Zsigmond, Vilmos
Direttore della fotografia ungherese, naturalizzato statunitense, nato a Szeged (contea di Csongrád) il 16 giugno 1930. Uno dei più brillanti operatori del cinema americano della New Hollywood, vero maestro nell'utilizzo della luce che sottende tutta l'architettura drammatica del film in funzione naturalistica e simbolica, dotato di grande equilibrio e misura della scelta dei toni di colore, ha mantenuto sempre il suo personale tocco artistico nei generi più diversi. Nel 1978, insieme a tutta l'équipe di fotografi da lui guidata, ha vinto il premio Oscar per Close encounters of the third kind (1977; Incontri ravvicinati del terzo tipo) di Steven Spielberg, mentre in seguito ha ottenuto due nominations, nel 1979 per The deer hunter (1978; Il cacciatore) di Michael Cimino e nel 1985 per The river (1984; Il fiume dell'ira) di Mark Rydell.
Terminati gli studi dedicati alla fotografia alla Filmművészeti főiskola színházművészeti (Accademia d'arte teatrale e cinematografica) di Budapest Z., nel novembre del 1956, dopo la ribellione dell'Ungheria al Patto di Varsavia, filmò, con l'amico e compagno di studi László Kovács, i carri armati sovietici che stavano occupando le strade di Budapest. I due operatori fuggirono poi a Vienna, dove riuscirono a vendere il materiale girato che, montato dal regista Stefan Erdelyi, venne proiettato con il titolo Ungarn in flammen, mentre nel 1961 fu trasmesso in televisione negli Stati Uniti con il titolo Revolt in Hungary.
Nel marzo del 1957 Z. e Kovács arrivarono negli Stati Uniti come rifugiati politici. Dopo un breve periodo nel New Jersey, Z. si trasferì a Los Angeles dove lavorò come fotografo, tecnico di laboratorio e assistente operatore fino al suo debutto come direttore della fotografia nel 1963 nel film in bianco e nero The sadist (A bruciapelo!) di James Landis. Negli anni Sessanta lavorò con filmmakers indipendenti per produzioni a basso budget, specie film horror, fra cui il surreale The incredibly strange creatures who stopped living and became crazy mixed-up zombies (1965) di Ray Dennis Steckler, The name of the game is kill (1968; Il mistero della bambola dalla testa mozzata) di Gunnar Hellström, l'horror western The gun riders (1969) di Al Adamson, tutti firmati come William Zsigmond.Il suo primo lavoro di rilievo fu il western The hired hand (1971; Il ritorno di Harry Collings) di Peter Fonda, ma fu soprattutto con un altro film western, Mc Cabe and Mrs. Miller (1971; I compari) di Robert Altman, che le sue indubbie qualità artistiche si manifestarono appieno. Nelle intenzioni del regista il film doveva essere estremamente realistico: una finestra attraverso la quale si potesse osservare una storia di ottant'anni prima, una vecchia fotografia, sbiadita e non troppo distinta, ma reale. W. racconta che per spiegare al regista quale tipo di atmosfera pensava fosse adatta per la storia, gli mostrò le immagini di alcuni dipinti di Andrew Wyeth dai colori pastello soffusi e tenui. La collaborazione con Altman proseguì con Images (1972) dove, per rendere l'atmosfera allucinatoria del film, in cui quello che accade non esiste nella realtà, ma solo nella mente della protagonista, W. utilizzò pochi colori: nero, azzurro, bianco, grigio. Per il regista illuminò anche splendidamente The long goodbye (1973; Il lungo addio). Per Deliverance (1972; Un tranquillo week-end di paura) di John Boorman impiegò tre mesi di lavoro per elaborare un sistema di desaturazione della pellicola, messo a punto con i laboratori Technicolor di Los Angeles. Il desiderio del regista era quello di dare al paesaggio, attraverso riprese effettuate in giorni di cielo coperto da nubi, un aspetto più realistico e nello stesso tempo onirico e da incubo. Quindi Z. riuscì a eliminare quasi del tutto i colori primari, più forti, per valorizzare quelli composti: i quattro protagonisti si ritrovano così immersi in una natura dai toni attenuati, quasi monocroma, con albe livide, sottoboschi terrosi, notti immerse nella bruma, dove dominano il verde, il nero, il bianco, il grigio e dove mancano quasi completamente il rosso e il giallo, il blu del cielo. In Scarecrow (1973; Lo spaventapasseri) di Jerry Schatzberg i mutamenti dell'illuminazione e i colori sottolineano gli avvenimenti della vicenda: il cielo scuro per la tensione delle prime scene alternato ai colori brillanti e luminosi, poi i toni deprimenti delle scene in prigione. Scelte effettuate per far percepire agli spettatori l'atmosfera attraverso l'illuminazione, prima che gli eventi effettivamente accadano.
Nel 1974 iniziò la sua collaborazione con Spielberg per il quale illuminò il road movie The Sugarland Express (Sugarland Express). Il regista lo volle al suo fianco anche per il film fantastico Close encounters of the third kind, tutto basato sui colori bianco e blu: il bianco accecante ottenuto usando le lampade puntate contro l'obiettivo per rendere la luce delle scene iniziali ambientate nel deserto, la luminosità dell'astronave, il vero e proprio set allestito per l'atterraggio degli alieni; il blu del cielo stellato, di consistenza quasi fisica, sul quale sono ritagliate le sagome dei modellini, coordinando perfettamente la fotografia e la luce con gli effetti speciali realizzati da Doug Trumbull, così da dare la sensazione che quello che sta succedendo sullo schermo sia effettivamente reale, secondo le intenzioni di Spielberg. In The deer hunter la realtà è ancora più netta: la città con l'acciaieria è fumosa, densa di nebbia e tutta giocata sui toni dell'azzurro negli esterni, mentre negli interni della fabbrica e delle abitazioni dominano i colori caldi; le sequenze di caccia girate in montagna hanno dominanti verdi e blu per dare l'idea della sensazione di libertà provata dai personaggi in quei luoghi. Tra le altre opere fotografate da Z. sono da ricordare The last waltz (1978; L'ultimo valzer) di Martin Scorsese, Heaven's gate (1980; I cancelli del cielo) di Cimino, The witches of Eastwick (1987; Le streghe di Eastwick) di George Miller, The bonfire of the vanities (1990; Il falò delle vanità) di Brian De Palma, Maverick (1994) di Richard Donner, Playing by heart (1998; Scherzi del cuore) di Willard Carroll. Tutti film con i quali ha confermato la sua grande capacità di passare con maestria e vigore da un genere all'altro, cimentandosi anche nel ruolo di attore in Maverick.
Vilmos Zsigmond, in Masters of light: conversations with contemporary cinematographers, ed. D. Schaefer, L. Salvato, Berkeley 1984, pp. 311-37.