VIRIATO (Viriathus, Viriatus)
Dal 154 a. C. i Lusitani erano in guerra coi Romani: nel 151 il pretore Servio Galba ne fece strage a tradimento. A capo dei superstiti si pose V., il quale, già pastore, dotato di eccezionale prestanza fisica e morale, aveva radunato una schiera di armati: le fonti (la più estesa è Appiano, Iberica, 63 segg.) dicono che esercitavano il brigantaggio. V. si rivelò ottimo tattico nel 147, quando riuscì a salvare un esercito dei suoi dalla caccia del pretore C. Vetilio. Messosi decisamente alla testa dei compatrioti, respinse i Romani nella vallata del Baetis, e presto fu padrone del paese. Combatteva secondo i metodi della guerriglia, velocissimo e audace, valendosi d'ogni aiuto del terreno. I suoi lo amavano per la schietta bontà, lo ammiravano per l'agilità dell'ingegno. I successori di Vetilio, C. Plauzio, Claudio Unimano e C. Nigidio furono tutti sconfitti. Solo nel 145 da Roma, fino allora assorbita nelle guerre di Grecia e d'Africa, fu inviato un console, Q. Fabio Massimo Emiliano, con due nuove legioni. Questi, dopo avere ben allenati i soldati al nuovo genere di guerra, strinse da presso V., ebbe notevoli successi, e gli tolse la libertà di movimenti. Ma V. riuscì allora a far sollevare contro Roma i Celtiberi e altri popoli minori, e, quando fu richiamato Fabio, ebbe di fronte ancora un pretore, Q. Pompeo, che ben presto fu battuto (143). Nel 142 fu di nuovo inviato un console, Q. Fabio Massimo Serviliano, con altre due legioni, alleati e perfino elefanti. V., nonostante qualche successo, fu soverchiato e Fabio penetrò nell'interno della Lusitania ma qui si lasciò sorprendere e, per evitare un disastro, dovette concludere una pace (142), col patto che V. fosse considerato amico di Roma e che ai suoi fosse riconosciuta la proprietà dei terreni posseduti. Ma nel 141 il console Cn. Servilio Cepione, d'intesa col senato, ruppe l'accordo: intanto V., che non aveva saputo dare una qualche organizzazione statale ai suoi, era stato abbandonato da molti, e presto fu messo alle strette, battuto, e quasi annichilito. Riuscì però a salvarsi; ma nel 139 pensò di scendere a trattative con Cepione. Nei suoi sorsero allora timori d'essere abbandonati preda dei Romani, che in quella guerra un po' brigantesca si mostravano naturalmente assai severi, e i tre amici, che V. incaricò di trattare con Cepione, si lasciarono, pare, corrompere; V. fu ucciso nel sonno. Con lui perì la libertà dei Lusitani; Cepione però, macchiato di quell'onta, non ottenne il trionfo.
Bibl.: M. Hoffmann, De Viriato Nomantinorumque bello, diss., Greifswald 1865; E. Kornemann, Die neue Livius-Epitome aus Oxyrhynchus, Lipsia 1904, p. 96 segg.; A. Schulten, Viriatus, in N. Jahrbücher f. d. klass. Altertum, 1917, p. 209 seguenti.