PEZZA, Vincenzo
PEZZA, Vincenzo. – Nacque a Milano il 24 dicembre 1841 da Luigi e da Angela Finardi.
Il padre, di idee anticlericali, era originario di Casalmaggiore e aveva prestato a lungo servizio in casa di un ricco marchese, garantendosi un’agiatezza sufficiente ad avviare agli studi il figlio.
Pezza frequentò il liceo di Porta Nuova, dove ebbe per compagno di classe Felice Cavallotti. Proprio con Cavallotti, nel febbraio 1860, fu tra i componenti di una deputazione di studenti che presentò a Cavour, in visita ai due licei cittadini, un appassionato indirizzo di adesione alla politica sabauda. In giugno riuscì a unirsi alla spedizione Medici, partita per la Sicilia per assicurare rinforzi ai Mille, combattendo sotto il comando di Giovanni Cadolini. La scelta garibaldina, che ne accelerò il passaggio a posizioni anticavouriane, fu ribadita nel 1866 quando, con molti degli amici milanesi, si arruolò fra i volontari della campagna trentina.
Chiusa la pagina delle guerre risorgimentali, Pezza manifestò la sua passione politica gettandosi nel giornalismo, in una Milano in cui l’editoria e la stampa militante conoscevano un forte sviluppo. Nel 1867 fu tra i maggiori collaboratori del Gazzettino, nato come continuazione di un organo delle corse dei cavalli che, grazie alla direzione di Achille Bizzoni, acquisì notevole vivacità e una spiccata coloritura democratica. Sulla scia delle lacerazioni prodotte dalla crisi di Mentana, che determinarono un dissidio con il proprietario del giornale, all’inizio del 1868 Pezza passò con lo stesso Bizzoni e con Cavallotti, che ne furono i due fondatori, al Gazzettino rosa, pensato come continuazione del foglio precedente.
Sorto fra diversi giovani esponenti della seconda scapigliatura, in cui letteratura e politica si mescolavano sempre più, il periodico esprimeva il patriottismo insoddisfatto di chi aveva vissuto la sua esperienza con Giuseppe Garibaldi e respingeva la soluzione moderata e la parlamentarizzazione della Sinistra militare risorgimentale. I ‘perduti’, come si definivano i suoi animatori facendo propria con tono di sfida un’etichetta affibiata loro in termini spregiativi, si posero con i loro violenti attacchi in totale conflitto con le classi dirigenti, aprendosi al contempo, in redattori come Pezza, a una progressiva attenzione alla problematica sociale. Il loro repubblicanesimo democratico tendeva peraltro a distinguersi dallo spiritualismo romantico della vecchia generazione di patrioti. I successi della scienza e la diffusione del razionalismo, nonché l’influenza di Carlo Cattaneo e della democrazia risorgimentale lombarda, unita al garibaldinismo, ne accentuavano le professioni di ateismo, e anche nel caso di Pezza la questione del materialismo e le tirate antireligiose si traducevano in forme di distacco da elementi cardine del pensiero di Giuseppe Mazzini; ma a conservare in lui un culto ben più saldo di altri esponenti del Gazzettino verso l’antico maestro restava la fascinazione per l’intransigentismo, quell’irriducibile tensione rivoluzionaria destinata a dividerlo da quanti entro il periodico andavano imboccando, a cominciare dall’amico Cavallotti e sulla scia delle battaglie parlamentari di Agostino Bertani, la strada della democrazia radicale.
Fra il 1869 e i primi mesi del 1870 tale divergenza si ampliò, e sul terreno del rapporto con la vita politica e parlamentare si consumò un’esplicita spaccatura fra gli astensionisti (capitanati da Bizzoni e Pezza) e gli assertori delle posizioni elettoraliste, definitivamente certificata nel gennaio del 1871 dalla fondazione da parte di Cavallotti di un proprio giornale. Ancora nell’estate precedente, allo scoppio della guerra franco-prussiana, i vecchi amici del Gazzettino avevano tuttavia avuto modo di animare unitariamente dure manifestazioni di segno antinapoleonico che culminarono in una serie di arresti che colpirono lo stesso Pezza. L’entusiasmo per la proclamazione e la resistenza della Repubblica a Parigi, che vide partire al seguito di Garibaldi anche Bizzoni, si tradusse rapidamente in delusione per l’ennesima involuzione moderata della politica francese. Una delusione ben evidente in Pezza che, con la partenza del suo direttore, divenne sempre più firma di punta del Gazzettino rosa, dietro il consueto pseudonimo di ‘Burbero’; in un articolo del 21 febbraio 1871 attaccava così lo «spettacolo veramente desolante che presenta oggi la povera Francia», e in un altro del 5 marzo la vedeva ormai caduta nelle mani di «falsi democratici», identificati con una sinistra parlamentare ovunque sprezzante degli interessi del popolo. In questo quadro si inseriva pertanto l’immediata presa di posizione da parte del giornale a favore della svolta comunarda, salutata fin dal 22 marzo 1871 come autentica espressione delle «masse popolari».
Gli avvenimenti della Comune segnarono un’ulteriore tappa nel processo di superamento dalle posizioni mazziniane. Un distacco non immediato e risoluto per chi, come Pezza, continuò a perseguire in quei mesi una possibile conciliazione fra quei nuovi entusiasmi e le tesi di Mazzini, al quale ancora in giugno tributava indiscutibili meriti di educatore delle giovani generazioni ai principi repubblicani. Gli attacchi sempre più duri riservati da Mazzini alla Comune, e a suoi presunti legami con l’Internazionale, produssero tuttavia anche in lui un senso di progressivo smarrimento. I tempi per l’approdo dal repubblicanesimo intransigente al socialismo apparivano pertanto maturi, tanto che Bizzoni e lo stesso Pezza iniziarono a presentare sul loro giornale statuti e notizie dell’Internazionale, fino a pubblicare a metà agosto la Risposta di un Internazionale a Giuseppe Mazzini di Michail Aleksandrovič Bakunin. Nel settembre 1871, dopo essere stato fra gli iniziatori della Società operaia di mutuo soccorso morale e di istruzione di Milano, Pezza si adoperò per imprimerle un indirizzo filointernazionalista, nonostante i legami di molti suoi soci con il mutualismo di matrice mazziniana. Dismessi i panni del ‘perduto’, e trasformatosi in un rivoluzionario di professione, dalla metà di ottobre 1871 entrò in contatto diretto con Bakunin. Recatosi a Locarno per incontrarlo, si trovò con lui in completo accordo; ne divenne dunque uno dei maggiori referenti italiani e rivestì immediatamente un ruolo nella diffusione della Circolare agli amici d’Italia stesa da Bakunin per contrastare l’indirizzo di Mazzini ai delegati del congresso dalle società operaie di Roma del 17 novembre 1871, convocato per arginare l’attivismo dell’Internazionale. Di fronte alle resistenze incontrate dalle manovre tese a egemonizzare la Società operaia di mutuo soccorso morale e di istruzione di Milano, alla fine di dicembre vi capeggiò con Vincenzo Testini e il giovane ingegnere tedesco Theodor Cuno, seguace di Friedrich Engels e in collegamento con il Consiglio generale di Londra, una scissione di trentadue soci da cui sorse il Circolo operaio di emancipazione del proletariato che divenne la sezione milanese dell’Internazionale. Dal 4 febbraio 1872 il sodalizio pubblicò un proprio foglio diretto da Pezza e ribattezzato Il Martello che, malgrado le sfumature presenti nel gruppo milanese, manifestò un chiaro orientamento bakuniano. Anche in Italia stavano emergendo del resto le tensioni esplose in seno all’Internazionale fra i sostenitori di Bakunin e i socialisti fedeli al Consiglio generale.
In un perentorio editoriale del 20 novembre 1871 Pezza aveva asserito non a caso che «la Internazionale non ha e non deve avere capi», e il 29 dicembre il Gazzettino rosa aveva riprodotto la circolare di Sonvillier, preceduta da una lettera di adesione alle posizioni antiautoritarie della federazione del Giura.
Il sequestro da parte del fisco degli ultimi tre numeri del Martello gli costò, nel maggio del 1872, una condanna a cinque mesi di reclusione. Scarcerato anticipatamente alla fine di luglio non riuscì a intervenire a Rimini al primo congresso delle sezioni italiane dell’Internazionale, alle cui risoluzioni fece comunque pervenire l’approvazione della sezione milanese. Il 18 agosto, pur sofferente per la tisi contratta in carcere, insieme a Carlo Cafiero riuscì, invece, a portare i saluti del congresso riminese al convegno dalla Federazione del Giura a La Chaux de Fonds, durante il quale fu discussa la strategia da tenere nell’imminente congresso dell’Aja. Sempre più indebolito, decise di fermarsi in Svizzera, presso Bakunin, contribuendo ai preparativi del congresso di Saint Imier del 15 settembre proposto dalla Federazione italiana per dar vita a un’Internazionale antiautoritaria, alla quale non riuscì a prendere parte per il peggiorare della malattia.
Dopo un consulto medico, il 23 settembre 1872 potè far ritorno nella città natale, ma in ottobre, per ragioni di salute, decise di proseguire la sua attività politica da Napoli, tradizionale centro dell’internazionalismo, dove morì l’8 gennaio 1873.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Ministero della Guerra, Esercito Italia meridionale, m. 27, reg. 157; Archivio di Stato di Milano, Questura, Stampa, cart. 21, f. 34; Archivio di Stato di Napoli, Prefettura, Sezione amministrativa, Carte riservate, f. 2; Gabinetto della Prefettura, f. 108. Fra i necrologi della stampa internazionalista si veda per completezza quello del Gazzettino Rosa pubblicato a puntate il 12, 14 e 25 gennaio 1873.
J. Guillaume, L’Internationale: documents et souvenirs (1864-1878), II, Paris 1907; III, Paris 1909, ad indices; N. Rosselli, Mazzini e Bakunin. Dodici anni di movimento operaio in Italia (1860-1872), Torino 1927, ad ind.; M. Nettlau, Bakunin e l’Internazionale in Italia dal 1864 al 1872, Ginevra 1928, ad ind.; L. Valiani, Storia del movimento socialista, I, Firenze 1951, ad ind.; I periodici di Milano. Bibliografia e storia, I, Milano 1956, pp. 44-46; R. Hostetter, Le origini del socialismo italiano, Milano 1963, ad ind.; A. Romano, Storia del movimento socialista in Italia, I-III, Bari 1966-67, ad ind.; A. Galante Garrone, Felice Cavallotti, Torino 1976, ad ind.; M. Toda, Errico Malatesta da Mazzini a Bakunin, Napoli 1988, pp. 85-95; N. Pernicone, Italian anarchism, 1864-1892, Princeton 1993, pp. 42, 45 s., 58; E. Gianni, L’Internazionale italiana fra libertari ed evoluzionisti, Milano 2008, pp. 383 s.