolta dei Trenta», un sodalizio culturale che, tra il 1922 e il 1942, riunì gli artisti anconetani con lo scopo di promuovere opere di pubblico decoro nonché iniziative finalizzate alla valorizzazione dell’arte marchigiana attraverso l’organizzazione di mostre, concorsi e dibattiti.
Nel corso del terzo decennio lavorò per numerose cappelle funerarie di famiglie anconetane (Rangoni, Vignati, Cagnucci, Sorrentino, Chiodoni, Fucile, Bellavista-Baldoni, Venturini, Tanfani, Salesi, Mengoni, Fiorelli, Damadei, tutte nel cimitero comunale), progettandone forme architettoniche, apparati decorativi, arredi liturgici; nel 1920 completò la tomba dell’ex ministro Luigi Dari. Tra le tante opere eseguite in questo periodo si ricordano, nel 1922, le figure, fuse in argento, di S. Giuseppe e S. Anna per l’altare del sacello della basilica della Santa Casa a Loreto, il progetto della facciata del palazzo delle Barche (Ancona, viale della Vittoria) e, per il palazzo della Provincia, il busto di Armando Diaz. L’anno successivo nel borgo di Moie, nell’Anconetano, realizzò il Monumento ai caduti di tutte le guerre; nel 1927 per la caserma Villarey di Ancona il Monumento al fante; nel 1929, portò a compimento il Monumento ai caduti di Falconara Marittima e quello per i Caduti di Offagna. Nel 1930 scolpì, in gesso, l’Allegoria di Ancona (ripr. in Omaggio a V. M., 2005, p. 58), rappresentata attraverso un nudo maschile, forse destinata al palazzo dell’Opera nazionale Balilla.
Negli anni Trenta, abbandonati gli accenti più decorativistici, adottò uno stile più incisivo tendente alla sintesi formale delle strutture plastiche. Il suo linguaggio libero «dagli influssi del realismo e dell’impressionismo plastico, assorbe talune linee del movimento novecentista e nella solidificazione della forma giunge anche a filtrare alcuni aspetti della tradizione rinascimentale italiana» (Grifoni, 1966). Se nei disegni preparatori per la xilografia I cinque sensi (Omaggio a V. M., 2005, p. 11), l’artista mostra ancora una cifra déco, specie nel sofisticato andamento geometrizzante delle forme, in questo periodo la sua maniera si evolve in chiave novecentista per il gusto del primitivismo di matrice giottesca (Allegoria del lavoro, 1936; Cassa di risparmio di Ancona, interno), per l’enfasi plastica dei particolari (Figure femminili- portalampade; Taranto, palazzo delle Poste, interno) e per gli accenti di retorica celebrativa dell’arte di Stato, evidenti nei rilievi marmorei con aquile e fasci littori collocati, nel 1932, sul ponte di Druso a Bolzano.
In collaborazione con l’architetto Guido Cirilli ristrutturò il salone d’onore del palazzo della Provincia di Ancona e, con Cesare Bazzani, si occupò della decorazione del palazzo delle Poste di Taranto (1934); sempre nel corso del quarto decennio, lavorò all’ornamento delle facciate di altri edifici pubblici anconetani (palazzo delle Assicurazioni di Venezia, 1932; palazzo della Mutua agricola, 1935) e progettò, lungo il corso Vittorio Emanuele, negozi e locali di ritrovo (bar Garelli, barbieria Ottobrini, negozi di moda Campi e Le eleganze femminili). Nel 1938 scolpì la Statua di Iridio Mantovani per la casa del fascio (ora distrutta).
A conferma del costante impegno nel mondo dell’associazionismo culturale dal 1932 all’inizio degli anni Quaranta ricoprì la carica di segretario interprovinciale del sindacato belle arti delle Marche, occupandosi dell’allestimento e dell’organizzazione delle periodiche rassegne espositive.
Nel giugno del 1940 fu richiamato alle armi. Fu dislocato dapprima a Zara, poi a Napoli, quindi trasferito a Caserta, e infine ad Ancona con il grado di maggiore. Inviato sul fronte africano, venne preso prigioniero ad Algeri, dove rimase in detenzione per 18 mesi. Rimpatriato nel febbraio del 1946, tornò ad Ancona e proseguì nella ricerca plastica orientandosi verso una figurazione concepita in termini classici. Riprese a progettare scenografiche quanto irrealizzabili soluzioni urbanistiche che pertanto restarono sulla carta procurandogli cocenti delusioni.
Nel 1947, in collaborazione con Mentore Maltoni, restaurò la statua in marmo di papa Clemente XII, eseguita nel 1738 da Agostino Cornacchini e danneggiata dai bombardamenti della guerra (Ancona, piazza del Plebiscito), rifacendone per intero la testa e parte delle braccia. In ambito scultoreo, dopo il completamento della statua di S. Tommaso (1948) destinata alla chiesa di S. Domenico, la sua produzione fu determinata sia dalla richiesta da parte della committenza privata di ritratti e arredi sepolcrali, sia da incarichi pubblici per la realizzazione di busti-ritratti destinati a scuole o pubblici edifici (ritratto di Luigi Albertini, 1951, piazza Cavour; Maternità, facciata della casa della Madre e del Bambino, 1953; busto di Niccolò Tomaseo, 1957 per l’omonima scuola; rifacimento della statua della Speranza per la loggia dei Mercanti).
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta la cifra stilistica di Morelli rimase controllata e raggelata in un’assoluta compostezza formale classicheggiante, anche nelle opere in cui affronta tematiche veriste, come nella statua in bronzo raffigurante lo Scaricatore portuale (1955-56) collocato sotto il portico della capitaneria del porto di Ancona.
Nel 1954, su richiesta della sezione anconetana della Società Dante Alighieri, realizzò, in bronzo, il Monumento a Pinocchio, il primo eretto in Italia dedicato al burattino di Collodi, che fu collocato nel sobborgo di Ancona denominato Pian di San Lazzaro, nei pressi delle cosiddette case di Pinocchio.
Morì ad Ancona il 20 maggio 1968.
Fonti e Bibl: G. Modena Bonarelli, Recenti opere di V. M., in Rassegna marchigiana, VI (1928), 5-6, p. 212; A. Marsili Andreani, Attività di artisti nostri: due statue di V. M., ibid., XII (1934),1- 2, p. 29; E. Grifoni, Pittori e scultori anconitani dopo Podesti, in Riv. di Ancona, IX (1966), 5-6, p. 39; V. Vicario, Gli scultori italiani dal Neoclassicismo al Liberty, II, Lodi 1994, p. 737; Quadreria Cesarini-Casa Museo. Sculture in Quadreria, a cura di A. Cesarini, Fossombrone 2002, pp. n.n.; Guida d’Italia del Touring Club italiano. Marche, Milano 1979, pp. 95-97, 106, 132, 339, 386, 424, 450; Scultura nelle Marche, a cura di P. Zampetti, Firenze 1993, pp. 469 s.; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell’Ottocento e del primo Novecento, I, Torino 1994, p. 191; L’età dell’eclettismo. Arte e architettura nelle Marche fra Ottocento e Novecento, a cura di F. Mariano, Firenze 2004, pp. 48, 52, 180, 182; Omaggio a V. M. (catal.), a cura di M. Di Matteo, Ancona 2005.