VINCIOLI, Alessandro beato
– Figlio di Pietro di Vinciolo e di Rinaldina de Comitibus di Antignano, nacque a Perugia in data imprecisata, nella prima metà del XIV secolo.
La famiglia paterna, una delle più altolocate della Perugia medievale, contò un santo, l’abate Pietro fondatore dell’omonimo monastero perugino, e un numero cospicuo di personaggi – tra cui due omonimi di Alessandro – protagonisti di primo piano della scena politica cittadina. La famiglia materna, stirpe signorile radicata in area nocerina e folignate, allignò un certo numero di vescovi delle rispettive cattedre, tra cui un santo, Rinaldo (morto nel 1222), e altri due beati: Filippo (morto nel 1284) e Giovanni (morto nel 1327).
Vincioli, qualificato come professor nel breve di Giovanni XXII del 1327 (v. infra), studiò diritto, ma il suo nome non compare nella documentazione dello Studium perugino. Dapprima terziario francescano, entrò successivamente nell’Ordine. Fu in più circostanze inviato dal Comune di Perugia ad Avignone, in qualità di oratore: una prima volta nel 1322, per la guerra contro Assisi e Spoleto; e successivamente nel 1329, in compagnia di Giacomo abate di S. Benedetto di Subiaco e Contulo dei Ranieri. Nella prima occasione restò a lungo presso la Curia, in compagnia dell’altro frate minore Monaldo Perugino, «nome assai caro ai Perugini e al Papa» (Pellini, 1664). È forse a tale soggiorno che si devono l’ufficio di penitentiarius e le lusinghiere parole spese dal pontefice nella bolla con cui, alla morte del suo parente Giovanni de Comitibus, spirato in fama di santità, lo nominò successore all’episcopato di Nocera Umbra (1327).
Nel 1330, rimasta vacante la cattedra perugina, fu indicato quale successore del defunto vescovo dal clero locale; a causa dell’opposizione di Oddo degli Oddi, che intervenne presso il papa per scongiurarne la nomina, l’opportunità sfumò. Ciò provocò l’omicidio dello stesso Oddo, perpetrato dai nipoti di Vincioli, e i violenti scontri tra nobili e popolari che ne conseguirono.
In effetti, il fiero antagonismo dei Vincioli al regime popolare fu sempre manifesto, al punto che i suoi membri figurarono in tutte le congiure e i tentativi sovversivi che le fonti ricordano. John Grundman (1992), poggiando sul passo boccaccesco in cui il perugino Pietro di Vinciolo è tacciato di notoria omosessualità, definisce l’emanazione di leggi punitive nei riguardi di comportamenti omosessuali come una misura politica intenzionalmente antinobiliare (1309); è con i Vincioli, per Porta S. Pietro, che esordisce l’elenco dei nobili stilato nel Libro rosso del Comune di Perugia, voluto dal governo popolare nel 1333; ulteriori congiure e conseguenti condanne videro protagonisti suoi familiari nel 1352 e uno dei suoi omonimi (Alexander Pelloli de Venciolis) nel 1361.
L’operato di Vincioli come vescovo ha lasciato varie tracce, a dispetto della lacunosa documentazione di ambito locale. Il suo nome compare intanto quale contribuente delle esazioni nelle Rationes decimarum degli anni tra il 1331 e il 1334. Tra il 1328 e il 1331 è menzionato in molteplici missive del pontefice che gli concesse il permesso di contrarre un mutuo di 1000 fiorini, la restituzione di beni della diocesi sottratti dal rettore durante la vacanza della sede e di nominare personalmente i canonici della sua diocesi con l’intento di riformare l’episcopato nocerino. In più occasioni è inserito in commissioni di vescovi e abati con il compito di dirimere cause in altre diocesi, nominare abati o canonici, fungere da conservatore in favore di un altro vescovo. Qualche anno più tardi, Vincioli chiese un consilium (CII) a Bartolo da Sassoferrato – suo amico familiare – in merito alla carcerazione di alcuni nocerini da parte del rettore del Ducato.
Nel 1339, in qualità di vicario del vescovo di Assisi Pastore da Serrascuderio, rimasto in Francia, Vincioli inviò un suo rappresentante a dirimere una vertenza inerente ai beni del capitolo di S. Rufino in Assisi.
Nei primi anni del suo episcopato intervenne più volte nella vita delle comunità religiose della diocesi di Nocera, in specie a Gualdo Tadino: concesse ad Andrea di Paolo di Assisi di fondarvi un monastero cisterciense dedicato al Corpus Christi (1328); approvò l’erezione del monastero di S. Lucia che vi era stato edificato con le offerte di alcune pie persone (salvo poi chiuderlo di lì a pochi anni visto l’esiguo numero di monache sopravvissute alla peste) e di quello di S. Margherita per le clarisse. Il 23 settembre 1330, di nuovo ad Avignone, sottoscrisse insieme ad altri sedici vescovi il privilegio di indulgenza concesso dal pontefice al «monasterio S. Katerine virginis Montis Synai, Fulginat. diocesis» (Foligno, Sezione di Archivio di Stato, Priorale), occupato da una comunità di terziarie soggette all’ordinario diocesano. L’anno seguente (1331) approvò una costituzione del capitolo dei monaci del monastero di S. Maria d’Appennino che limitava per sei anni, a causa delle scarse rendite, le ammissioni di nuovi monaci nel monastero.
Vincioli fu promotore del culto del beato Angelo da Gualdo eremita, morto nel 1324, del cui corpo operò la ricognizione canonica (15 gennaio 1343), con il beneplacito di papa Clemente VI e insieme all’abate di S. Benedetto Ardenguccio Goncelli del Poggio.
La sua attività pastorale ha lasciato traccia anche in un sinodo generale della diocesi nocerina, tenuto a Gualdo Tadino nel 1349, di grande importanza per la storia minoritica: tra le costituzioni emanate, vi è infatti quella dedicata ai fraticelli poi definiti «di obbedienza episcopale» (Sensi, 1985).
Costoro furono espressione della dissidenza francescana che aveva preso vigore in quel periodo nel centro Italia, fortemente avversata dai pontefici, ma protetta dai vescovi della regione. I presuli, per evitare derive ereticali, intesero inquadrare tali gruppi nella disciplina conventuale senza pretendere, a norma delle costituzioni conciliari («Ne nimia religionum diversitas» del Lateranense IV, 1215; «Religionum diversitatem nimiam» del Lionese II, 1274), la professione in alcuna delle regole approvate, ma affiancando loro, su presentazione degli stessi eremiti, un visitatore bene accetto all’ordinario e lasciando un certo grado di autonomia rispetto a regola, abito e vita interna alle comunità. In tali sviluppi, la storiografia ha ravvisato le premesse fondamentali per la nascita dell’Osservanza francescana.
Dal momento della morte, il 3 maggio 1363, lo stesso Vincioli fu oggetto di culto da parte dei fedeli per aver richiesto pubblicamente, negli anni della peste nera, l’intercessione di s. Rinaldo, suo avo e predecessore all’episcopato nocerino, riuscendo a far cessare miracolosamente l’epidemia a Nocera Umbra e a preservarne del tutto Sassoferrato.
I suoi resti, poi inumati nella chiesa di S. Francesco a Sassoferrato, furono pertanto esposti alla venerazione dei fedeli nel giorno della sua festa in entrambe le località. In S. Francesco la sua sepoltura fu collocata nella parete destra dell’abside, sormontata da un’edicola affrescata che lo raffigura seduto in cattedra, nel saio minorita e con un mantello rosso e oro, mentre due angeli gli consegnano mitria e pastorale. Oggi giace in un’urna dorata posta sotto l’altare maggiore, ove fu traslato il 21 settembre 1737, con il permesso del vescovo di Nocera Giovan Battista Chiappè, su interessamento del discendente Giacinto Vincioli di Perugia.
Fonti e Bibl.: Città del Vaticano, Archivio apostolico Vaticano, Reg. Vat. 85, ep. 341 (17 novembre 1327); Assisi, Archivio di S. Rufino, Diplomatico, f. IV, 6; Foligno, Sezione di Archivio di Stato, Priorale, b. 580 A (n. 383, 23 settembre 1330); Perugia, Archivio di San Pietro, CM 224: E. Agostini, Dizionario delle famiglie perugine, cc. 389v-390r; CM 368: C. Alessi, Elogia civium Perusinorum qui patria, rerum, pace ac bello gestarum gloria illustrarunt. Centuria prima, Foligno 1635, pp. 28-30; Nocera Umbra, Archivio vescovile, cart. n. 410, f. I, sinodi diocesani, e cart. n. 525, f. I, 21 settembre 1737 (notaio G. Albertini); Biblioteca Piervissani, ms. P, Legenda del Beato Rinaldo Vescovo di Nocera, cc. 76v-77; Cronaca della città di Perugia dal 1309 al 1491, nota col nome di Diario del Graziani, a cura di A. Fabretti, in Archivio storico italiano, s. 1, XVI, 7 (1850), pp. 104-107; Cronache della città di Perugia edite da Ariodante Fabretti, I (1308-1438), Torino, con i tipi privati dell’editore, 1887, pp. 20 s., 50-52, 73; Libro rosso del comune di Perugia, in Documenti di storia perugina, a cura di A. Fabretti, Torino, con i tipi privati dell’editore, 1887-1892, p. 99; Cronaca di ser Guerriero da Gubbio dall’anno 1350 all’anno 1472, in RIS, XXI, a cura di G. Mazzatinti, Città di Castello 1902, IV, p. 188; Jean XXII (1316-1334). Lettres communes, a cura di G. Mollat, Paris 1904-1946.
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