virus
Particella infettiva di natura non cellulare e di dimensioni submicroscopiche (20÷400 nm), incapace di un metabolismo autonomo e perciò caratterizzata da vita parassitaria endocellulare obbligata. Le infezioni da v. del sistema nervoso si verificano per la tendenza peculiare che alcuni di essi posseggono a infettare i neuroni (v. neurotropici) o, in genere, tutti i tessuti del sistema nervoso, per es., oltre ai neuroni, la glia, le fibre nervose, le guaine mieliniche, i vasi (v. neuroistopatici). I v. entrano nel sistema nervoso per via respiratoria (v. di morbillo, parotite e varicella), per via gastrointestinale (poliovirus e altri enterovirus), attraverso le mucose orali e genitali (herpesvirus), i morsi di animali (v. della rabbia). Dopo l’infezione, il v. si moltiplica e segue la fase della viremia, nella quale le cellule immunocompetenti sono attivate a rimuoverlo; se non esistono anticorpi sufficienti o la carica virale è massiva, attraverso i capillari cerebrali e i plessi coroidei i v. entrano nell’SNC ‘forzando’ in questo modo la barriera ematoencefalica. Alcuni v. neurotropici si propagano attraverso gli assoni in senso retrogrado (per es., herpesvirus e v. della rabbia). I quadri clinici variano a seconda del v. e della suscettibilità a esso dei vari componenti dell’SNC, e in partic. a seconda dei siti recettoriali delle diverse cellule cui il v. si attacca, spesso con alta specificità: cellule meningee, motoneuroni dei nervi cranici o spinali, neuroni dei gangli, del cervelletto, ecc. Affinché il v. si possa riprodurre, la cellula ospite deve avere infatti la capacità di sintetizzare (mediante trascrizione e trasduzione) le proteine di rivestimento del v. e di replicarne gli acidi nucleici. L’ingresso del v. nella cellula nervosa ne provoca la necrosi con diverse modalità; ne consegue fagocitosi da parte della glia e reazione infiammatoria, con focolai circoscritti o multipli di necrosi tissutale.