COMI, Vincenzo
Nato a Torano Nuovo (nella, provincia di Teramo) il 3 novembre del 1765 da Alessio e da Rosaria Cascioli, la sua formazione, avvenuta a Teramo, risentì del clima culturale indotto nella provincia dai Delfico e dalla "scuola fisica" di B. Quartapelle. All'università di Napoli, dove si iscrisse nel 1785, frequentò professori quali G. Vairo, G. Vivenzio, S. Ronchi e D. Cotugno, che ne illustravano la facoltà di medicina e chimica. Laureatosi attorno al 1788, nel '90 era professore di medicina. Si era andato specializzando in fisica e chimica, legandosi ai grandi naturalisti che in quegli anni compivano viaggi e osservazioni scientifiche nel Regno meridionale: L. Spallanzani dell'università di Pavia, il fisico J.G. Thouvenel ispettore generale delle miniere di Francia, il naturalista E.A. Zimmermann di Brunswick, A. Fortis dell'università di Padova che fu forse il maggior naturalista italiano del tempo, il meridionale M. Torcia.
Nel novembre del 1788 il C.accompagnava in una esplorazione del Vesuvio lo Spallanzani, che ne riferì nei suoi Viaggi alle DueSicilie ed in alcune parti dell'Appennino (I, Pavia 1792, p. 25).Nell'ottobre 1790 compiva con il Fortis, il Thouvenel e lo Zimmermann una visita alla "magnifica ed antichissima" mofeta di Molfetta, esplorata dall'abate Fortis già dieci anni prima. Dalla visita trarrà le Riflessioni sulla nitriera minerale del Pulo di Molfetta seguite dall'analisichimica della pietra nitrificante per servire disupplemento al viaggio sul medesimo oggettodel sig. Zimmermann... . Lettera di V. Comi alchiar.mo sig. D. Melchiorre Delfico (in Commercio scientifico, novembre-dicembre 1792, pp. 183-208).Degli stessi mesi era anche l'esplorazione, parimenti compiuta con il Thouvenel, di cui il C. lasciava descrizione nella Memoria sull'acqua minerale di Salernoesuoi circondari (Napoli 1790), dedicata al protomedico Vivenzio. Già in queste prime prove l'attenzione era rivolta alle potenziali applicazioni pratiche e economiche delle scoperte della nuova fisica e chimica che il C. appassionatamente professava. Tornerà a trattare di un altro interessante aspetto della esperienza compiuta con il Thouvenel in uno scritto intitolato La vera bacchettadivinatoria, ossia il mineroscopo thouvenellianodifeso: memoria istorico-epistolare del Prof. V. Comi diretta al sig.r duca Riario (in Commercio scientifico, marzo-aprile 1792, pp. 168-213).
Rientrato in Teramo sul finire del 1790, nei mesi stessi in cui il Quartapelle e O. Delfico tornavano dal biennale soggiorno di studio alla università dì Pavia - l'università di A. Volta, L. Mascheroni, dello Spallanzani, di G. Presciani e di A. De Giorgi Bertola - riportandone a Teramo un tesoro di esperienze e di apparecchiature scientifiche che costituiranno l'attrezzatura di un moderno "gabinetto" per la scuola del Quartapelle, il C. aveva già fama di eccellente chimico e naturalista se M. Delfico lo aveva proposto come professore di chimica e storia naturale in una istituenda "piccola università di Studi in Teramo", (1788) e lo aveva indicato come "molto istruito nelle cognizioni della fisica moderna, e specialmente nella chimica e storia naturale, su le quali scienze ha fatto delle pubbliche accademie con molta lode" (cit. in V. Clemente, p. 289).
Con l'abate Quartapelle, coi fratelli Melchiorre, Gian Filippo, Giamberardino e con Orazio Delfico ed altri partecipò alle escursioni scientifiche sul Gran Sasso dell'autunno 1791, e ad altre successive, tra le quali più importante quella dell'agosto 1794. I risultati di queste esplorazioni, di carattere altimetrico, mineralogico (con scoperta di filoni di carbon fossile) e ricognitivo del patrimonio forestale e botanico, in una zona ancora assai malnota della provincia, restano consegnati in parte nella importante Memoria per la conservazione e riproduzione dei boschi nella provincia di Teramo di G. F. Delfico (in Commercio scientifico, novembre-dicembre 1792, pp. 661-689), in parte nelle Osservazioni su di una piccola parte degli Appennini di O. Delfico stampate per la prima volta a Milano nel 1796.
Gli anni '70 avevano visto nella. provincia il risveglio intellettuale legato alla "illuminazione" di M. Delfico e del Quartapelle e la formazione di un gruppo laico e municipalista, il cosiddetto "circolo Delfico". Gli anni '80 avevano ricevuto un'impronta dall'impulso impresso da M. Delfico con le sue analisi sulla condizione provinciale, e con la corrispondente attività riformatrice attraverso le sue Memorie, dirette al Consiglio delle finanze ed intese ad ottenere sostanziali riforme del regime economico: dalla coltivazione del riso sui territori allodiali degli Acquaviva di Atri ammontanti alla metà più fertile del territorio provinciale, all'abolizione dei pesantissimi vincoli fiscali e doganali che paralizzavano la circolazione economica in questi territori di confine (tribunali della Grascia e delle Doganelle), all'asservimento di parti cospicue del territorio al cosiddetto regime "degli Stucchi", propaggine del regime del Tavoliere che vincolava i territori alla vicenda stagionale della transumanza delle greggi impedendone la messa a cultura. Tra le iniziative promosse dai Delfico in questi anni è da segnalare la lottizzazione e vendita a privati dello Stato allodiale di Atri: operazione cardine della rivoluzione agraria nella provincia ed atto di nascita di quella borghesia agraria che sarà protagonista del modello di sviluppo economico provinciale del secolo successivo.
Negli anni '90 Teramo viveva un momento breve ma fervido di eccellenza culturale e di iniziative che la ponevano tra i più attivi centri del Regno, e in questa cosiddetta "rinascenza teramana" il C. ebbe un ruolo molto particolare. La fondazione della Società patriottica di Teramo (1789), in diretta dipendenza dal Consiglio delle finanze, tra le prime e più prestigiose del Regno, offrì un luogo di aggregazione e di propulsione alle attività culturali e riformatrici del gruppo dirigente e un tramite alle istanze provinciali dirette al governo di Napoli. Fu appunto il C. a dotare questo centro di una rivista: Il Commercio scientifico d'Europa col Regno delle Due Sicilie ("per i professori - continua il titolo - ed amatori di chimica, fisica, storia naturale, medicina, farmacia, chirurgia, agricoltura, economia domestica, arti e manifatture - di V. Comi - professore di medicina e di chimica - giornale di sei volumi all'anno"), stampato almeno inizialmente nella stamperia Bonolis di Teramo ed il cui primo volume porta la data del gennaio-febbraio 1792.
La rivista rivela una notevole autonomia nell'ambito intellettuale del "circolo Delfico", rappresentandone piuttosto la polarità scientifica che faceva capo alla "scuola fisica" del Quartapelle. L'intento era di promuovere un aggiornamento della cultura meridionale in un periodo di memorabili rivoluzioni nelle scienze naturali e nelle tecniche, con la nascita ancora contrastata della chimica e della fisica moderne. La rivista, sia pure con i limiti evidenti di un certo velleitarismo per l'ampiezza dei propositi e l'assenza di ogni retroterra, avviava da Teramo un principio di dialogo con i maggiori centri della cultura scientifica europea. Né erano le qualità intellettuali del C. a far difetto al proposito. Lo spoglio dei sei volumi della rivista induce a evidenziare, in rapporto alla situazione provinciale, lo spazio dato alle nuove tecniche, macchinari e procedimenti applicati all'agricoltura e all'allevamento. Sotto il titolo Del buoni effetti della inoculazione del vaiuolo nella città di Teramo (gennaio-febbraio 1792, pp. 192 ss.) siamo informati dei risultati dei primi esperimenti di vaccinazione compiuti dal C. sistematicamente nella città (trecento fanciulli), riscontrati al quarto insorgere di una "influenza vajolosa". Comparivano sulla rivista i risultati delle esplorazioni ed esperienze compiute nel periodo napoletano, e la menzionata Memoria per la conservazione e riproduzione dei boschi.. di G. F. Delfico.
Occasionata dalla pubblicazione, anonima, dell'opera Della ricchezza nazionale del marchese Palmieri (apparso a Napoli nel 1792), la rivista compiva una rara escursione nell'ambito della pubblica economia: vi si trovava enunciato in forma rapida ma assai incisiva il pensiero economico del C.: si mirava innanzitutto allo sviluppo dell'agricoltura, con una più equa distribuzione del carico contributivo da far gravare anche sull'industria e sul consumo, con abolizione dì decime baronali ed ecclesiastiche, con la garanzia da parte del governo della sicurezza della proprietà dei fondi "attraverso un nuovo codice ragionevole" adatto a scoraggiare le liti, con protezioni ed aiuti ad esempio per le "spese di anticipazione", infine eliminando il regime preferenziale accordato alla pastorizia nella provincia. Al tempo stesso però si mirava anche a promuovere l'industria estrattiva dei minerali, le manifatture ed il commercio: "Le manifatture - vi si legge, ed è, questa, chiave di volta del pensiero del C. -, amabili figlie del genio e della pace, le manifatture, che bandiscono l'ozio, il peggiore de' vizii, contribuiscono al miglioramento della morale ed all'accrescimento della ricchezza nazionale. Non è oggi un problema, ma un assioma, che, dove maggiore è l'industria, maggiore è la felicità, la potenza, la ricchezza. Le manifatture in una parola fanno i popoli ricchi, potenti, civili". Infine del commercio si dice: "... nuov'anima del mondo morale e politico, ... su cui è fondata la grandezza di tanti Stati, a quali la natura ingrata aveva dato un infruttuoso suolo, è divenuto oggi l'oggetto più interessante e geloso delle nazioni" (marzo-aprile 1792, pp. 306-311). Compariva tra l'altro sulla rivista un Quesito del prof. Comi al Supremo Consiglio delle Reali Finanze (gennaio-febbraio 1792, pp. 228 s.) in cui si proponeva una produzione di sale di Epsom con metodo artificiale, in grado di concorrere per qualità, quantità e prezzo con il cosiddetto "sale inglese" che si importava dall'Inghilterra per parecchie migliaia di ducati; la portata economica dell'iniziativa era da commisurarsi all'esito annuo di valuta per l'importazione. Chiedeva che la nitriera artificiale che egli si proponeva di impiantare ricevesse dal governo opportuni privilegi e privative, e prospettava l'esportazione del prodotto. Il progetto non avrebbe avuto seguito, ma era il primo di una serie di iniziative economiche fondate sulla applicazione di procedimenti chimici alla industria a cui il C. avrebbe in seguito rivolto la sua attività.
Il Commercio scientifico interruppe le pubblicazioni nel gennaio 1793 per le crescenti difficoltà materiali e forse anche politiche, e il C. si rivolse alle congeniali attività industriali. Nello stesso 1793, munito di una privativa regia per dieci anni su tutti gli Abruzzi, impiantava per primo nel Regno una fabbrica di cremore di tartaro in uno stabilimento di due padiglioni eretto sui ruderi del castello di Giosia Acquaviva in Teramo (nell'Arch. di Stato di Teramo sono i documenti di delibera di vendita di suolo pubblico per l'impianto dell'opificio, 1793; e di concessioni edilizie, di strada e d'acqua per l'ampliamento della produzione, 1795-96). Nel 1796 ottenne dal governo la piena esenzione da ogni peso doganale sia per la introduzione del tartaro grezzo sia per la esportazione del cremore fuori dal Regno, e sgravio dai pesi di portolania in Ortona. L'iniziativa ebbe una certa risonanza: ne dava notizia il Giornale letterario di Napoli (ottobre 1795, pp. 35-40; e gennaio 1797, pp. 71-78).
Accusato di giacobinismo e sospetto di intelligenze coi Francesi, alla vigilia della invasione del '98 fuggì nelle Marche, né poté impedire che nella sollevazione sanfedista teramana del 19 dic. '98 il suo opificio fosse devastato, come le case degli altri sospetti giacobini. Nel 1799, per far fronte alle necessità belliche, il Decurionato di Teramo deliberava di affidare al C. la costruzione di una fabbrica di nitrato di potassio e di polvere da sparo. Le sorti della sua attività industriale si legarono negli anni seguenti alla politica dei Napoleonidi ed alle favorevoli condizioni di mercato indotte dal blocco continentale. Alla fabbrica di cremore aggiungeva nel 1802 la concia dei cuoi introducendo un surrogato alla "vallonea" di Levante, ora non più disponibile per il tannaggio, nella scorza di quercia, in seguito entrata nell'uso generale. A questa iniziativa si collegò la notevole fioritura di manifatture di cuoi nella provincia. Dal 1804 il C. svolse pratiche presso il governo romano per allestire un'altra fabbrica di cremore di tartaro in Grottammare, sullo stesso impianto dell'opificio teramano, che affiderà al figlio Raffaele. Estenderà poi nelle Marche anche la fabbricazione ed il commercio di cuoi e liquerizie, che aveva introdotto nel 1809. Il 20 ottobre dello stesso anno annunciava l'inizio della fabbricazione di potassa purificata in Teramo ed a Grottammare.
Il 22 nov. 1806 la Real Società d'incoraggiamento e di storia naturale di Napoli lo nominò socio "per mettere a suo profitto le preziose qualità che gli hanno guadagnato la stima generale": a tale nomina non doveva essere estraneo M. Delfico, che Giuseppe Bonaparte aveva da qualche mese richiamato dall'esilio sammarinese e nominato consigliere di Stato. Ricostituite nelle province del Regno le vecchie Società patriottiche come Società d'agricoltura prima (1810) e come Società economiche poi (1812), con attribuzioni allargate, il C. tenne la carica di segretario perpetuo della Teramana dal 18 febbr. 1810 al 16 ott. 1813. Nel periodo del suo segretariato la Società d'agricoltura di Teramo inviò al ministero dell'Interno una cassa dei più bei reperti di carbon fossile della provincia (gennaio 1813) con l'intento di promuovere una industria di estrazione di cui si era trattato già dai tempi del Commercio scientifico. Nel settembre 1812 era nominato membro del Consiglio generale della provincia.
Le sue dimissioni da segretario della Società economica coincisero con l'impianto della sua fabbrica più grande in Giulianova, sulle strutture dell'ex convento dei cappuccini che aveva acquistato con il terreno circostante il 30 ott. 1811 nelle vendite di beni ecclesiastici seguite alle leggi di eversione. Giulianova presentava una posizione più favorevole al commercio, sul mare ed in crocevia stradale tra Napoli ed Ancona: il C. stesso vi si trasferì. Ogni opificio del C. effettuava produzioni di cremore di tartaro, liquerizia e concie.
Si vuole che il C. fosse dignitario della carboneria teramana fin dall'anno 1813, e murattiano fedele fino all'ultimo momento. Eletto deputato della provincia di Abruzzo Ulteriore I nelle elezioni del 3 sett. 1820, partecipò alla esperienza costituzionale del 1820-21. Dividendosi il Parlamento in nove commissioni, entrò a far parte della quinta, addetta al commercio, agricoltura, arti ed industria.
I suoi interventi e voti furono ispirati a direttive concrete e caratteristiche: minor numero di funzionari e di leggi nel governo della cosa pubblica, conforme alle radicate convinzioni liberaliste, e sottilmente anticentraliste proprie alla tradizione "municipale" teramana; pubblicizzazione dei bilanci dello Stato (una mozione "per chiedersi dal ministro delle Finanze lo stato di tutte le rendite e di tutti gli esiti annuali dell'erario"). Presenta l'istanza di alcuni fabbricanti di maioliche del comune di Castelli per ottenere un "incoraggiamento alle lor fabbriche decadute per varii articoli dalla loro antica prosperità", questione di cui si era già interessato M. Delfico nel 1788 sottolineando la portata economica ben più che provinciale di quella antica produzione.
Nell'adunanza del 21 dic. 1820, trattandosi della istituzione di nuove Casse, proponeva un Progetto di decreto sullo stabilimento delle casse ipotecarie nazionali nelle provincie del Regno Unito delle Due Sicilie (in Giornale costituzionale [Napoli], 15 genn. 1821), identificando nel problema del credito la questione cruciale dello sviluppo economico delle regioni meridionali. La Cassa nazionale ipotecaria istituita in ciascuna provincia avrebbe dovuto effettuare i servizi di sconto, pegno e sovvenzioni, e ciascun istituto avrebbe dovuto essere dotato di 500.000 ducati contanti. Un secondo Progetto di decreto sopra i mezzi di dotazione delle Casse ipotecarie, delle Casse secondarie, sulle loro rendite annuali e sull'uso di queste a vantaggio pubblico delle provincie medesime, annunciato dalla Gazzetta ufficiale, non ebbe il tempo di apparire esaurendosi l'attività del Parlamento il 15 marzo. Il Progetto d'una compagnia agraria-commerciale nella provincia di Teramo, dell'ottobre 1821, elencato tra gli inediti del C., fu da lui inoltrato nel '22 al ministro dell'Interno ed all'intendente di Teramo; la compagnia avrebbe dovuto avere un capitale di 500.000 ducati mediante l'emissione di azioni di 6.000 ducati ciascuna, e lo scopo di ravvivare ogni ramo dell'industria provinciale. Queste proposte finanziarie fanno del C. il precursore delle successive iniziative per la istituzione di casse di risparmio, banche popolari ed associazioni cooperative che si registrano nella provincia attorno alla metà dell'800.
Dopo il 1821 la floridezza dei suoi opifici raggiunse il culmine. Associava nelle imprese, tra altri, il barone Camillo de Felici ed avviava una quarta fabbrica in Popoli (1823). Per un'idea della proporzione economica di questa attività, priva di antecedenti nella provincia, si tenga conto che già nel 1808 le fabbriche davano lavoro a diverse centinaia di persone con una produzione annua di 30-40.000 ducati per la sola liquirizia. Sono anche documentate, per quanto saltuariamente, spedizioni di navi cariche di cuoi, cremore di tartaro, estratto di pomodoro e liquirizia al Pireo, a Costantinopoli, a Trieste ed in Inghilterra.
Dell'ultimo periodo della vita del C. va ricordata la corrispondenza con l'Accademia dei Lincei, alla quale inviava una Memoria sul tannino, proponendo che fosse il governo pontificio primo in Europa a proteggere la produzione industriale e il commercio del nuovo prodotto isolato dalla chimica più recente e di cui egli prevedeva il rapido sviluppo degli impieghi industriali. Chiedeva in sostanza a quel governo un brevetto con privativa e 10.000 scudi, intendendo "stabilire una fabbrica nello Stato, la prima che comparisca di questo genere fino ai dì nostri". Qualità e quantità della produzione erano anche in questo caso affidati ad una macchina di sua invenzione. La proposta aveva avuto un precedente nel Regno napoletano, quando nell'agosto 1824 il C. aveva richiesto, ma senza successo, all'Intendenza di Teramo la privativa per un analogo processo di produzione del tannino.
Il C. morì a Giulianova (prov. di Teramo) il 10 ott. 1830.
Le Opere complete di V. Comi (1765-1830) - Ristampa con uno studio biobibl. di G. Pannella, sono state edite a Teramo nel 1908 (contengono tra l'altro l'intera riproduzione del Commercio scientifico, e la ristampa pressoché senza modifiche del libro del curatore sul Comi).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Teramo, fondo Comune di Teramo, Arch. antico, s. 1, Deliberazioni del Consiglio decurionale, 9 sett. 1791, fasc. 2, c. 65; 2 sett. 1795, fasc. 2, cc. 98 s.; 17 apr. e 26 giugno 1796, fasc. 2, cc. 103-106; 10 e 16 maggio 1799, fasc. 2, cc. 114 s.; N. Palma, Storia eccles. e civile della... città di Teramo e diocesi Aprutina, Teramo 1832-36, III, passim; V, pp. 131 s.; C. Campana, Delle scienze e delle lettere in Teramo sullo scorcio del XVIII sec., Teramo 1863, pp. 56-63; Id., Commemorazione di V.C., Teramo 1883; G. Pannella, V.C. e le sue opere, Napoli 1886; Id., L'abate Quartapelle e la coltura in Teramo, Napoli 1887, passim; C. Campana, Un periodo di storia di Teramo..., Teramo 1911, passim; L. Coppa Zuccari, L'invasione francese negli Abruzzi (1798-1815), L'Aquila-Roma 1928-1939, ad Indices; R. Aurini, Diz. bibliogr. della gente d'Abruzzo, I, Teramo 1956, pp. 364-367 (con esauriente bibl.); G. De Lucia, Saggio sullo stato econ. della provincia di Teramo, in Rass. stor. del Risorg., XLIV(1957), pp. 340-349; Id., La Società patriottica della provincia di Abruzzo Ulteriore I (Teramo): 1788-1798, in Rivista di storia dell'agricoltura, V (1965), pp. 308-332, 435-463; Id., Le Società econ. abruzzesi (1788-1845), in Atti del I Convegno nazionale della cultura abruzzese, Roma 1968, pp. 345-383 (in particolare per i fondi pertinenti dell'Arch. provinciale di Teramo); R. Colapietra, I deputati abruzzesi ai Parlamenti delle Due Sicilie, in Convegno I. Rozzi e la storia dell'agric. merid., Teramo 1971, pp. 109-121; V. Clemente, Rinascenza teramana e riformismo napoletano - L'attività di M. Delfico presso il Consiglio delle Finanze, Roma 1981, ad Indicem.