VISCONTI DI MODRONE, Giuseppe
VISCONTI DI MODRONE, Giuseppe. – Nacque a Milano il 10 novembre 1879, secondogenito del duca Guido (1838-1902) e di Ida Rensi (1850-1915), erede della contea di Lonate Pozzolo e del titolo di nobiltà concesso dal duca di Milano Gian Galeazzo Maria Sforza al ramo della famiglia degli ex signori di Milano sin dal 1498, quindi per antichità ben più prestigioso di quello di duca di Modrone concesso ad personam da Napoleone Bonaparte a suo nonno Uberto, confermato in linea di maggiorasco dagli Asburgo nel 1837 e quindi passato al primogenito Giovanni.
Le terre dell’ex feudo di Lonate erano solo una modesta frazione delle immense ricchezze accumulate dai Visconti di Modrone in secoli di sagaci politiche matrimoniali e, negli ultimi decenni, anche di coraggiose iniziative imprenditoriali che li avevano resi tra i primi nobili lombardi a convertire le rendite fondiarie in investimenti industriali. Il patrimonio familiare consisteva in diverse tenute agricole in Lombardia e nel Piacentino, in numerosi immobili, soprattutto nel centro di Milano, e per il 42 per cento in azioni e obbligazioni di società ferroviarie e di navigazione lacuale e fluviale, di banche e delle prime grandi società industriali quali Cucirini Cantoni Coats, Union des gaz, Pirelli, Edison, Isotta Fraschini, oltre ad alcune quote del Corriere della sera. In proprio, possedevano e gestivano tre opifici tessili a San Vittore Olona, a Vaprio d’Adda e a Somma. Con buona parte di tutto ciò, Giuseppe ereditò anche la tradizione di impegno filantropico e culturale di famiglia, che sosteneva direttamente la Società di incoraggiamento arti e mestieri, la Società storica lombarda, la Società per le esplorazioni scientifiche, la Società per le esplorazioni commerciali in Africa, l’Associazione industriale italiana, la Società del Giardino, la Società dell’Unione, ma soprattutto la Società anonima per l’esercizio del Teatro alla Scala, creata nel 1897 da suo padre, possessore di ben quattro palchi, per impedire la chiusura del teatro, al quale il Comune aveva ritirato la sovvenzione annuale. Accanto a lui, che la presiedeva, la società era formata da altri noti ‘palchettisti’: Luigi Borghi, Luigi Erba, Ettore Ponti, oltre allo stesso Giuseppe. Alla morte del padre gli succedette come presidente il figlio minore Uberto, fino al 1917, quando si ritornò a una gestione pubblica.
Bello, elegante, intelligente e colto, oltre che ricco, Giuseppe – don Zizì per gli amici – coronò la sua fama di grande charmeur de Milan sposando nel 1900 l’altrettanto affascinante Carla Erba, a sua volta dotata di beni consistenti. Ebbero sette figli: Guido (1901-1942), Anna (1903-1977), Luigi (1905-1967), Luchino (v. la voce in questo Dizionario), Edoardo (1908-1980), Ida Pace (1916-2008), Uberta (1918-2003) (https:// gw.geneanet.org/ frebault? lang=it&n=visconti+di+modrone&oc=0&p=giuseppe). Furono tutti allevati austeramente a una severa disciplina di operosità, all’apprezzamento per la cultura e le arti e a una profonda e non esteriore devozione religiosa, principi che apparentemente contrastavano con il vortice di iniziative culturali e mondane in cui consistette fino allo scoppio della Grande Guerra la vita dei genitori. In una sala adibita appositamente nella grande casa di via Cerva 44 si esibiva il teatro Casa Giuseppe Visconti di Modrone, con spettacoli di rivista di cui don Zizì era autore (sotto lo pseudonimo di Joseph von Icsti, anagramma del proprio cognome), protagonista, costumista, scenografo e regista; coprotagonista Carla. Tra il 1906 e il 1915 nella tenuta di Grazzano, nel Piacentino, oltre al castello medievale vennero ristrutturate anche le case dei contadini, di cui don Zizì – vero direttore dei lavori accanto all’architetto Alfredo Campanini – affrescava personalmente le facciate in modo da ricreare un borgo quattrocentesco: una domenica di primavera la famiglia dei tenutari e quelle dei contadini vestivano abiti d’epoca, disegnati dallo stesso conte, attirando a una sorta di revival tardomedievale una folla di turisti curiosi. Al castello di Grazzano sussistono tuttora sia l’Istituzione duca Giuseppe Visconti di Modrone (consistente in una scuola di arti applicate risalente, per volontà di Carla, al primo dopoguerra), sia la consuetudine del corteo storico primaverile. Nel 1915 Giuseppe assunse anche la presidenza dell’Internazionale Football Club (l’attuale Inter), che tenne fino al 1919, senza peraltro poter cogliere grandi successi, in quanto il campionato fu sospeso per tutta la durata della guerra. Ma la sua passione principale era il teatro. Nel 1912 i soldi di Visconti servirono a sostenere la Compagnia drammatica italiana del teatro Manzoni, dove sei anni prima la coppia di conti si era esibita in una riuscita serata di beneficenza. Nel 1928 si fece personalmente impresario teatrale, creando presso il teatro Eden, con Lamberto Picasso e l’esordiente Andreina Pagnani, la compagnia semistabile Teatro d’Arte di Milano, presso la quale il figlio Luchino fece il suo primo apprendistato teatrale in qualità di trovarobe.
In vecchiaia Luchino ricordò così il padre: «pur essendo un aristocratico, non era né stupido né incolto. Amava la musica, il teatro, l’arte [...] Mio padre ci ha educati severamente, duramente, ma ci ha aiutati ad apprezzare le cose che contavano, appunto la musica, il teatro, l’arte (Rondolino, 1981, p. 18).
Carla era figlia di Luigi Erba, tra i soci della gestione scaligera, e di Anna Brivio, appartenente a una famiglia di industriali della seta. Luigi fu il fratello ed erede di Carlo Erba (1811-1888), creatore del primo stabilimento farmaceutico italiano.
Appassionato di musica, pianista eccellente, docente di pianoforte al Conservatorio, era impegnato nella direzione della casa editrice musicale di suo cognato Giulio Ricordi. Per questo motivo fu ben lieto di firmare nel 1904 una procura al brillante genero per la gestione dell’impresa chimica, ‘con pieni poteri’ e la compartecipazione agli utili per il 5 per cento. A sua volta, nel 1911 Giuseppe Visconti promosse alla direzione generale della Carlo Erba il giovane chimico bolognese Giovanni Morselli, che vi lavorava da un decennio e la cui intraprendenza aveva fortemente contribuito a trasformare il laboratorio ottocentesco in una grande e moderna industria farmaceutica con una produzione ampia e diversificata. Contemporaneamente fece nominare Morselli anche consigliere delegato della Società chimica ed elettro-chimica del Caffaro, da lui appena acquistata, la quale ben presto divenne leader nazionale nella produzione di concimi chimici e, con la guerra, di esplosivi.
Dopo la guerra, alla quale partecipò come volontario in Sanità, ma in realtà presso il Comando supremo a Udine, nel 1921 Giuseppe creò una propria nuova industria, la GiViEmme (acronimo del suo nome) per la produzione di profumi, che si impose rapidamente con prodotti dai nomi indovinati, a cominciare da Giacinto innamorato, frutto di una delle prime indagini di mercato svolte in Italia e così battezzato da Gabriele D’Annunzio, amico della famiglia. All’impresa parteciparono anche la moglie e la cognata Lina, che – morti sia il padre sia la madre – detenevano il controllo della Carlo Erba e quindi il potere di delega. Ma la GiViEmme era dichiaratamente «rilevatrice della Sezione profumerie della Carlo Erba» e, occupandosene, Visconti dovette molto probabilmente trascurare l’azienda principale, il che nel 1923 comportò da parte di Lina il trasferimento della delega dal cognato, da lei accusato di «assenteismo», a Morselli, il quale dichiarò al notaio che registrava l’atto, che la situazione aziendale era ormai «incompatibile colla nostra personale dignità e con gli interessi della ditta» (Moioli, in I Visconti di Modrone, 2014, pp. 275 s.). Gli strascichi giudiziari della vicenda ebbero ripercussioni sui rapporti tra don Zizì e Carla, i quali da allora vissero di fatto separati. Mentre Carla, presa anche da uno slancio devozionale, si ritirò a vivere nella magnifica villa della famiglia Erba a Cernobbio, sul lago di Como, dove ospitò anche una dozzina di suore, il marito cominciò a trascorrere la maggior parte del suo tempo a Roma, dove si fece costruire un’imponente villa sulla Salaria, anche per osservare gli obblighi derivanti dalla carica di gentiluomo di camera della regina Elena, tra i quali fece rientrare anche l’iniziativa di spettacoli teatrali al Quirinale, alimentando più di un pettegolezzo sui suoi veri rapporti con la donna.
La GiViEmme, con la massima cura prestata alla pubblicità – a cominciare dai nomi dei profumi e degli altri prodotti di bellezza – e alla confezione in elegantissimi flaconi in vetro fatti fabbricare da artigiani di Venezia e di Murano, ebbe un grandissimo successo, sancito dalla cospicua esportazione in America. Visconti si dimostrò così uno dei più innovativi e intraprendenti imprenditori italiani. Nel 1936 assunse anche la presidenza della Tessitura e candeggio F.lli Visconti di Modrone, che portò al risanamento dopo le gravi perdite seguite alla crisi economica, e l’anno seguente il regime riconobbe i suoi meriti industriali facendogli conferire dal re Vittorio Emanuele III il titolo di duca di Grazzano.
Nel 1938 la Carlo Erba ritirò la sua partecipazione dalla Caffaro e l’anno dopo morì Carla, che ne deteneva la presidenza. A lei succedette nella carica il figlio Edoardo, l’unico tra i figli maschi che dimostrasse una vocazione imprenditoriale: dopo la morte del primogenito Guido, caduto nella battaglia di El Alamein nel 1942, sotto la presidenza del secondogenito Luigi, divenuto titolare della ducea, fu sempre lui ad assumere anche la guida effettiva della GiViEmme in qualità di amministratore delegato. Anche Giuseppe, infatti, era morto prematuramente a Milano il 16 dicembre 1941.
Fonti e Bibl.: L’Archivio Visconti di Modrone è conservato presso l’Università cattolica del Sacro Cuore a Milano; le carte della famiglia dei duchi di Grazzano sono conservate presso Gian Galeazzo Visconti di Modrone, Grazzano Visconti (Piacenza), ma, in ordinamento, non sono consultabili. Si veda inoltre Giovanni Morselli e la Carlo Erba S.A., Milano 1941; G. Rondolino, Luchino Visconti, Torino 1981, pp. 1-31; J. Rosselli, L’impresario d’opera, Milano 1983; D. Riva, I velluti dell’Adda. Un caso di pionierismo manifatturiero in Lombardia: il cotonificio Visconti di Modrone di Vaprio d’Adda, 1839-1989, Milano 1990; M. Ruzzenenti, Un secolo di cloro e... PCB. Storia delle Industrie Caffaro di Brescia, Milano 2001; P. Origgi, Carlo Erba, un uomo un’azienda, 1853-2003. 150 anni di ingegno, passione, imprenditorialità, Milano 2003; G. De Luca, Nobili e imprenditori. L’inconsueto caso dei Visconti di Modrone (secc. XVI-XX), in Imprenditorialità e sviluppo economico. Il caso italiano (secc. XIII-XX), a cura di F. Amatori - A. Colli, Milano 2009, pp. 463-476; G. Petrillo, Aristocrazia, industria, arte: un imprinting eccezionale, in Studi e ricerche di storia contemporanea, giugno 2011, n. 75, pp. 65-74; M. Andreoni, Grazzano Visconti, Piacenza 2012; I Visconti di Modrone. Nobiltà e modernità a Milano (secoli XIX-XX), a cura di G. Fumi, Milano 2014 (in partic. A. Moioli, Il percorso imprenditoriale di G. V. di M. e dei suoi eredi dalla chimica farmaceutica all’industria dei prodotti di bellezza, pp. 271-282).