PUECHER PASSAVALLI, Virginio
PUECHER PASSAVALLI, Virginio. – Nacque a Lambrugo (Como) il 16 dicembre 1926, secondogenito di Giorgio (notaio) e Annamaria Gianelli. La famiglia, di nobili origini trentine, risiedeva a Milano.
Suo fratello maggiore fu Giancarlo Puecher, partigiano, fucilato nel 1943 dai miliziani della Repubblica di Salò e prima medaglia d’oro al valor militare della Resistenza. A seguito della condanna a morte del fratello, Virginio si rifugiò in Svizzera, mentre il padre venne imprigionato nel campo di Fossoli e poi a Mathausen (dove morì il 7 aprile 1945).
Nell’immediato dopoguerra affiancò alcune esperienze giornalistiche a studi di filosofia. Nel 1947 sostenne senza successo l’esame di ammissione all’Accademia d’arte drammatica di Roma; Orazio Costa, docente all’Accademia, lo presentò tuttavia a Giorgio Strehler, che gli consentì di iniziare l’apprendistato teatrale presso il Piccolo Teatro di Milano.
Dalla stagione 1947-48 partecipò come comparsa in vari spettacoli del Piccolo, svolse attività di assistente di palcoscenico e fu occasionalmente anche assistente alla regia di Strehler (oltre che di registi ospiti del Piccolo, come Costa e Renato Simoni).
Il Piccolo Teatro non era tuttavia allora nelle condizioni di garantirgli un impiego stabile. Tra il 1951 e il 1954 Puecher si trasferì dunque a Roma, dove lavorò per la RAI come redattore delle trasmissioni culturali.
Nel 1954 curò (con Barbara Perfiliev) una nuova traduzione de Il giardino dei ciliegi di Anton P. Čechov per il Piccolo Teatro di Milano.
Dalla stagione 1955-56 tornò a tempo pieno al Piccolo, con la qualifica di assistente alla regia di Strehler. Con questi, Puecher lavorò a tre nuove produzioni: El nost Milan di Carlo Bertolazzi, L’opera da tre soldi di Bertolt Brecht e Dal tuo al mio di Giovanni Verga. Puecher curò, in particolare, l’adattamento del testo originale di Bertolazzi. Nella stagione 1956-57 debuttò come regista con I vincitori di Pompeo Bettini ed Ettore Albini; lo spettacolo proseguiva il discorso critico del Piccolo sul teatro dialettale milanese. Sullo stesso filone, Puecher fu ancora impegnato al Piccolo Teatro anche nella stagione 1962-63 con L’ereditaa del Felis di Luigi Illica; anche la sua regia dell’Annaspo di Raffaele Orlando (1964) può essere considerata un’elaborazione delle stesse tematiche.
Dalla stagione 1956-57 Puecher venne presentato nei manifesti del Piccolo Teatro come ‘regista assistente’ e non più come ‘assistente alla regia’. La sua corrispondenza con Paolo Grassi consente di ricostruire con maggior precisione i compiti di Puecher, la cui attività fu in questa fase non più limitata all’assistenza registica, ma spaziò dalle prove al controllo delle recite, dal lavoro drammaturgico alla ricerca di nuovi testi, dalla stesura di programmi di sala alla collaborazione alle attività culturali. Per molti aspetti l’attività di Puecher in questi anni risulta affine al lavoro del dramaturg, peraltro rintracciata da Claudio Meldolesi in altre figure attive (anche in quel periodo) nel teatro italiano (cfr. Meldolesi - Molinari, 2007).
Puecher continuò la sua collaborazione stabile con il Piccolo sino alla stagione 1960-61 (regie: Una montagna di carta di Guido Rocca, Ritratto di Madonna di Tennesse Williams per il teatro Girolamo, gestito dal Piccolo, 1957-58; Mercadet l’affarista di Honoré Balzac, 1958-59; Come nasce un soggetto cinematografico di Cesare Zavattini, 1959-60; Storia di Pablo di Sergio Velitti, da Cesare Pavese, 1960-61).
Pur avendo già lavorato per altri teatri italiani (regie di Lungo viaggio verso la notte di Eugene O’Neill, con Renzo Ricci, di Una luna per i bastardi, sempre di O’Neill, e del Revisore di Nikolaj Gogol per lo Stabile di Genova; Estate e fumo di Williams per il Teatro della Cometa di Roma; Medea di Euripide per l’INDA di Siracusa) dalla stagione 1961-62 Puecher iniziò una vera e propria libera carriera da regista, continuando tuttavia a collaborare con il Piccolo Teatro (L’equipaggio della Zattera di Balducci, L’ereditaa del Felis di Illica); curò, in particolare, le regie de La folle giornata ovvero Il matrimonio di Figaro di Beaumarchais (Stabile di Genova, 1961-62) e di Brodo di pollo con l’orzo di Arnold Wesker (Stabile di Bologna, 1962-63).
Nella stagione 1963-64 Puecher tornò con continuità al Piccolo; fu assistente di Strehler per Vita di Galileo e per il nuovo allestimento di Arlecchino servitore di due padroni, oltre che regista de L’annaspo di Orlando.
Negli anni successivi, oltre a varie regie per altri stabili, curò sempre per il Piccolo Teatro la regia de La lanzichenecca di Vincenzo Di Mattia e dell’Istruttoria di Peter Weiss (stagione 1966-67), probabilmente suo capolavoro registico; portato in scena nei Palasport di venti città italiane (debutto: Palazzo delle esposizioni di Pavia, 25 febbraio 1967), con musiche di Luigi Nono (composte originariamente per la messinscena di Erwin Piscator del 1965) e scenografia di matrice costruttivistica e funzionalistica di Josef Svoboda, lo spettacolo fu pensato come un grande evento; per mezzo della interazione tra performance attoriale, riprese televisive a circuito chiuso, inserti cinematografici (un documentario di Cioni Carpi girato appositamente ad Auschwitz e Birkenau), Puecher declinò la poetica brechtiana del Piccolo «in maniera meno formalistica di Strehler, e piuttosto in sintonia con la grande tradizione piscatoriana-brechtiana del teatro politico»; un «teatro totale» che «non materializza l’inferno dell’Olocausto attraverso procedimenti fantastici, ma lo attualizza, nel senso che dichiara ed enuncia il suo appartenere al nostro presente», tanto che la regia di Puecher potrebbe essere annoverata tra gli esempi più efficaci di teatro-documento degli anni Sessanta (Gandolfi, 2011, pp. 103-105).
Nel 1968, dopo l’abbandono di Strehler, Puecher rimase al Piccolo Teatro, al fianco di Grassi, che si affiderà anche alla sua collaborazione per continuare la linea artistica strehleriana: «Pensai allora a un dopo-Strehler fatto dagli uomini di Strehler, senza per questo apparire come gli “orfani di Strehler”. L’idea fallì per le lotte tribali, per la violentissima battaglia politica e professionale che si scatenò per l’unicità della successione» (Paolo Grassi, 1977, p. 254). Puecher, con Luigi Pestalozza, attaccò infatti il Consiglio di gestione del Piccolo. Compromessi i rapporti con Grassi, Puecher firmò la regia della Vita immaginaria dello spazzino Augusto G. di Armand Gatti (1969), con la quale chiuse la sua lunga collaborazione con il Piccolo Teatro.
Nel 1969 fu tra i fondatori (con Sergio Fantoni, Ivo Garrani, Valeria Ciangottini, Valentina Fortunato) della Compagnia degli Associati, per la quale curò, tra le altre, le regie di: Faust di Goethe, 1969; Otello di Shakespeare, 1970; Edipo re di Sofocle, all’Olimpico di Vicenza, 1973; Zio Vanja di Čechov, 1976; La nuova colonia di Pirandello, 1977.
Sin dal 1959 (con Diagramma circolare di Alberto Bruni Tedeschi alla Fenice di Venezia) Puecher si era cimentato nella regia di opere musicali, lavorando spesso per il Teatro alla Scala, ivi dedicandosi soprattutto agli allestimenti di musica contemporanea (Turandot di Carlo Gozzi, musiche di Ferruccio Busoni, e Il buon soldato Sveik di Gerardo Guerrieri, musiche di Guido Turchi, stagione 1961-62; Lo zar si fa fotografare di Kurt Weill, Passaggio di Luciano Berio ed Edoardo Sanguineti e Alì Babà di Eugène Scribe e Mélesville Duveyrier, musica di Luigi Cherubini, stagione 1962-63).
In particolare, tra le sue numerose regie di drammaturgia musicale, va segnalato il lavoro con Giacomo Manzoni; anche grazie alla collaborazione con questi, Puecher divenne uno dei principali registi ‘di avanguardia’ nel campo della messinscena dell’opera lirica; se ne ricordano le regie di La sentenza (Bergamo, Teatro Donizetti, 1960) e, soprattutto, di Atomtod (Teatro alla Scala, 1965, con la direzione di un giovane Claudio Abbado) che, per le soluzioni registiche adottate, la tematica affrontata e la collaborazione con Svoboda per la scenografia, può essere considerato come premessa fondamentale della messinscena dell’Istruttoria. Fondamentale, in questa direzione, fu anche la collaborazione di Puecher con Bruno Maderna, con il quale scrisse il testo di Hyperion. Lirica in forma di spettacolo; ne curò altresì la regia in collaborazione con Rosita Lupi (teatro La Fenice, Biennale di Venezia, 1964).
Tra le sue successive regie liriche, degne di nota furono Lulu di Alban Berg (Firenze, teatro Comunale, 1968), Wozzeck di Berg, con scenografie di Ugo Mulas (teatro Comunale di Bologna, 1969), Il giro di vite di Benjamin Britten (Milano, Piccola Scala, 1969, con scene di Mulas), L’Angelo di fuoco di Sergej Prokof′ev, con scene di Luciano Damiani (Teatro alla Scala, 1970), Il dramma sospeso di Woyzech (Milano, Piccola Scala, 1971), con scenografia di Svoboda.
Nel 1974 rinnovò la sua collaborazione con Giacomo Manzoni per la messinscena di Per Massimiliano Robespierre (teatro Comunale di Bologna).
Tra le sue successive regie liriche, che lo videro spesso impegnato anche all’estero, si ricordano: Manon di Jules Massenet (teatro San Carlo, Napoli, 1978); La favola del figlio cambiato di Gian Francesco Malipiero (Teatro dell’Opera di Roma, 1982); Riccardo III, da Shakespeare, adattamento e musica di Flavio Testi (Teatro alla Scala, 1987); Alceste di Christoph Willibald Gluck (teatro Carlo Felice, Genova, 1987); Ascesa e caduta della città di Mahagonny di Brecht - Weill (Milano d’Estate, 1989), Falstaff di Giuseppe Verdi (Comunale di Treviso, 1990).
Puecher visse a Milano con la moglie Rosita Lupi (coreografa e già direttrice della scuola di danza del Piccolo Teatro) e la figlia Orsola.
Morì il 29 dicembre 1990 nella stessa città.
Fonti e Bibl.: Archivio storico del Piccolo Teatro di Milano, Corrispondenza Paolo Grassi, faldone 37 (vi si conserva l’epistolario tra Paolo Grassi e Virginio Puecher dal 16 ottobre 1954 al 21 febbraio 1969); ivi sono conservate anche le cartelle stampa delle regie di Puecher per il Piccolo; V. Puecher, Diario di un’esperienza, in Sipario, 1964, n. 224, pp. 20-44;
Enciclopedia dello spettacolo, Roma 1954, ad vocem; Piccolo Teatro, Milano 1958; G. Guazzotti, Teoria e realtà del Piccolo Teatro di Milano, Torino 1965; D. Bablet, L’instruction de Peter Weiss, in B. Brecht: Mère Courage, La résistible ascension d’Arturo Ui; M. Frisch Andora; P. Weiss: L’instruction..., Paris 1970; Teatro alla Scala, Il dramma sospeso di Woyzech, Torino 1971; D. Bablet, La scena e l’immagine. Saggio su Josef Svoboda, Torino 1979 (con un saggio di Puecher sulla messinscena di Atomtod); Paolo Grassi. Quarant’anni di palcoscenico, a cura di E. Pozzi, Milano 1977; C. Meldolesi - R.M. Molinari, Il lavoro del dramaturg. Nel teatro dei testi con le ruote, Milano 2007; R. Gandolfi, Storia e performance: un confronto fra due scritture sceniche de L’Istruttoria di Peter Weiss, in Il castello di Elsinore, 2011, n. 64, pp. 97-112; G. Deiana, Nel nome del figlio. La famiglia Puecher nella Resistenza, Milano 2013; D. Casadei, Orality, invisibility, and laughter: traces of Milan in Bruno Maderna and Virginio Puecher’s Hyperion (1964), in The Opera Quarterly, XXX (2014), 1, pp. 105-134; R. Gandolfi, Un’Istruttoria lunga più di trent’anni. Olocausto, memoria, performance al teatro Due di Parma, Milano 2016, passim.