JERACE, Vincenzo
Nacque a Polistena (presso Reggio Calabria) il 5 apr. 1862, settimo degli otto figli di Fortunato e Mariarosa Morani.
Dopo un breve apprendistato come falegname, lo J. lasciò la Calabria e raggiunse a Napoli il fratello maggiore Francesco, del quale frequentò lo studio, oltre ai corsi delle materie scientifiche all'Accademia di belle arti.
Specializzatosi nel genere animalista, lo J. dedicò le prime realizzazioni plastiche a soggetti come Gruppo di conigli, con cui esordì all'Esposizione nazionale di Napoli del 1877 (per la collocazione delle opere dello J. e per un elenco completo di esse si veda la monografia di De Grada). In questa fase lo J. strinse un sodalizio artistico con il fratello Francesco, con il quale partecipò all'Esposizione nazionale di Torino del 1880, dove fu apprezzato per la grazia e la poesia delle sue piccole statue: Asinello con coniglio (una versione è a Roma, Quirinale), Testa di somaro e un Maialino. All'Esposizione nazionale di Milano dell'anno seguente lo J. presentò i bronzi Ariete, Somarello, Vaso cache-cache e Noli me tangere (Giannelli, p. 621). Nel 1883 dimostrò di sapersi misurare con la dimensione monumentale, quando all'Esposizione internazionale di Roma presentò il gesso Aspromonte, un immenso leone ferito, allegoria del ferimento di Giuseppe Garibaldi in Calabria a opera delle truppe regie (L'Illustrazione italiana, 1883, 1° aprile, p. 198; 13 maggio, p. 299).
Le cronache del tempo registrarono l'impatto causato dalla scultura: "Il leone […] solleva il muso in atto così fiero da far venire la pelle d'oca" (Bellinzoni). L'ex garibaldino R. De Zerbi arrivò a proporre una sottoscrizione pubblica perché il gesso venisse tradotto in granito e posto sul monte Sant'Elia a Palmi: il progetto non fu realizzato, e il leone andò perduto.
Nei primi anni Ottanta, l'interesse dello J. per la fauna e la flora marine, osservate all'Acquario di Napoli, si concretizzò in numerosi studi di "radiolarie", forme marine che verranno in seguito applicate alla creazione di oggetti, vasi e lampade, offrendo un esito liberty alle sue creazioni (De Grada, pp. 22-34). All'inizio degli anni Ottanta risale anche il primo lavoro di decorazione per l'architettura: il villino del fratello Gaetano, per il quale lo J. plasmò le figurine dei balconi e un fregio con motivi astronomici.
Esempio dell'influenza liberty nell'arte dello J. è l'eccentrico camino Decus Pelagi (Norfolk, collezione privata): il decoro del mare, ispirato a un poemetto del conterraneo D. Vetrioli e ammirato per la straordinaria fantasia e l'ardita e prorompente combinazione di elementi umani e marini.
Acquistato da G. Caravita principe di Sirignano, il camino in marmo e travertino fu esposto più volte: a Brera nel 1886, a Venezia nel 1887, a Londra nel 1888 e alla Promotrice napoletana nel 1890 e, in seguito, venduto all'asta. Il principe commissionò allo J. anche due altorilievi, Flora e Fauna, da porre sopra lo scalone del nuovo palazzo Sirignano, oltre al vaso, ispirato alle radiolarie, sistemato alla base della rampa. In tutte queste opere il dato naturalistico cede il passo a un'interpretazione simbolica e decorativa delle forme.
Nel 1887 La maialina in bronzo riscosse un buon successo all'Esposizione nazionale di Venezia, fatto che indusse lo J. a riprodurla più volte. Nel 1888, in occasione dell'Esposizione italiana di Londra - dove lo J. presentò oltre al camino altri quattro bronzi con animali - lo scultore approfondì la conoscenza dell'arte preraffaellita e di pittori quali F. Leighton e L. Alma-Tadema. Nello stesso periodo lo J. ricevette l'incarico di decorare il salone della villa di B. Ruffo di Guardialombarda con un fregio ispirato a Gli amori degli angioli di Th. Moore, poema all'epoca di gran moda. Il lavoro venne preceduto da un'ampia serie di sanguigne, in cui i volti femminili riprendono l'idea stilnovista della donna perseguita dai preraffaelliti (De Grada, p. 36).
Tornato in Calabria, nel 1889, lo J. firmò con il fratello Francesco il monumento a F. Fiorentino per la villa Trieste a Catanzaro, in cui il ritratto del filosofo calabrese è posto su un alto basamento piramidale con una sfinge di derivazione liberty.
Nel 1890 J. si recò a Trento, per partecipare al concorso per il monumento a Dante; qui conobbe il conte G. Pompeati, del quale sposò la figlia Luisa. A questo periodo risalgono diversi ritratti dei parenti della moglie, fra cui il busto in terracotta di L. Pompeati alla finestra di Oltrecastello (1891).
Nel 1894 lo J. partecipò all'Esposizione universale di Anversa con quattordici opere fra cui un vaso in marmo e uno in argento (Radiolarie), sanguigne tratte da Gli amori degli angioli, Aurora, Lea e Beatrix e il bronzo L'amico.
Alla I Biennale di Venezia nel 1895 lo J. inviò La maialina, Il tacchino e altri lavori; mentre all'Esposizione di Barcellona nel 1896, il vaso in marmo Radiolaria ricevette una menzione onorifica.
Allo scadere del secolo lo J. si trasferì a Roma, dove nel 1905 realizzò il monumento funebre della famiglia Cirenei nel cimitero del Verano. Intanto, nel 1902, era stato premiato alla LXXII Mostra della Società amatori e cultori per il bronzo La lonza (Roma, Quirinale), noto anche con il titolo Tigre in agguato. Dell'opera esisteva una replica in argento, di proprietà della regina Margherita, che fu presentata all'Esposizione di Bruxelles del 1897 (De Grada, p. 88; Il patrimonio artistico, p. 243).
Lo J. tuttavia mantenne saldi i rapporti con Napoli e la natia Calabria. Nel 1907, per il santuario di Polsi in Aspromonte, eseguì la balaustra monumentale in marmo e bronzo, una portella e un bassorilievo in bronzo con la Crocifissione. Nel 1912 inviò alla I Mostra di arte calabrese, curata da A. Frangipane, due sanguigne e uno studio di donna; e per Gerace concepì il Monumento ai cinque martiri calabresi, i garibaldini fucilati nel 1847. Al musicista calabrese N. Manfroce dedicò nel 1912 un busto in terracotta. Nell'ambito dell'arte celebrativa, lo J. diede il suo contributo con la statua del poeta G.D. Peri ad Arcidosso (1911) e con il ricordo dei caduti della prima guerra mondiale eternato nei monumenti di Bevagna (1925), di Nicastro, di Montemiletto e di Rossano in Calabria (1930).
La poliedricità dell'artista si espresse intorno al 1915 con il progetto della villa Peirce a Napoli e della villa Imparato a Castellammare di Stabia, delle quali curò tutti gli aspetti, da quello architettonico alla decorazione degli interni, fino all'arredo dei giardini.
Lo J. fu sempre presente alle biennali calabresi a partire dalla prima edizione del 1920. Alla IV Biennale del 1926 presentò tra l'altro il bronzo L'ala della Vittoria: B. Mussolini.
Lo J. morì a Roma il 22 maggio 1947.
Gaetano, fratello di Francesco e dello J., nacque a Polistena il 5 sett. 1860. Trasferitosi a Napoli al seguito del fratello maggiore Francesco, seguì i corsi di pittura all'Accademia di belle arti con E. Lojacono e F. Palizzi. L'adesione alla maniera di Palizzi, all'uso della macchia e del chiaroscuro contrastato, diventerà uno dei tratti essenziali dell'arte di Gaetano che, a differenza dei fratelli scultori, si dedicò alla pittura di paesaggio, prediligendo dapprima scorci cittadini e poi marine e scenari del golfo napoletano (I. Valente, in Greco - Picone Petrusa - Valente, p. 134).
Esordì con le sue vedute partenopee nel 1883, prima alla Promotrice di Napoli, con il dipinto A Capri - esposto in seguito all'Esposizione universale di Anversa del 1894 - poi all'Esposizione di belle arti di Roma, dove presentò sei studi, fra cui L'isola di Capri (Roma, Montecitorio) che fu apprezzato per i rapidi e contrastati effetti luminosi (I. Valente, in Greco - Picone Petrusa - Valente, p. 134).
Nel 1886, Gaetano presentò Un vico di Napoli all'Esposizione di Brera; mentre alla Mostra nazionale di belle arti di Bologna del 1888 inviò tre vedute, una di Portici e due di Sorrento, in cui l'uso della pennellata ampia e luminosa echeggia le esperienze di G. Gigante.
Di nuovo alla Promotrice napoletana del 1891 Gaetano espose Un mattino; mentre all'edizione del 1897 presentò Ricordo di Napoli e a quella del 1911 Tre paesaggi. Infine nella rassegna del 1916-17 fu la volta di Piccola marinadi Vico e Dulcis umbra.
Gaetano, come i fratelli, rimase legato alla terra di origine e partecipò alle iniziative promosse da A. Frangipane, a cominciare dalla I Mostra di arte calabrese del 1912, dove presentò il dipinto a olio Panorama di Polistena dopo il terremoto.
Alla I Biennale di Reggio Calabria del 1920 Gaetano propose un Paesaggio di Polistena, Il castellodi Baia e La casa di Rosa; mentre alla II Biennale del 1922 inviò quattro paesaggi partenopei: altri furono esposti nelle edizioni del 1924, del 1926, del 1931 e del 1951.
Gaetano morì a Napoli il 7 marzo 1940.
Fonti e Bibl.: L. Chirtani, Esposizione nazionale di Torino. La scultura, in L'Illustrazione italiana, 12 sett. 1880, p. 171; F. Fontana, Scalpelli e pennelli. IV Esposizione nazionale di belle arti. Rifiutati-assenti, Torino 1880, pp. 32, 60 s.; L. Bellinzoni, Guida critica della Esposizione artistica internazionale di Roma, 1883, Roma 1883, p. 124; F. Fontana, Pennelli e scalpelli. Esposizione internazionale di belle arti (Roma 1883), Milano 1883, p. 191; N. Lazzaro, L'Esposizione artistica di Roma 1883. Impressioni, Palermo 1883, pp. 35 (per Gaetano), 83; L. Chirtani, La scultura all'Esposizione di Venezia, in L'Illustrazione italiana, 24 luglio 1887, p. 68; Camino di V. J., ibid., 28 ag. 1887, p. 145; A. De Gubernatis, Diz. degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, pp. 246 s.; M.A. Pincitore, Nello studio dei fratelli Jerace, in Natura e arte, 15 apr. 1893, pp. 933-941; L. Callari, Storia dell'arte contemporanea italiana, Roma 1909, pp. 62 s., 386; La prima Mostra di arte calabrese (catal., Catanzaro), Bergamo 1913, p. 76 (per Gaetano); E. Giannelli, Artisti napoletani viventi, Napoli 1916, pp. 288 s. (per Gaetano), 619-625; R. De Grada, Radiolarie. Vita e opera di V. J., Milano 1983; N. Sinopoli, Statua di s. Giuseppe in via della Giuliana in Roma e V. J., in Calabria letteraria, 1990, nn. 1-3, pp. 77-79; F.C. Greco - M. Picone Petrusa - I. Valente, La pittura napoletana dell'Ottocento, Napoli 1993, pp. 134 s. (con bibl.); E. Corda, Dall'Aspromonte all'Ortobene: le molteplici attività artistiche di V. J., Nuoro 1993; Il patrimonio artistico del Quirinale. La quadreria e le sculture, a cura di A.M. Damigella - B. Mantura - M. Quesada, I, Roma 1991, p. 243; V. Cataldo, Lo scultore V. J. e il monumento ai cinque martiri di Gerace, Gerace 2001; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XVIII, p. 526.