VIETNAM (App. II, 11, p. 1114; III, 11, p. 1094)
Con la proclamazione della Repubblica Socialista del V. (25 aprile 1976) si è conclusa una delle fasi più travagliate della storia del paese, caratterizzata da una durissima lotta, in cui si sono intrecciati motivi interni e internazionali. La Repubblica Socialista del V., nei suoi confini attuali, comprende i due territori che, separati in origine da una semplice linea di demarcazione militare fissata dalla Conferenza di Ginevra nel 1954, avevano poi visto consolidarsi due diverse compagini statali: al Nord la Repubblica Democratica del V., e al Sud, dopo la deposizione dell'imperatore Bao Dai (1955), la Repubblica del Vietnam.
In attesa dell'approvazione di una nuova costituzione, vige nel paese la Costituzione della Repubblica Democratica del V. (1960), in base alla quale l'Assemblea nazionale è titolare del potere legislativo, nomina e revoca il governo, ed elegge il presidente della Repubblica, che dura in carica quattro anni. Amministrativamente lo stato è suddiviso in tre distretti urbani (Hanoi, Hö Chi Minh - già Saigon -, e Haiphong), e in trentacinque province. Lingua nazionale è il vietnamita (annamita). Le religioni più diffuse sono il buddismo e il taoismo. Il V. è membro delle Nazioni Unite (dal 20 settembre 1977) e del COMECON (dal luglio 1978).
Popolazione. - Su una superficie di 329.566 km2 la repubblica riunificata conta 47.150.000 ab., secondo l'ultimo censimento, effettuato nel 1976. Il coefliciente di accrescimento demografico si aggira sul 3% annuo (media del periodo 1970-76). L'84% della popolazione è costituito da Vietnamiti (Viet). Sessanta e più minoranze etniche sono rappresentate da gruppi sparsi nelle regioni montuose del paese: Tay (742.000); Khmer (651.000); Thai (631.000); Muong (618.000), Nung (472.000), ecc.
Capitale della repubblica riunificata è Hanoi (già capitale del V. del Nord), che nel 1976 contava 1.434.500 abitanti. All'ex-capitale del V. del Sud, Saigon, è stato attribuito il nuovo nome ufficiale di Hô Chi Minh: con quasi tre milioni e mezzo di abitanti è di gran lunga la città più popolata del paese.
Condizioni economiche. - Riacquistata l'unità, il V. ha subito affrontato gli enormi problemi connessi con la ricostruzione dell'economia nazionale. Nell'elaborazione del piano quinquennale 1977-81, che fissa le linee generali del programma, è stato tenuto debito conto delle profonde differenze di struttura che caratterizzano l'economia delle due parti del paese. Infatti il V. del Nord e il V. del Sud, che nel 1960 si potevano considerare entrambi due paesi agricoli sottosviluppati, hanno dato indirizzi completamente diversi allo sviluppo delle rispettive economie nel periodo precedente la riunificazione.
Il Vietnam del Nord, che già nel 1958 aveva operato la scelta della trasformazione in senso socialista dei rapporti di produzione in tutti i settori economici, aveva dato grande impulso allo sviluppo delle attività industriali (nel 1961-65 il 45% degl'investimenti complessivi era destinato all'industria e il 20% all'agricoltura). Un ruolo essenziale era stato assegnato agl'impianti dell'industria pesante (siderurgia, chimica di base), e alle infrastrutture per la produzione di energia (centrali termoelettriche e idroelettriche). L'apparato industriale era stato arricchito con un gran numero di stabilimenti nei settori della meccanica, della chimica, alimentare e tessile. Nel campo agricolo la costruzione di grandi impianti d'irrigazione aveva permesso di ampliare la superficie irrigua; il rendimento unitario medio del riso, anche grazie alla diffusione generalizzata del doppio raccolto, aveva segnato notevoli miglioramenti. Tutto ciò in un quadro di progressiva e quasi completa nazionalizzazione e collettivizzazione dei vari settori dell'economia. Le tremende distruzioni subite ad opera dei bombardamenti nel corso degli anni 1965-68, e successivamente nel 1972, avevano frenato ma non arrestato la crescita economica del paese: l'opera di ricostruzione, avviata subito dopo la firma degli accordi di Parigi, nel 1975 si poteva considerare già conclusa.
Nel Vietnam del Sud, che nel 1960 presentava una situazione di partenza sostanzialmente analoga a quella del V. del Nord, l'evoluzione del quadro economico e sociale è stata largamente influenzata dalle vicende della lunga e sanguinosa guerra civile, che si è conclusa con la presa del potere da parte del Fronte Nazionale di Liberazione e con la capitolazione del governo di Saigon, sostenuto militarmente dagli Stati Uniti (1975). Alla fine del conflitto l'economia del V. del Sud appariva in condizioni disastrose. Nel settore agricolo la produttività era scesa a livelli bassissimi. Già nel 1965 il paese, da esportatore del suo massimo prodotto, il riso, era diventato importatore. Le colture che fornivano materie prime all'industria e alimentavano le esportazioni - canna da zucchero, tè, palma del cocco, cotone - erano decimate. Il debole settore industriale, limitato ad alcune industrie alimentari e tessili, era stato travolto dalla mancanza di materie prime, dai costi altissimi dell'energia, e dalle crescenti quantità di prodotti industriali importati, in primo luogo dagli Stati Uniti. Il settore terziario era stato l'unico a svilupparsi, ma unicamente per motivi legati alle esigenze belliche: aumento dei quadri militari, costruzione di aerodromi e strade asfaltate, ampliamento dei traffici del porto di Saigon, proliferazione di bar e locali notturni. A colmare il deficit della bilancia commerciale nel periodo della presenza statunitense nel V. avevano provveduto gl'ingenti aiuti finanziari degli SUA, gli stessi che consentivano il mantenimento delle forze militari e lo svolgimento delle azioni di guerra: complessivamente una media di un miliardo di dollari l'anno, ridotti alla metà solo nel 1974. Tra i grandi sconvolgimenti economici e sociali provocati dalla guerra civile sono da segnalare anche le radicali modifiche del quadro insediativo conseguenti alla tendenza di parte della popolazione rurale a concentrarsi nei villaggi "strategici" o nei maggiori centri urbani (Saigon ha triplicato i suoi abitanti nel giro di pochi anni).
L'azione intrapresa dal governo di Hanoi nella fase postbellica della ricostruzione e dell'integrazione dell'economia nazionale punta ad alcuni obiettivi principali. In primo luogo il potenziamento dell'agricoltura, mediante un'intensificazione della produzione risicola al Nord, e il risanamento delle campagne devastate dalla guerra nel Sud. Al drammatico squilibrio tra popolazione rurale e popolazione urbanizzata si è cercato di riparare con la costituzione di "nuove zone economiche", dove sono stati trasferiti d'autorità abitanti delle città sovraffollate ed ex-militari. Nel Sud è proseguito il processo di collettivizzazione dell'agricoltura, che era già stato avviato nelle zone occupate prima della caduta del governo di Saigon.
Principali colture e produzioni agricole nel 1976: riso (5,3 milioni di ha e 120 milioni di q); mais (260.000 ha e 3,2 milioni di q); patate dolci (235.000 ha e 12 milioni di q); manioca (155.000 ha e 11,5 milioni di q). Inoltre sorgo, soia, arachidi, cotone, palma da cocco, iuta, ecc. Lo sviluppo dell'industria pesante è stato subordinato al rilancio del settore agricolo; il piano prevede incentivi per le industrie manifatturiere leggere ubicate nel Sud.
I più importanti distretti industriali (ind. siderurgiche e meccaniche, chimiche, cantieristiche, tessili) si concentrano nel Nord, dove si avvalgono della maggiore disponibilità di fonti di energia (carbone, 4,2 milioni di t nel 1975) e di risorse minerarie (ferro, zinco, stagno, fosfati). Gli scambi commerciali avvengono in larga misura con l'Unione Sovietica, da quando il V. è entrato a far parte dell'area d'influenza politico-militare, economica e culturale dell'URSS.
Vie di comunicazione. - Porti principali sono Haiphong e Hô Chi Minh. La rete stradale ha uno sviluppo complessivo di circa 36.000 km, per meno di un sesto asfaltati. Tra le iniziative intese a facilitare l'integrazione delle due parti del paese è da segnalare il cosiddetto "Progetto Riunificazione": la ricostruzione e l'ammodernamento della ferrovia Hanoi-Hô Chi Minh, che costituisce l'asse fondamentale del sistema ferroviario vietnamita. La linea è stata riaperta al traffico nel gennaio 1977.
Bibl.: Ch. A. Fisher, South-East Asia. Asocial, economic and political geography, Londra 19662; G. Cotti-Cometti, Archivio per il Vietnam, Milano 1969; La R. D. Vietnam, Hanoi 1975. Altre fonti correnti: la rivista mensile Le Courrier du Vietnam, Hanoi; e la collana numerata di studi monografici Études vietnamiennes (diretta da Nguyen Khac Vien), che esce ad Hanoi a intervalli irregolari, e della quale sono stati finora pubblicati una cinquantina di numeri.
Storia. - La conferenza asiatica di Ginevra (8 maggio-21 luglio 1954), ponendo fine allo stato di guerra, aveva lasciato però indeterminate le vie di uno sviluppo pacifico. I documenti finali parlavano di un solo stato del V. e di "zone di dislocamento" delle due parti avverse, stabilivano che il territorio vietnamita fosse chiuso all'installazione di basi militari straniere, escludevano che la linea di demarcazione militare rappresentasse un limite politico o territoriale, e anzi fissavano per il luglio 1956 libere elezioni generali a scrutinio segreto, sotto il controllo di una commissione internazionale. Tuttavia la mera non-opposizione a tale compromesso, dichiarata da due governi (SUA e V. del Sud) su nove rappresentati alla conferenza, sottolineava gravemente la mancanza di un reale accordo politico. Nel periodo immediatamente successivo, mentre il V. del Nord, pur toccato dagli sviluppi della destalinizzazione, conosceva una sostanziale stabilità, il V. del Sud, invece, attraversava torbide complicazioni interne, caratterizzate dalla competizione di gruppi locali e dalla doppia influenza, francese (esercitata attraverso l'imperatore Bao Dai e, in un primo tempo, attraverso gli elementi militari) e americana (tramite i gruppi cattolici e la persona del capo del governo). La crisi politica aperta nel marzo 1955 ebbe termine con la destituzione di Bao Dai, nel giugno, e con l'accentramento dei poteri da parte di Ngo Dihn Diem (presidente del Consiglio e ministro della Difesa, con funzioni di capo dello Stato); ma la guerra civile tra le formazioni governative e il Fronte unificato delle forze nazionaliste durò fino alla proclamazione della Repubblica del V. (18 ottobre 1955). Esponente dei gruppi cattolici, contrario all'influenza francese e legato fin dall'inizio alla politica americana, Diem accentuò progressivamente la sua avversione a qualsiasi compromesso. Nel maggio 1956 dichiarò impossibile non solo procedere a una consultazione elettorale, ma anche prendere contatti preparatori, finché nel Nord mancassero condizioni di piena libertà. Successivamente, egli pose una serie di condizioni preliminari all'apertura di trattative con Hanoi sul tema della riunificazione: autorizzazione al trasferimento di persone dal Nord al Sud, equiparazione degli effettivi militari, rinuncia all'agitazione sovversiva e al sabotaggio.
Già la crisi laotiana del luglio-ottobre 1959 (quando il governo del Laos accusò il V. sett. di aver introdotto reparti armati nel suo territorio) pose in evidenza la difficoltà di una pacifica composizione e il vigore della spinta rivoluzionaria. Poi l'insurrezione antigovernativa a Saigon, nel novembre 1960, chiuse il periodo di relativa stabilità nelle relazioni internazionali del Sud-Est asiatico. Il 20 dicembre di quell'anno fu fondato il Fronte nazionale di liberazione, che univa forze di varia origine intorno a un programma di lotta popolare e nazionale contro il feudalesimo e l'imperialismo; la netta prevalenza dei militanti comunisti si rifletteva nella stessa denominazione di Viet-Cong. In tale contesto, progrediva l'integrazione dei due V. negli opposti sistemi economico-militari. A un incontro nelle Filippine fra i ministri degli Esteri del V. merid., della Corea merid. e della Cina nazionalista fece seguito una visita del vicepresidente Johnson a Saigon e infine la conclusione di due convenzioni, militare ed economica, con gli SUA (giugno-luglio 1961). Gli scontri tra le forze governative e quelle del Viet-Cong, particolarmente intensi nella seconda metà del 1961, determinarono il conferimento dei pieni poteri a Diem e la proclamazione dello stato di emergenza. Dal canto suo, il V. sett. aveva stretto accordi di cooperazione economica con la Cina, con paesi africani, con la Mongolia; nell'estate del 1961 il capo del governo e ministro degli Esteri Pham Van Dong compì una lunga visita a Mosca.
L'amministrazione Kennedy, nonostante l'avviso contrario dei servizi d'informazione, s'impegnò in una politica d'intervento diretto nel paese: cresceva il numero dei consiglieri militari americani, mentre venivano sperimentate nuove tecniche antiguerriglia (concentrazione dei contadini in villaggi strategici, uso dei defoglianti). Tuttavia la lotta armata, sostenuta da contingenti nord-vietnamiti, si fece più intensa sul finire del 1963, per riaccendersi, dopo un momentaneo contenimento, nella primavera successiva. Le sue ripercussioni a livello politico furono fatali al potere di Diem e del suo gruppo, che perse l'appoggio statunitense; il rogo volontario di alcuni bonzi a Hué precipitò il declino di Diem, rovesciato e ucciso in seguito a una sollevazione militare (1° novembre 1963). Ma presto anche il generale buddista Duong Van Minh, postosi a capo di un Consiglio militare rivoluzionario, venne affiancato e poi esautorato (30 gennaio 1964) da un altro militare, Nguyen Khanh, che denunciò l'esistenza di un complotto neutralista alimentato dalla Francia di de Gaulle. L'impegno americano si manifestò, a questo punto, con azioni di guerra aperta. Attaccato il cacciatorpediniere Maddox in acque internazionali da parte di unità nord-vietnamite (2 agosto 1964), bombardate per rappresaglia da aerei americani installazioni costiere del Golfo del Tonchino, nel dicembre Johnson, eletto alla presidenza, inviò nel V. il primo contingente di truppe. Negli anni successivi le forze statunitensi impiegate nel conflitto salirono da 25.000 a 500.000 unità, cui si aggiungevano contingenti tailandesi, filippini, australiani e neozelandesi, mentre massicci bombardamenti erano effettuati, a partire dal febbraio 1965, sulle periferie industriali di Hanoi e Haiphong, nonché sulla via di rifornimento con la Cina. In un discorso a Baltimora il presidente Johnson dichiarò la sua disponibilità a negoziati di pace; in risposta, Hanoi reclamò in quattro punti il ritiro degli SUA e la soluzione del problema ad opera del popolo vietnamita. Le elezioni per l'Assemblea costituente, tenacemente avversate dai buddisti, registrarono una scontata vittoria governativa; ma poi il fallimento dei programmi di risanamento economico e riorganizzazione delle campagne fu aggravato dalla rivalità personale fra Thieu e Cao Ky. Alla frantumazione politica e alla varietà dei modelli culturali nel V. merid. fece riscontro negli anni Sessanta la continuità di sviluppo del V. sett., che nel 1961 lanciò il suo primo piano quinquennale, per l'industrializzazione del paese, e nel 1969 superò senza scosse la successione di Hô Chi Minh.
Il conflitto prese una nuova svolta dopo l'offensiva del Tet (capodanno buddista) del gennaio-marzo 1968: dotato di missili sovietici e rifornito tramite la "pista Hô Chi Minh", in territorio laotiano, il Viet-Cong si spinse fino ad attaccare con un'audace incursione la periferia di Saigon. Gli eventi militari in Indocina ebbero notevoli ripercussioni sull'andamento delle elezioni presidenziali negli SUA. Dopo il ritiro di Johnson dalla competizione, il candidato repubblicano R. Nixon si affermò grazie a un programma di graduale disimpegno; una volta eletto, egli enunciò con la "dottrina di Guam" i princìpi di una nuova politica. Il suo obiettivo di "vietnamizzare" il conflitto, certamente suggerito dalla costituzione di un fronte interno americano di fronte all'impegno materiale e morale del lungo e sanguinoso conflitto, tendeva a investire il V. merid. delle responsabilità dirette della guerra e a ritirare progressivamente le forze statunitensi dai campi di battaglia. In un'alterna vicenda di sospensione e ripresa dei bombardamenti a N del 17° parallelo, furono avviate a Parigi trattative segrete con la Repubblica Democratica del V. e con il Viet-Cong (il FLN aveva costituito nel giugno 1969 un govenno rivoluzionario provvisorio con elementi comunisti, nazionalisti e neutralisti). Da parte sua Van Thieu, rieletto presidente nell'ottobre 1969, intensificò la repressione degli oppositori legali e clandestini, assumendo un contegno intransigente, fondato sul presupposto che una composizione pacifica fosse irreale e che nessun accordo avrebbe potuto garantire la sopravvivenza delle forze da lui rappresentate. Le clausole di Parigi, firmate il 27 gennaio 1973, furono il risultato di vari fattori coincidenti: in primo luogo, l'orientamento generale degli SUA verso il disimpegno in Asia; ma anche le insistenze dei sovietici e dei cinesi per una soluzione politica che avrebbe sicuramente favorito le forze rivoluzionarie e, al tempo stesso, consentito il ritiro americano in forma tale da non compromettere né la distensione, né la nuova diplomazia tripolare. Gli accordi prevedevano un armistizio sotto controllo internazionale, il ritiro delle basi americane, il riconoscimento da parte dei governi di Washington e di Hanoi del diritto all'autodeterminazione del V. del Sud, l'istituzione di un Consiglio di riconciliazione e concordia nazionale con la prerogativa di organizzare elezioni generali. Firmatari erano i ministri degli Esteri delle quattro parti in causa: SUA, V. sett., V. merid., governo rivoluzionario provvisorio. Gli SUA riconoscevano l'unità politica di tutto il V., mentre le trattative riflettevano in sede internazionale il dato di fatto dell'esistenza di due amministrazioni, due zone di controllo politico-militare e tre forze politiche. La sanguinosa guerra civile del 1973 apri l'ultimo atto del conflitto. Votata dal Senato americano la riduzione degli aiuti a Saigon (agosto 1974), il Viet-Cong poteva contare sull'appoggio dell'esercito di Hanoi, forte di unità corazzate fornite dall'URSS e guidate dal gen. Vo Nguyen Giap, il teorico e realizzatore della moderna guerra di popolo. La battaglia decisiva costrinse il nemico alla resa incondizionata il 30 aprile 1975.
Dopo le dimissioni di Thieu, rifugiatosi all'estero, e il rifiuto del governo provvisorio a trattare col suo successore, a Saigon assunse il potere Duong Van Minh, già qualificatosi come leader di un terzo partito favorevole ai negoziati e al compromesso. Il 1° aprile 1975 il governo provvisorio formulò in dieci punti le direttive politiche nelle regioni liberate del V. merid., intese a ristabilire l'ordine e a garantire la continuità amministrativa. A differenza che nel 1954, questa volta le gerarchie cattoliche si mostrarono nel complesso disposte alla collaborazione. L'arcivescovo di Saigon fece appello ai fedeli per scoraggiare eventuali tentativi di opposizione clandestina; l'arcivescovo di Hué salutò il ritorno alla pace, auspicando una politica di unità nazionale. Mentre istituivano campi di rieducazione per ex-ufficiali dell'esercito di Saigon e procedevano alla nazionalizzazione delle banche, le autorità di governo davano assicurazioni alla "borghesia nazionale" (10 settembre 1975), relative al mantenimento della proprietà e delle attività produttive; già nel maggio erano pervenuti i primi riconoscimenti (Pakistan, Australia, Nepal, Giappone, Gran Bretagna, Canada, Danimarca). Il 25 aprile 1976 fu eletta un'Assemblea nazionale unica (249 rappresentanti del Nord, 243 rappresentanti del Sud, su una lista di candidati fornita dal Fronte di liberazione nazionale, dalla "Alleanza vietnamita delle forze nazionali, democratiche e pacifiche", da organizzazioni rivoluzionarie di massa). Riunita ad Hanoi il 24 giugno, l'Assemblea rilanciò un programma di rivoluzione socialista e, il 2 luglio, proclamò la Repubblica Socialista del V. (presidente Ton Duc Thang, già presidente della Repubblica Democratica del V.), ribattezzando Saigon col nome di Città Hô Chi Minh; fece seguito la formazione di un nuovo governo presieduto da Pham van Dong. Il IV congresso del Partito operaio del V. (Hanoi, 14-20 dicembre 1976) mutò la denominazione ufficiale in quella di Partito comunista del V. e ritoccò le linee fondamentali del piano quinquennale 1976-80, accentuando l'incremento prioritario dell'industria pesante.
La spinta espansionistica del nuovo V., poggiante sulla rivendicazione dell'unità storica della penisola indocinese, ha portato dopo ripetuti incidenti di frontiera alla rottura delle relazioni diplomatiche con la Cambogia socialista (dicembre 1978); le successive operazioni militari si sono concluse, un anno più tardi, con la conquista di Phnom Penh da parte di truppe vietnamite e di forze insurrezionali cambogiane, che hanno costituito il governo del FUNK. Ma la guerra rientrava nel più vasto confronto Cina-URSS: essa ha provocato un'immediata risposta con l'intervento in forze della Repubblica Popolare Cinese (17 febbraio-5 marzo 1979), motivato con l'esigenza di fermare l'espansione vietnamita e, insieme, di ridurre l'influenza sovietica nel Sud-Est asiatico. Nonostante la sconfitta subita, con l'occupazione temporanea di alcuni centri urbani da parte dell'esercito cinese, il V. ha mantenuto la sua presenza militare in Cambogia, fronteggiando un movimento di resistenza organizzato dai partigiani del deposto governo di Pol Pot (con l'appoggio di altre forze politiche facenti capo al principe N. Sihanouk). Insieme con queste vicende politico-militari, ha impressionato gravemente l'opinione mondiale l'esodo in massa dei profughi, che hanno abbandonato il territorio vietnamita in condizioni di estrema difficoltà, molti dei quali (pare circa 500.000) hanno potuto raggiungere i paesi dell'Occidente.
Bibl.: J. Chesneaux, The Vietnamese nation. Contribution to a history, Sidney 1966; Vo Nanh Tri, Croissance économique de la République Démocratique du Viet Nam, Hanoi 1967; J. Chesneaux, Perché il V. resiste, Torino 1968; B. B. Fall, Dall'Indocina al Vietnam. Storia di due guerre, Milano 1968; E. Collotti Pischel, Il V. vincerà, Torino 1968; P. Lyon, War and peace in South-East Asia, Londra 1969; J. Chesneaux, Storia del V., Roma 1971; I documenti del Pentagono. La storia segreta della guerra nel V., a cura di N. Scheenan, Milano 1971; N. Chomsky, La guerra americana in Asia, Torino 1972; D. J. Duncanson, The ceasefire in V., in The World Today, XXIX (1973), pp. 89-97; id., The conquest of Indochina, ibid., XXXI (1975), pp. 226-31; R. Smith, V.'s fourthy party congress, ibid., XXXIII (1977), pp. 195-202; D. Duncanson, Limited souvereignty in Indochina, ibid., XXXIV (1978), pp. 260-69; id., China's Vietnam war: new and old strategic imperatives, ibid., XXXV (1979), pp. 241-48.