MIGLIARO, Vincenzo
– Figlio di Raffaele e di Caterina Ramaglia, nacque a Napoli l’8 ott. 1858, nel rione S. Ferdinando, nei quartieri spagnoli.
Il padre, proprietario di una vineria e di una sala da biliardo, a dieci anni lo iscrisse alla scuola serale Società centrale operaia napoletana all’Egiziaca a Pizzofalcone, dove seguì i corsi di intaglio e intarsio del cammeo.
Dotato di talento artistico, a quindici anni entrò nello studio dello scultore S. Lista e due anni dopo si iscrisse all’istituto di belle arti di Napoli, poi accademia, dove seguì i corsi di F. Maldarelli e quelli di scultura con R. Postiglione; passato alla pittura divenne allievo di D. Morelli.
Al compagno di accademia G. Esposito si deve un bel ritratto giovanile del M., eseguito nel 1876 (già collezione G. Casciaro, ora collezione Banco di Napoli, in deposito al Museo di Capodimonte).
Nel 1877 partecipò al concorso nazionale di tutte le accademie di belle arti, indetto dal ministero della Pubblica Istruzione, e si classificò al secondo posto con una Testa di donna (Napoli, Galleria dell’Accademia di belle arti, in deposito alla Pinacoteca di Capodimonte).
Le prove giovanili del M. riflettono un attento studio della grande pittura del passato, soprattutto della scuola napoletana seicentesca, anche se per la sua formazione artistica furono importanti soprattutto le lezioni di Morelli. Attento alla saldezza plastica delle figure, fu da subito interessato a evidenziare il dato realistico e quello psicologico. I volti emergono generalmente da un fondo scuro, caratterizzati da alcuni particolari realistici, come avviene in M. Cammarano. Nei primi piani le teste hanno una forte plasticità e la pittura è stesa con pennellate corpose e regolari. I toni per lo più saturi e i colori scuri e caldi contribuiscono a un effetto di sicuro risalto volumetrico; si ricordano tra gli altri i ritratti di P.E. Imbriani e quello del Duca di San Donato Gennaro Sambiase di Sanseverino della Pinacoteca della Provincia di Napoli.
Il premio del 1877 consentì al M. di recarsi per un breve soggiorno a Parigi, dove incontrò G. De Nittis, G. Boldini e V. Gemito che gli donò un suo disegno (Schettini, p. 36).
Tornato a Napoli dopo una sosta a Milano e una a Venezia, favorito dalla stima di Morelli iniziò a partecipare con assiduità alle esposizioni italiane ed europee dal 1880, anno in cui presentò alla IV Esposizione nazionale di belle arti di Torino un Tipo napoletano acquistato dal pittore E. Detti. Dal 1880 iniziò a esporre anche alla Promotrice Salvator Rosa di Napoli e nel 1883 partecipò alla I Esposizione d’arte italiana spagnola con Gallo e all’Esposizione di belle arti di Roma con una Testina e un’Ave Maria. Si tratta di uno dei pochi temi sacri trattati dal M. insieme con La preghiera (1888), una Testa di Cristo, esposta alla I Mostra di arte sacra del 1930 a Napoli, e Cristo davanti a Erode, esposto dopo la morte del M. alla Mostra internazionale di arte sacra a Roma per l’anno santo del 1950. Nella carriera del M. furono particolarmente significative le rassegne dal 1884 al 1890, che lo resero noto a un pubblico sempre più vasto.
All’Esposizione generale italiana di Torino del 1884 si presentò con ‘A piazza francese (Napoli, collezione S. Paolo-Banco di Napoli; della stessa collezione fanno parte Taverna a Posillipo del 1886 e Strada di Napoli in prestito al Museo di Villa Pignatelli di Napoli). ‘A piazza francese testimonia la novità tematica proposta dal M. per la veduta urbana. Con un taglio diagonale della composizione egli avvicina il più possibile allo spettatore una verità urbana fatta di stretti vicoli, venditori ambulanti, chioschi e una popolana ritratta con naturalezza nella realtà quotidiana. Accurato nel disegno, il tocco denso dei colori è risolto con tratti brevi, a macchia sovrapposta, che costruiscono le figure, gli oggetti come i più piccoli dettagli. Novità interpretative sono anche nel Palazzo Donn’Anna (presentato alla Promotrice di Napoli del 1884), dove il M. crea un nuovo rapporto tra il palazzo, il mare e il piccolo pescatore: nessun riduttivo sentimentalismo, ma uno sguardo vero, lucido e partecipe. Intenso è il legame tra il mare, Napoli e la Giovane donna sugli scogli eseguita in questi anni (Napoli, collezione privata; Pavone, 1987, p. 129). Alla Promotrice del 1886 espose le piccole opere Taverna a Posillipo e una Porta nel palazzo Donn’Anna a Posillipo (Netti, p. 275).
Notevole successo ebbero il ritratto di Carmen, cugina del M., presentato alla Promotrice di Napoli del 1885 (Napoli, Museo nazionale di Capodimonte, dove sono anche: S. Biagio dei librai, del 1928, Trattoria all’aperto, Paesaggio di Capri con donna e bambino, Popolana, Mezza figura di giovinetta) e il ritratto di Fulvia (collezione S. Paolo-Banco di Napoli, in prestito al Museo Villa Pignatelli di Napoli), esposto alla Biennale di Venezia del 1887. Le sue opere di figura vennero apprezzate per la forza del colore, per la consistenza plastica e per una grande capacità di resa realistica dei tipi napoletani femminili.
Il tema del ritratto femminile restò centrale nella produzione del M. e le sue modelle preferite furono le sorelle Adalgisa e Clementina, la cugina Carmen, la cameriera Anna Scognamiglio, detta Nannina, che diventerà sua moglie nel 1911, le nipoti Margherita e Lucia, tutte sempre sorprese in atteggiamenti spontanei dai quali traspaiono una innata dignità e femminilità. Molti dei ritratti del M. traducono in pittura le immagini poetiche di Salvatore Di Giacomo dove l’universo femminile, dall’aggressiva e sfacciata bellezza delle popolane al pudore di giovani donne o alla miseria morale di altre, è indagato con forte realismo e umanità; si ricordano tra gli altri Donna in nero, numerosi ritratti di Adalgisa, La toletta della prostituta, Donna che cuce, Luciana (Schettini). Nei nudi, o nelle figure languidamente distese come in Controra (1911), il M. trasse ispirazione dalle opere di Morelli e di A. Mancini per creare una certa intima sensualità; un gusto orientalista e suggestioni esotiche con virtuosismi di colore alla M. Fortuny compaiono in Donna esotica, La giapponese, L’odalisca, che furono esposte alle mostre coloniali di Napoli e Roma del 1934-35.
Malgrado la discreta capacità del M. di rielaborare criticamente le molteplici tendenze artistiche in atto a Napoli: da Morelli, Mancini, F.P. Michetti alla lezione degli impressionisti e dei macchiaioli (F. Palizzi, De Nittis), il suo limite fu forse quello di restare troppo legato alla «memoria» visiva della sua Napoli, utilizzando modelli compositivi ripetitivi. Con Di Giacomo e M. Costa frequentava il cenacolo artistico e letterario della birreria Strasburgo, dove giocava a biliardo con C. Pascarella; amico di G. Casciaro frequentava la sua villa-museo al Vomero, incontrando i più importanti esponenti della cultura, della politica e della nobiltà napoletana: E. Scarfoglio e L. Bovio, V. Pica, F. Russo e V. Morello. Nel 1887 realizzò un’opera particolarmente importante: Vico Grotta e vico Forno a S. Lucia che gli procurò, grazie al giudizio favorevole di Morelli e di A. Avena, una prestigiosa committenza da parte del ministero della Pubblica Istruzione: sei tele, destinate al Museo di S. Martino, tuttora in loco insieme con Un mercato di notte a Napoli, Sirene al chiaro di luna, Luciana.
Consigliato nella scelta dei soggetti da Morelli, le tele ritraggono i luoghi più caratteristici di Napoli: S. Lucia (1888), Strada Pendino (1888), La strettola degli orefici (1889), Piazza Francese (1889), Strada di Porto (1893), Castelnuovo (1899), Vico Cannucce (presentato alla Biennale di Venezia del 1901, venne acquistato dal Museo nazionale di S. Martino nel 1903). I dipinti confermano la maturità artistica raggiunta dal M.; la suggestiva baia di S. Lucia, per esempio, è ripresa con un originale taglio prospettico che amplifica al massimo il ruolo del mare mentre una minuzia del disegno documenta le povere case. Il vero oggettivo di Piazza Francese si scopre lentamente grazie a una luce chiara e diffusa come negli acquerelli di E. Roesler Franz. In Vico Cannucce prevale un’atmosfera densa, fatta di tocchi di colori caldi e intensi con pochi bagliori bianchi, il gusto del ricordo crea una visione sentimentale, emozionata, poetica e teatrale.
Dall’ultimo decennio dell’Ottocento molte sue opere, quasi sempre di piccole dimensioni, presentano temi sociali o quadri d’ambiente popolare come Tatuaggio della camorra esposto alla Promotrice di Napoli nel 1890 (Napoli, Pinacoteca della Provincia) e Via degli Orefici che gli fece meritare la medaglia d’argento all’Esposizione universale di St. Louis del 1904.
Nel 1890 si iscrisse al Circolo politecnico di Napoli, già Società degli artisti, e nella sala delle riunioni, detta «la farmacia», il M., con gli amici pittori G. De Sanctis, V. Volpe e V. Caprile, realizzò una caricatura del Trionfo di Mario di S. Altamura, sostituendo ai volti dei personaggi storici quelli dei più assidui frequentatori del circolo. Negli stessi anni partecipò alla decorazione del nuovo caffè Gambrinus di Napoli, dove scolpì due cariatidi e realizzò a pastello una popolana tra rami di limone; nel rinnovato palazzo della Borsa di Napoli, inaugurato nel 1899, affrescò le allegorie della Fortuna e della Meccanica nel salone delle contrattazioni riproponendo in chiave liberty la tradizione napoletana dei fastosi cicli decorativi; ideò manifesti come quello per la Mostra di ricordi storici del Risorgimento nel Napoletano del 1911, di gusto simbolista (Picone Petrusa, 1988). Nei primi decenni del Novecento continuò a esporre nelle più importanti rassegne italiane e straniere con i temi consueti.
Particolare è il sentimento che anima alcune sue vedute urbane di Napoli per gli impressionistici toni grigi, la fusione atmosferica e la dissolvenza dei colori con bianchi improvvisi per esaltare la luce, che sembrano esprimere i riflessi più intimi, come Sera d’inverno, che sarà presentato alla Biennale di Venezia del 1932, Suonatore sotto la neve e Vetturino all’alba (retrospettiva della Biennale di Venezia nel 1940). Molto interessante e innovativo è un raffinato Plenilunio su vetro dove il M. esalta le trasparenze con pennellate rapide e sinuose dai colori freddi, creando notevoli effetti atmosferici notturni e vibrazioni luminose (Napoli, collezione privata).
Nel 1911 all’Esposizione internazionale di Roma presentò La marina delle Sirene (Napoli, Museo di S. Martino) e nello stesso anno ottenne la medaglia d’argento con la Veduta di piazza S. Marco alla VI Esposizione internazionale d’arte di Barcellona. Alla Biennale di Venezia del 1922 inviò un Ritratto di donna dinanzi allo specchio che fu acquistato dallo Stato (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna) in cui si dimostra ancora una volta attento nel cogliere la naturale sensualità femminile. Nel 1927 espose alla galleria Pesaro di Milano insieme con Gemito e Caprile; alla mostra, organizzata dall’amico Di Giacomo, furono presentate le opere più significative del M., per illustrare soprattutto la «cronaca palpitante» di Napoli. Fu presente alla Quadriennale di Torino del 1927 e alla Biennale di Venezia del 1928. Un’ampia rassegna di opere del M. inoltre fu inclusa nel 1935 alla VI Esposizione d’arte del Sindacato interprovinciale di Napoli, tra cui si ricordano Primavera napoletana, Veglione, Tatuaggio, La fumatrice.
Il M. morì a Napoli il 16 marzo 1938.
Pochi giorni dopo, per l’interessamento di Schettini e di F. Dell’Erba, fu allestita una sala con sue opere alla Mostra di tre secoli della pittura napoletana, dalla quale in un primo momento era stato escluso: la rassegna si aprì il 3 aprile con un discorso commemorativo sul Migliaro. L’ampia retrospettiva del M. alla Biennale di Venezia del 1940 fu curata da V. Ciardo.
Fonti e Bibl.: Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio bioiconografico; A. De Gubernatis, Diz. degli artisti viventi, Firenze 1889, p. 301; B. De Luca, La XXX Esposizione della Promotrice napoletana, Teramo 1896, p. 17; E. Giannelli, Artisti napoletani viventi, Napoli 1916, pp. 330-334; V. Pica, Artisti contemporanei: V. M., in Emporium, XLIII (1916), pp. 163-183; S. Di Giacomo, Mostra individuale della scultura di Vincenzo Gemito e dei pittori Vincenzo Caprile e V. M., Milano 1927, ad ind.; A. Schettini, V. M., Napoli 1949; M. Limoncelli, Napoli nella pittura dell’Ottocento, Milano-Napoli 1952, pp. 234-249; B. Molajoli, Opere d’arte del Banco di Napoli, Napoli 1953, ad ind.; F. De Filippis, Ottocento napoletano. Il Gambrinus e la sua epoca, Napoli 1954, pp. 11 s., 31, 44; L. Autiello, La pittura napoletana del secondo Ottocento (catal.), Napoli 1958, ad ind.; A. Caputi - R. Causa - R. Mormone, La Galleria dell’Accademia di belle arti in Napoli, Napoli 1971, ad ind.; F. Netti, Scritti critici, a cura di L. Galante, Roma 1980, pp. 274 s., 286; M.A. Fusco, in L’immagine di Capri. Certosa di S. Giacomo (catal.), Napoli 1981, schede 49, 52; P. Ricci, Arte e artisti a Napoli (1800-1943), Napoli 1981, ad ind.; M. Picone Petrusa, in Immagini e città. Napoli nelle collezioni Alinari e nei fotografi napoletani fra Ottocento e Novecento, Napoli 1981, ad ind.; R. Causa, in Catal. Bolaffi dell’arte italiana dell’Ottocento, XIII, Milano 1984, pp. 100-106; Il patrimonio artistico del Banco di Napoli, a cura di N. Spinosa, Napoli 1984, pp. 324-328; M.A. Pavone, Napoli scomparsa nei dipinti di fine Ottocento, Roma 1987, ad ind.; M. Picone Petrusa, I Manifesti Mele. Immagini aristocratiche della «belle époque» …, Milano-Roma 1988, ad ind.; Capolavori dalle collezioni d’arte del Banco di Napoli (catal.), a cura di N. Spinosa, Napoli 1989, pp. 21, 153, 199; G. Sansone, in Ottocento: catal. dell’arte italiana dell’Ottocento, XVIII, Milano 1989, pp. 118-120; L. Martorelli, Cenni sulle collezioni dell’Ottocento al Museo di S. Martino, in L’Ottocento negato: dipinti e sculture dalle raccolte napoletane di Capodimonte, S. Martino e dell’Accademia di belle arti (catal.), Napoli 1991, ad ind.; Id., in La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano 1991, p. 516, tav. 747; M.A. Fusco, in La pittura in Italia. Il Novecento, I, 1, Milano 1992, ad ind.; G. Cassese, ibid., II, ibid. 1992, pp. 974 s.; Quaderni di Capodimonte, IX, A. Tecce, Il teatro della memoria: la scena urbana nella prima pittura di M., in Il ventre di Napoli: la città di M. tra degrado e risanamento, Napoli 1992, ad ind.; M. Picone Petrusa, Le arti figurative. Il Circolo artistico e le arti a Napoli fra Ottocento e Novecento, in Napoli lungo un secolo, studi raccolti in occasione del centenario del Circolo artistico Politecnico, a cura di F. Tessitore, Milano-Napoli 1992, pp. 248, 266, 277, 292; F.C. Greco - M. Picone Petrusa - I. Valente, La pittura napoletana dell’Ottocento, Napoli 1993, ad ind.; R. Viscardi, ibid., p. 145; I. Valente, in La scena illustrata. Arte, teatro e città a Napoli nell’Ottocento, a cura di F.C. Greco, Napoli 1995, pp. 400-402; Civiltà dell’Ottocento. Le arti figurative (catal.), Napoli 1997, pp. 13, 95; L’Ottocento napoletano nelle collezioni private, a cura di R. Caputo, testi di A. Schettini, pp. 111-114; R. Caputo, V. M., Napoli 2001; D. Di Giacomo, V. M. (1858-1938): il pittore di Napoli, Pescara 2006; E. Di Majo - M. Lafranconi, Galleria nazionale d’arte moderna (Roma). Le collezioni. Il XIX secolo, Milano 2006, pp. 408, 430; Salvatore Di Giacomo settant’anni dopo. Atti del Convegno … 2005, a cura di E. Candela - A.R. Pupino, Napoli 2007, pp. 55, 95, 108, 211 s., 288, 522; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 545; The Dictionary of art, XXI, p. 495.
L. Possanzini