VIANELLO, Vinicio
VIANELLO, Vinicio. – Nacque a Venezia il 29 aprile 1923, terzogenito dopo Maria (1907) e Vico (1909), da Giovanni, dirigente d’azienda, e da Erminia Visentini.
Impegnato nel settore dei trasporti, il padre fu costretto a spostarsi frequentemente per lavoro, e trasferì la famiglia dapprima a Verona, tra il 1926 e il 1933, poi a Milano per i due anni successivi, e infine a Padova, dove Vinicio portò a termine le scuole medie per avviare il pendolarismo con Verona frequentandovi il liceo artistico per i primi tre anni. Conseguì la maturità a Venezia, dove frequentò poi la Scuola libera del nudo (1940) e il corso di pittura dell’Accademia di belle arti, tenuto dal maestro Giuseppe Cesetti, diplomandosi nel 1945.
Ottenere nel novembre del 1946 lo studio presso l’Opera Bevilacqua La Masa fu un passo importante per Vianello, il cui percorso di formazione trovò terreno fertile grazie al particolare fermento culturale e alle conoscenze in ambiente cittadino, tra cui la salda amicizia con il futuro architetto Marcello D’Olivo e l’incontro con Liliana Cossovel. Quest’ultima, goriziana di origine e di un anno più giovane, anche lei allieva del corso di pittura, da quel momento divenne costante presenza non solo per la condivisione degli studi in palazzo Carminati, ma ben presto anche come compagna di vita (per una biografia più ampia dell’artista: Tutone, in Vinicio Vianello, 2004).
Nel 1941 al Palazzo Reale veneziano Vianello espose per la prima volta in occasione della XXXII collettiva dell’Opera Bevilacqua La Masa, avviando una serie di presenze in gallerie pubbliche e private con numerose mostre di gruppo. La ricerca pittorica lo indusse a transitare dalle iniziali esperienze espressionistiche fino a quel singolare percorso tra il figurativo e l’astrattismo che sortì un primo esito in opere come Cappello nero (1943) o Girasoli (1944; Barbero, in Vinicio Vianello, 2004, p. 15).
Furono gli anni in cui Vianello si aprì alla sperimentazione di nuovi temi, da paesaggi quasi innaturali ad architetture prevalentemente monocrome per arrivare agli originali dipinti intitolati Pittura (1947), e generare, di lì a poco, la serie Agave sulla finestra (1948; Vinicio Vianello, 2014, pp. 35, 37-39). Tale tragitto gli fece conquistare rapidamente l’attenzione della critica, consentendogli di partecipare alla maggior parte delle Sindacali regionali organizzate in Veneto, fino a ottenere segnalazioni di merito, tra cui, nel 1947, il premio alla mostra concorso degli «Artisti di Padova, Treviso, Vicenza» e il premio Auronzo (Branzi, 1947).
Nel 1948 ci fu il debutto alla XXIV Biennale veneziana, mentre due anni dopo ebbe luogo la personale alla galleria milanese Barbaroux, dove l’artista espose in anteprima, accanto a guazzi, oli e ceramiche, una serie di vetri spaziali chiamati Murano asimmetrico, poi presentati alla XXV Biennale internazionale d’arte di Venezia (1950) e alla XL collettiva dell’Opera Bevilacqua la Masa nel 1952, in cui figurò anche in qualità di membro della giuria per la sezione Arti decorative (Deboni, 1996).
In questa fase cruciale di fermento creativo e relazioni umane importanti, nel 1949 si concretizzò in matrimonio il legame con Liliana, da cui non ebbe figli. Nello stesso anno la pittrice esordì nella XXXVII Collettiva giovani (organizzata dalla Bevilacqua La Masa) e avviò, in parallelo all’attività espositiva, l’insegnamento di educazione artistica presso diverse scuole di Venezia fino al 1962. Fu una svolta significativa per la coppia, il cui affiatamento si consolidò progressivamente grazie alla compartecipazione in alcune importanti mostre, in Italia e all’estero.
Fu in tale arco temporale, di confronto soprattutto con i maestri delle avanguardie, che per Vianello divennero oltremodo decisive le trasferte milanesi, grazie alle quali entrò in contatto con gli esponenti di Arte concreta, sì da avviare la frequentazione dell’ambiente legato al movimento dello spazialismo fontaniano. Firmò quindi il Manifesto dell’arte spaziale, nel 1951, e, l’anno successivo, il Manifesto del Movimento spaziale per la televisione, aderendo poi agli intenti enunciati da Anton Giulio Ambrosini nel manifesto Lo spazialismo e la pittura italiana nel secolo XX, redatto nel 1953 (Castellani, 1953).
Vianello restituì quel taglio innovativo che avvicinò le sue opere al respiro del Movimento, a quell’utopia ‘futuribile’ fortemente connessa alla tecnologia (Barbero, in Vinicio Vianello, 2004, p. 18). L’artista fece emergere gradualmente in suo innato interesse nei confronti del mondo industriale e dell’ingegneria, il cui sperimentalismo si manifestò con un’attenzione pluridecennale anche nell’arte vetraria, nel design e nell’illuminotecnica (Bassi, in Vinicio Vianello, 2004). Determinanti le numerose esposizioni con il gruppo ‘spaziale’, che toccarono Venezia, Milano, Trieste, Vicenza e Roma, nonché la partecipazione alla mostra «Art décoratif italien» di Parigi (1952); così come le personali al Cavallino di Venezia e alla Fiera dell’Aja, e poi ancora la medaglia d’oro alla IX Triennale di Milano per l’Esposizione internazionale delle arti decorative e industriali moderne, tutti eventi del 1951 (il regesto completo delle mostre, con relativi premi e riconoscimenti, è in Vinicio Vianello. Pittura, vetro e design, 2004, pp. 206-209).
Nodale in questi primi anni Cinquanta fu il passaggio di Vianello dai dipinti come Laguna o Alba (1950-51), a quelli in tecnica mista della serie Rocket (1951-52) e alla raccolta delle incisioni 5 idee spaziali (1953); in campo decorativo, nel frattempo, nacquero le serie di vasi ‘asimmetrici’, ‘atomici’ e ‘spaziali’, annoverati tra i momenti primari della sua capacità d’indagine relativa al vetro soffiato (Marchiori, 1957), assieme agli innovativi ‘nucleari’, in vetro iridato, intitolati Scoppio (o Esplosione) a Las Vegas e Reazione nucleare, ed esposti nel 1952 alla XXVI Biennale.
In collaborazione con l’Istituto veneto per il lavoro di Venezia, nel 1950 Vianello concepì il corso di progettazione per disegnatori industriali e per artigiani. Docente e caposezione per il vetro, condivise l’iniziativa con Carlo Giulio Argan, Carlo Scarpa (caposezione metalli) e Franco Albini (caposezione legno), puntando l’obiettivo sul dialogo tra il mondo dell’arte e quello della produzione industriale attraverso la combinazione di nozioni teoriche, seminari ed esercitazioni.
Dopo essersi dedicato anche a interventi plastici con grandi decorazioni in cemento utilizzando tecniche brevettate, la sua poliedrica competenza lo portò a ricoprire il duplice ruolo di espositore e membro della commissione per le arti decorative alla Biennale di Venezia – nel 1954 (dove presentò le Antisculture in vetro e lo Specchio Murano) e nelle successive edizioni fino al 1960 –, ottenendo diversi riconoscimenti. Da sottolineare il diploma d’onore alla XVIII e alla XXI Mostra mercato internazionale dell’artigianato di Firenze (1954 e 1957) e il diploma di collaborazione alla X Triennale di Milano nel 1954. Nel 1957 vinse l’ambito Compasso d’oro con i celebri vasi della serie Variante e nello stesso anno conseguì la targa d’argento per l’estetica del prodotto al premio La Rinascente Compasso d’oro, nonché il diploma di Grand prix all’XI Triennale di Milano.
In quest’ultimo lustro la sperimentazione pittorica viaggiò di pari passo, rinnovandosi costantemente attraverso tecniche di varia natura. Ne sortirono lavori come Tracce spaziali, Grafie e Orme orizzontali, sintesi di una lunga ricerca che l’artista concepì sul concetto di «spazio/segno» (Barbero, in Vinicio Vianello, 2004, p. 24).
Il bisogno di confrontarsi con più mezzi espressivi spinse Vianello a moltiplicare le presenze espositive anche all’estero con l’importante collettiva «Nutida italiensk konst», che portò nel 1953 le sue opere fino a Stoccolma, Helsinki, Oslo, Sydney e più volte tra l’Europa e gli Stati Uniti, dando vita a pubblicazioni straniere e non solo italiane – come le iterate apparizioni su Domus dal 1951 al 1966 –, soprattutto sulle creazioni in vetro e sulle lampade di sua ideazione. Di queste ultime il celebre modello Nelson, progettato nel 1957, ebbe grande fortuna negli anni a seguire, generando altre tipologie all’avanguardia (Bassi, 2003).
Il percorso di Vianello fu allora segnato da collettive salienti: tra il 1954 e il 1955 i suoi vetri viaggiarono oltre l’Atlantico, a New York, San Paolo, Washington, dove la Smithsonian Institution li fece transitare in numerosi musei e università degli Stati Uniti, grazie all’itinerante «European glass design». Nel 1956 l’artista ricevette l’incarico di allestire la mostra «Modernt muranoglas» a Göteborg (Dell’Oro, 1956), e proprio nell’ambiente svedese ebbe l’opportunità di approfondire tecniche e strategie d’impresa, così da fondare l’anno successivo la ditta Vinicio Vianello & C., con sede a Venezia. Subito si presentò sul mercato nel doppio ruolo d’imprenditore e progettista per lavori in scala architettonica e urbana, senza tralasciare partecipazioni europee di notevole levatura, dall’esposizione all’Istituto italiano di cultura di Colonia alla mostra di Sion in Svizzera «Artistes venitiens contemporains», entrambe del 1957, che condivise assieme alla moglie, particolarmente attiva in quegli anni nelle collettive delle artiste italiane promosse, anche in Germania e Austria, dalla Federazione italiana donne arti professioni affari (FIDAPA).
Con opere di pittura, grafica e vetro Vianello venne ospitato, nel 1958 e nel 1959, all’Exposition universelle di Bruxelles, a Parigi, Kassel, Dortmund, Francoforte, Würzburg, Colonia, Düsseldorf, Charleroi, Bonn, Monaco, Varsavia, Cracovia, Dublino e Tokyo.
Tra la fine degli anni Cinquanta e il decennio successivo si determinò in lui un distacco graduale dal linguaggio pittorico. Da Cattedrale (1956) a Orma nera (1958; Barbero, in Vinicio Vianello, 2004, p. 29) per citare due emblemi di tale transizione, l’artista operò l’inserimento di sfondi monocromi, soprattutto scuri, per poi optare verso tecniche miste, coniugando materiali estremamente eterogenei. Spesso invitato a mostre importanti, ma diradando la sua partecipazione – non senza ricevere riconoscimenti come per il progetto di decorazione murale in mosaico alla XXXI Biennale di Venezia nel 1962 – Vianello divenne più consapevole delle trasformazioni prodotte dalle conoscenze scientifiche e tecnologiche, passando in modo quasi esclusivo alla progettazione di apparecchi e sistemi di illuminazione complessi, dalla dimensione architettonica a quella ambientale. Tra gli esempi significativi, l’impianto illuminotecnico della villa di San Rossore per la Presidenza della Repubblica italiana (1959), gli interventi di grandi apparati luminosi per la sede del Banco San Paolo (1964) e per quella della RAI (1966) a Roma. In tale produzione la critica riconobbe a Vianello valore e competenza crescenti (Joos, 1971), mentre le sue idee venivano messe in opera anche oltre il territorio italiano, come il ‘cielo luminoso’ Faux plafond per i soffitti della Municipalità di Tunisi (1965-70) o gli ‘schemi per assemblages’ nella Repubblica del Gabon.
Nel 1970 uscì, curata da Argan e da Vianello stesso, una sorta di sintesi-manifesto dei lavori in vetro eseguiti dal 1950 al 1970, dove l’informazione sul processo di produzione si accompagnava alla gamma versatile degli interventi più rappresentativi (Vinicio Vianello, 1970).
Fino alla fine degli anni Sessanta fu coinvolto come relatore in diversi luoghi protagonisti del dibattito artistico contemporaneo, tra cui Losanna, Monaco, Wolframs-Eschenbach, Aquisgrana, Lubiana, Baden-Baden, Fiume, Chicago, spesso anche in veste di commissario di giuria. Eccezion fatta per la presentazione di vetri realizzati in precedenza alla Biennale di Venezia del 1972, l’attenzione di Vianello si spostò verso incarichi di grande respiro. Concepì uno dei suoi interventi più arditi, la Bandiera torre luminosa, collaborando con l’amico e architetto Marcello D’Olivo, al quale il dittatore iracheno Saddam Hussein commissionò l’imponente Monumento al milite ignoto per Baghdad (1979-82); e tra il 1976 e il 1977 sperimentò l’impiego di dispositivi per l’utilizzo dell’energia solare con il sistema The lamps for desert areas, fermatosi allo stadio di prototipo (Energia solare, 1978).
Nello stesso periodo diede alle stampe Création et production exclusives Vinicio Vianello (1977), al fine di promuovere le sue realizzazioni destinate all’arredo su strade e autostrade, in Italia e all’estero, mediante il marchio Centro Operativo-Vinicio Vianello, di fatto la sede di lavoro presso la sua residenza in terraferma a Zelarino, a pochi chilometri da Venezia, dove si spostò con la moglie nel 1967. Luogo spazioso e provvisto di ampio giardino, la nuova dimora permise a Liliana, costantemente impegnata nella propria indagine artistica, di eseguire dei bozzetti di grandi dimensioni (relativi a una pittura su tavola e a un enorme mosaico per esterno) collaborando per due progetti del marito in Costa d’Avorio e in Tunisia.
Grazie ai risultati delle sue sperimentazioni scientifiche Vinicio venne nominato socio dell’International solar energy society, e fondò e resse come presidente dal 1979 al 1984 il CSARE (Centro per gli Studi e le Applicazioni delle Risorse Energetiche). Durante gli anni Ottanta, nonostante i numerosi inviti, aderì solo a pochi appuntamenti, a causa del profondo dolore per la scomparsa prematura di Liliana, avvenuta nel settembre del 1984 a seguito di una dolorosa malattia, proprio pochi mesi dopo la mostra antologica a lei dedicata presso la galleria Voltone della Molinella a Faenza.
Le occasioni che diedero l’opportunità di rivedere lavori significativi del percorso di ricerca del maestro furono la IX Exposition internationale de dessins originaux a Fiume e «Cronaca 1947-1967» alla Bevilacqua La Masa, entrambe del 1984; la personale di vetri alla galleria Idea di vetro a Mestre, per la quale ideò nuove creazioni (1986), e la serie delle esposizioni dedicate al movimento dello spazialismo (Venezia e Lugano nel 1987, Desenzano del Garda nel 1989).
Nel 1993 un grave incidente automobilistico lo obbligò all’immobilità per un lungo periodo, ma ciononostante partecipò con alcune opere ‘storiche’ di pittura e vetro alle esposizioni «La sindrome di Leonardo. ArteDesign in Italia 1940-1975», a Torino nel 1995, e «Spazialismo. Arte astratta. Venezia 1950-1960», l’anno successivo, nella basilica palladiana di Vicenza.
In questo scorcio di vita Vianello si riavvicinò alla pittura attraverso un dialogo diretto con la natura: un racconto intimo e solitario, un connubio con il processo di sviluppo sostenibile, per poter creare «ulteriore energetica materia dello spazio» (Vinicio Vianello, 2017, p. 9).
Morì d’improvviso la notte del 23 aprile 1999.
Fonti e Bibl.: Treviso, Archivio Vinicio Vianello (attività pittorica); Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Istituto di storia dell’arte, Centro studi del vetro, Fondo Vinicio Vianello (attività vetro e design), documentazione disponibile anche in rete all’interno del sito istituzionale. Per una bibliografia esaustiva sull’artista si rimanda agli apparati di V. V. Pittura, vetro e design, a cura di L.M. Barbero, Milano 2004, pp. 210-216. Si vedano inoltre: S. Branzi, Artisti premiati alla mostra di Padova. 76 opere di tre province, in Il Gazzettino, 6 giugno 1947; F. Castellani, Una interessante ‘personale’ del pittore V. V., in Il Gazzettino, 15 novembre 1951; G. Ponti, I vetri italiani alla Triennale, in Domus, 1951, n. 262, pp. 26-37; Vetri alla 9ª Triennale di Milano, a cura di I. Zetti - L. Spreafico, Milano 1952, pp. 9, 68, 81-83; F. Castellani, Una ventina di “spaziali” nella Sala degli Specchi, in Il Gazzettino, 10 settembre 1953; L., Vetri e dipinti di V., in Domus, 1955, n. 309, pp. 52 s.; G. Dell’Oro, Murano a Göteborg con 180 opere vetrarie, in Gazzettino-Sera, 3-4 luglio 1956; G. Marchiori, V. V., in Cronache veneziane, 26 gennaio 1957; Premio “La Rinascente compasso d’oro” 1957 per l’estetica del prodotto (catal.), Milano 1958, pp. 28 s., 36; Le lampade di serie di V. V., in Domus, 1960, n. 362, p. 59; Vetri di Murano 1860-1960 (catal.), a cura di A. Gasparetto, Verona 1960; V. V., a cura di G.C. Argan - V. Vianello, Venezia 1970; R. Joos, Monumenti fatti di luce, in Il Gazzettino, 12 agosto 1971; V. Vianello, Création et production exclusives V. V., Venezia-Mestre 1977; Energia solare, in Tecniche nuove, I (1978), 1; V. Vianello, Tra post-cubismo e spazialismo, in La Vernice, XXIII (1984), 1-2, p. 55; Cronaca 1947-1967 (catal.), a cura di T. Toniato, Venezia 1984, pp. 15 s., 74 s.; Fontana e lo Spazialismo (catal.), a cura di E. Crispolti - W. Schonenberger, Lugano 1987, pp. 56-58, 277, 279-281, 308 s.; Spazialismo a Venezia (catal., Venezia), a cura di T. Toniato, Milano 1987, pp. 12 s., 38 s., 49 s., 92-94, 118 s.; D. Marangon, Spazialismo: protagonisti, idee, iniziative, Treviso 1993, pp. 55, 66, 68, 88, 91, 94-96, 126, 155, 160; D. Actis, “La Sindrome di Leonardo” in mostra a Stupinigi, in Notizie della regione Piemonte, XXIV (1995), 1, pp. 11 s.; M. Barovier - R. Barovier Mentasti - A. Dorigato, Il vetro di Murano alle Biennali, 1895-1972 (catal., Venezia), Milano 1995, pp. 78, 82 s., 168 s., 180 s.; F. Deboni, Murano ’900. Vetri e vetrai, Milano 1996, p. 76; Spazialismo. Arte astratta, Venezia 1950-1960 (catal., Vicenza), a cura di L.M. Barbero, Venezia 1996, passim; E. Crispolti, Il cosmo in una tela, in L’Unità, Roma, 13 gennaio 1997; Emblemi d’Arte da Boccioni a Tancredi-Cent’anni della Fondazione Bevilacqua La Masa 1899-1999, (catal., Venezia) a cura di L.M. Barbero, Milano 1999, pp. 136 s., 172, 180 s., 184; Venezia 1950-59. Il rinnovamento della pittura in Italia (catal.), a cura di M.G. Messina, Ferrara 1999, passim; A. Bassi, La luce italiana. Design delle lampade 1945-2000, Milano 2003, pp. 62-73; V. V. Pittura, vetro e design, a cura di L.M. Barbero, Milano 2004 (in partic. L.M. Barbero, Idee spaziali. Alla ricerca di V. V., pp. 11-32; M. Brusatin, Il mio libro, il libro dei colori, pp. 113-119; A. Bassi, pp. 121-145; S. Tutone, V. V. Tracce di una biografia complessa, pp. 189-201); V. V. Il design del vetro (catal., Verona) a cura di A. Bassi - P. Marini - A. di Lieto, Venezia 2007; L.M. Barbero, V. V., Venezia 2016; V. V. Opere su carta 1951-1990 (catal.), a cura di T. Toniato, Venezia 2017; Spazialisti a Venezia (catal.), a cura di G. Granzotto, Venezia 2018, pp. 12, 14-16, 182-199, 360 s.