VERNICI e SMALTI
SMALTI Le vernici sono sostanze o composizioni fluide principalmente organiche, atte a formare sopra oggetti varî uno strato continuo trasparente o colorato a scopo decorativo e protettivo. La formazione dello strato solido più o meno plastico avviene per semplice evaporazione di componenti volatili, o per trasformazione chimica dovuta all'ossigeno dell'aria, più spesso per evaporazione, ossidazione e polimerizzazione combinate. Il calore accelera il fenomeno ma non lo determina. Gli smalti sono vetri di facile fusione, incolori o colorati, raramente trasparenti, che servono per rivestire vetro, terracotta, porcellana e metalli, specialmente ferro e ghisa, con uno strato continuo, aderente, protettivo e decorativo. La formazione del rivestimento di smalto avviene esponendo a forte calore l'oggetto cosparso dello smalto finemente polverizzato, ovvero polverizzato e ridotto mediante opportune aggiunte allo stato di fluido cremoso, finché le particelle di smalto siano fuse in una massa unica e aderente al fondo. Le vernici a smalto, denominate brevemente smalti e classificate secondo la natura della vernice che serve quale mezzo legante, sono dispersioni finissime di pigmenti inorganici od organici, insolubili nel veicolo legante di natura organica, e imitanti gli smalti autentici per aspetto decorativo. Tali vernici a smalto vengono essiccate come le vernici e mantengono anche dopo l'essiccazione il pigmento nella sua primitiva dispersione.
Cenno storico. - Le vernici erano conosciute dagli antichi Egiziani e dai Cinesi. Plinio il Vecchio menziona l'uso di una vernice brillante e protettiva da parte del pittore greco Apelle, e la pitturazione di navi romane con fusioni di cere e pece greca, addizionate di polveri colorate e applicate a caldo a pennello. Consta pure che le cere vennero usate per abbellire e proteggere statue di marmo (v. encausto). Nel sec. VIII furono usate vernici, analoghe alle nostre vernici grasse, per ottenere la tinta dorata sopra stagnola. Il monaco Teofilo scrive nella sua schedula diversarum artium (sec. XI) della preparazione di vernici a partire dalla gummi fornis. Tanto fornis, quanto veronix, verenicis e vernice, significarono fino al see. XV la sandracca, una resina ottenuta in Marocco e Algeria da incisioni praticate nella corteccia di Callitris quadrivalvis. Nel 1350 Alcherio descrive minutamente la preparazione della resina (pirogenazione) da sciogliersi in due parti di olio di lino, di canapa o di noce e raccomanda pure di servirsi delle dita per l'applicazione, anziché del pennello. Jacobus de Tholeto (1440) descrive le stesse operazioni e fa menzione del minio quale aggiunta durante la cottura della vernice, e consiglia inoltre di accendere l'olio alla superficie e di lasciarlo bruciare per la durata di tre paternoster, pratica molto simile a quella usata ancora pochi decennî addietro dai fabbricanti di vernici dense litografiche. All'inizio del sec. XV il pittore e scrittore d'arte Cennino Cennini descrive una "vernice liquida". La stessa "vernice liquida" fabbricata con sandracca e olio è descritta nel manoscritto bolognese "Segreti per colori". Nei periodi seguenti, oltre alla maggiore varietà di resine impiegate, si nota l'uso di solventi volatili come l'essenza di trementina, usata dapprima a Venezia, con cui si ottengono vernici nel senso moderno della parola, cioè di facile stendimento a pennello.
La fabbricazione industriale delle vernici è di data recente. La prima fabbrica inglese sorse nel 1790, la prima francese nel 1820, la prima austriaca nel 1843 e la prima fabbrica italiana verso il 1860. Con lo sviluppo della siderurgia e particolarmente con lo sviluppo dei moderni mezzi di trasporto terrestri, marittimi e aerei, il consumo delle vernici aumenta, poiché esse costituiscono l'unico mezzo per preservare economicamente dalla corrosione i materiali da costruzione.
La caratteristica principale del processo d'industrializzazione è il perfezionamento dei metodi usati per disperdere i pigmenti coloranti nei veicoli costituiti tanto da vernici propriamente dette, quanto da olî essiccativi non volatili, variamente lavorati. Negli ultimi decennî l'industria delle vernici passa decisamente nel campo della chimica applicata con l'adozione di resine sintetiche, esteri cellulosici, plastificanti e solventi sintetici. Nuovi processi di lavorazione degli olî essiccanti conosciuti e l'adozione dell'olio di legno della Cina permettono di ottenere con pigmenti adatti pitture di tale brillantezza e levigatezza da confondersi con gli smalti ottenuti dalla pigmentazione finissima di vernici.
Vernici.
Le vernici si classificano oltre che secondo il loro effetto decorativo e protettivo, anche secondo le sostanze componenti.
Vernici trasparenti o colorate. - Sono colorate con coloranti solubili o con sostanze bituminose colorate solubili.
Vernici grasse. - Sono costituite da olî essiccanti più o meno polimerizzati o ossidati, uniti in soluzione colloidale con sostanze resinose e al caso bituminose. Gli estremi di tale categoria sono costituiti da una parte dalle vernici magre, cosiddette all'essenza, cioè da soluzioni di resine in essenza di trementina o solventi derivati dal petrolio o dal catrame, e dall'altra parte dalle vernici ottenute dalla lavorazione degli olî essiccanti senza aggiunta notevole di resine e quindi grasse al 100%, destinate soprattutto a essere usate in unione con pigmenti colorati. Rappresentanti tipici di questa categoria sono le cosiddette flatting, vernici che dopo poche ore di essiccazione si possono lisciare con polvere di pomice e acqua, chiamate più propriamente vernici a polimento o a lisciare, considerato che il termine inglese ormai viene applicato a ogni vernice ritenuta fine o finissima. Anche il termine copale, applicato a suo tempo a vernici molto fini, prodotte come le flatting con resine fossili pirogenate (come la copale Cauri, Zanzibar, Congo, ecc.) è oggi ridotto a termine vago per qualità medie e scadenti. Per queste ultime, soluzioni di semplice colofonia indurita in derivati del petrolio, si usa appunto il termine copaline. Più che dalla presunta composizione il prodotto si definisce dall'indicazione dell'uso, per es.: sopraffina a finire (ultima mano per carrozze, insegne, ecc.), flatting o copale a forno per letti di ferro, vernice isolante, vernice oro ebollizione (per interno di scatole di conserva) e la composizione, ora più complicata dall'uso di resine sintetiche e parzialmente sintetiche, viene talvolta limitata solo dalla tassativa esclusione della colofonia in qualche capitolato statale. Appartengono a questo tipo inoltre le soluzioni organometailiche usate per accelerare l'essiccazione degli olî e costituite da linoleati, resinati, naftenati, ecc., di piombo, manganese, cobalto, ecc., e comunemente chiamate essiccativi, terebine, ecc. Inoltre le cosiddette vernici giapponesi ottenute da vernici grasse unite con sostanze bituminose nere.
Vernici all'alcool. - Sono soluzioni di resine in alcool con aggiunta eventuale di plastificanti e coloranti solubili all'alcool. Le resine più usate sono: la copale Manilla, ricavata soprattutto a Borneo e Sumatra dall'albero vivo Dammara orientalis, la cosiddetta gomma mastice ottenuta nell'isola di Chio dalla pianta viva Pistacia lentiscus, la cosiddetta gomma sandaracca, la colofonia e infine la gomma lacca, unica resina di provenienza animale. Esempî tipici di tali vernici: la vernice a stoppino o tampone, la lucidissima, la vernice per intagli e la vernice per etichette, oltre a numerose specialità.
Vernici alla cellulosa. - Sono costituite da nitrocellulosa, acetilcellulosa, benzilcellulosa, ece., sciolte in solventi e diluenti adatti con eventuale aggiunta di resine e plastificanti ed eventualmente colorate come sopra. Esempî: zapon, vernice tenditela per aeroplani, appretti varî, vernici cellulosiche a tampone, vernici collanti.
Vernici sintetiche. - Sono costituite a rigore di termini da resine ottenute da pura sintesi e sciolte in solventi adatti. Causa l'alto costo e l'applicazione molto limitata per ragioni tecniche, tali resine vengono usate solo in prodotti speciali. Commercialmente è invalso l'uso di distinguere con tale denominazione le vernici ottenute da resine gliceroftaliche combinate chimicamente con acidi grassi naturali, con o senza ulteriore aggiunta di olî o resine naturali, e sciolte in solventi adatti. La difficile solubilità e la conseguente ottima resistenza ai solventi, la rapida essiccazione e la resistenza al calore e alle intemperie caratterizzano tali vernici anche nell'applicazione pratica.
Numerose altre resine sintetiche e principalmente quelle derivate dalle resine formofenoliche vengono usate nelle vernici grasse, ma la loro natura sintetica interessa il fabbricante molto più del consumatore che raramente ne ravvisa la presenza. La formulazione e la lavorazione delle relative vernici avviene analogamente a quelle delle vernici grasse fabbricate con resine naturali e olî essiccanti.
Vernici pigmentate. - Sono costituite da un veicolo nel quale mediante impasto e raffinazione opportuna fu disperso un pigmento insolubile nel veicolo stesso. Normalmente si disperdono nel veicolo i pigmenti asciutti e ridotti a polvere della necessaria finezza. Gran parte dei pigmenti lasciano un residuo inferiore all'1% sopra setaccio di 16.000 maglie per cmq. In comuni pitture, che non debbono sottostare a collaudi, e in prodotti speciali si scende fino a una finezza di 6400 maglie. Anche un pigmento fine o leggermente agglomerato può offrire resistenza all'inumidimento da parte del veicolo e richiedere forte lavoro meccanico per la completa dispersione. Esistono pure processi per trasformare paste acquose di pigmenti precipitati in paste oleose, mediante emulsione con olî e susseguente distruzione dell'emulsione. È necessario partire da pigmenti oleofili e operare opportuni lavaggi per eliminare gli agenti emulsionanti, quindi eliminare le tracce di acqua. La dispersione del pigmento influisce sulla resistenza della vernice applicata e più ancora sull'aspetto decorativo. Una dispersione molto fine in veicolo adatto onde ottenere uno strato brillante e levigato si chiama generalmente vernice a smalto, o brevemente smalto. Vernici pigmentate che non presentano tali caratteristiche vengono denominate semplicemente "vernice", con l'indicazione del colore e dell'uso.
L'influenza del pigmento sulle caratteristiche della pellicola ottenuta dopo l'essiccazione è notevole. Innanzitutto impedisce la penetrazione dei raggi ultravioletti in profondità e limita i relativi fenomeni di disgregazione alla superficie; rende la pellicola più compatta e meno permeabile all'umidità; può influire sul supporto verniciato specie sul ferro, neutralizzando l'azione corrosiva dell'idrogeno nascente per influenze esterne, o per coppie galvaniche dovute a discontinuità nel metallo; può influire per azione catalitica in senso positivo o negativo sull'essiccazione del veicolo. I pigmenti basici (biacca, bianco zinco, minio di piombo) possono reagire con gli acidi grassi esistenti nel veicolo e con i prodotti di scissione acidi, che si formano durante l'essiccazione e durante l'invecchiamento della pellicola; i saponi che ne derivano formano aggregati microcristallini a struttura intrecciata e di maggiore resistenza alle intemperie; in pari tempo ritardano la perdita di volume della pellicola e quindi anche la formazione di screpolature.
La pigmentazione dell'olio essiccativo crudo o cotto fluido fa risultare pellicole protettive di alto valore tecnico, mentre tali veicoli da soli non formano pellicole di sufficiente spessore, uniformità e resistenza. Tali pitture a olio sono ben distinte dalle altre vernici per la facilità di determinazione analitica, fissata con precisione dai capitolati di fornitura di tutti gli enti statali e per la facilità di preparazione e applicazione. Fanno parte delle vernici grasse pigmentate, delle quali rappresentano il limite estremo, essendo grasse al 100%. L'altro estremo è rappresentato dai cosiddetti smaltini, soluzioni resinose in derivati del petrolio (copalina) pigmentate a smalto, cioè a dispersione fine. Si distinguono quattro categorie di vernici pigmentate corrispondenti alle quattro categorie di vernici trasparenti.
Vernici grasse e oli essiccanti pigmentati. - a) Pitture a olio. Comprendono soltanto le pitture costituite da pigmento disperso in olio crudo od olio cotto fluido (generalmente di lino) e quindi applicabili a pennello senza o con minime aggiunte di solventi volatili. Tutte le vernici pigmentate costituite da veicoli diversi, ma di aspetto identico alla normale pittura a olio (brillante untuoso, distensione incompleta delle caratteristiche striature lasciate dal pennello), vengono denominate semplicemente "vernice" con l'indicazione del relativo colore e generalmente con l'indicazione dell'impiego principale.
b) Vernici colorate in genere. Tale classe intermedia fra le pitture e gli smalti che seguono rappresenta la gran massa di prodotti industriali, e, pure somigliando alla pittura a olio propriamente detta per composizione e campo d'impiego, dev'essere distinta, poiché si esclude la possibilità di valutare analiticamente la composizione agli effetti della resistenza alle intemperie, all'immersione o al calore. Esempî di vernici colorate in genere: vernice rossa per specchi, vernice sottomarina rossa antivegetativa, vernice grigia per macchine, tutte le vernici opache bianche e colorate, e numerosi prodotti speciali e ausiliarî, per es., mastice a spatola, a spruzzo, paste di colore per verniciatura di pelli, per litografia su metallo, per rilievografia su carta.
c) Smalti grassi. Sono dispersioni finissime di pigmenti insolubili nelle vernici grasse. I tipi migliori sono caratterizzati dalla mancanza di residuo sopra setaccio di finezza superiore alle 10.000 maglie per cmq., da una perfetta distensione speculare sopra supporti piani, senza traccia di rigatura proveniente dal pennello, e da un brillante quasi vitreo, dopo essiccati. Se per interno, hanno limitata elasticità, ma forte resistenza all'unghia e allo sfregamento, se per esterno, notevole elasticità, resistenza alla saponificazione, al sole e quindi alle intemperie.
Smalti (vernici a smalto) all'alcool. - Le dispersioni di pigmenti insolubili in vernici all'alcool hanno generalmente caratteristiche di smalto con elasticità e resistenza ridotte e proprie del veicolo usato. Proprietà caratteristica è la rapidissima essiccazione.
Smalti (vernici a smalto) alla cellulosa. - Sono costituiti principalmente da nitrocellulosa a basso tenore di azoto, da solventi e diluenti adatti, da plastificanti, da resine naturali o artificiali e da pigmenti finemente dispersi. I solventi più usati sono gli acetati di amile, butile, etile e metile, l'acetone, il metiletilchetone, il diacetonealcool, il metilglicolo e l'etilglicolo. Questi solventi vengono a loro volta combinati con diluenti privi di potere solvente specifico, quali l'alcool etilico e butilico, il benzolo, toluolo e lo xilolo. Il giusto equilibrio fra solventi e diluenti deve mantenersi durante l'asciugamento e la gelatinizzazione dello strato applicato, onde prevenire la precipitazione di sostanze sciolte. Per dare elasticità alla pellicola si aggiungono plastificanti, sostanze non volatili, atte a formare con la nitrocellulosa una gelatina omogenea, trasparente. Molto usato il tricresilfosfato, il dibutilftalato e l'olio di ricino soffiato. Per ottenere pellicole lucide e lucidabili si aggiungono resine naturali come la damar, la gomma lacca, la colofonia, e artificiali come i derivati formofenolici, polivinilici, maleici e gliceroftalici. Nella soluzione di nitrocellulosa, plastificante e resina, si disperde un pigmento che non reagisca, né si sciolga nelle componenti citate. In confronto agli smalti sintetici, e maggiormente in confronto agli smalti ad alcool e agli smalti grassi, gli smalti alla cellulosa, nella diluizione adatta per l'applicazione contengono una percentuale molto bassa di sostanza non volatile. Lo strato applicato risulta molto sottile dopo l'evaporazione dei solventi e le maggiori difficoltà che ne derivano sono la difficoltà di uguagliare le minime asperità del fondo e quella di ottenere una dispersione tanto fine del pigmento da non lasciare scorgere particelle di pigmento affioranti alla superficie. Generalmente si ottiene un perfetto brillante solo con la lucidatura meccanica dello strato asciutto.
Smalti (vernici a smalto) sintetici. - Sono derivati in prevalenza da vernici di sintesi parziale, cioè con impiego di acidi grassi naturali combinati chimicamente con glicerina e anidride ftalica. L'affermazione di questi smalti è dovuta alla rapida essiccazione ed elevata resistenza ai solventi, per cui si avvicinano ai pregi dei prodotti cellulosici e a un'elevatissima resistenza all'esterno e al calore, per cui superano senz'altro anche le vernici e gli smalti grassi. Inoltre i prodotti sintetici si combinano con gran parte delle materie prime usate per le vernici grasse e d'altro canto con quelle cellulosiche, permettendo così sostanziali modifiche rispetto ai tipi finora conosciuti.
Fabbricazione. - Le materie prime usate per la fabbricazione delle vernici grasse sono resine fossili chiamate copali o impropriamente gomme copali, quali copale Zanzibar, Madagascar, Sierra Leone e Congo, le copali semifossili australiane Caurii la resina recente Damar prodotta da Dipterocarpacee a Batavia, Padang, Indragiri e Sumatra e il balsamo di pino che, sottoposto a distillazione, fornisce l'essenza di trementina e la colofonia. Le resine menzionate servono principalmente per la fabbricazione di vernici grasse ad eccezione della colofonia che per la sua facile solubilità viene adoperata in tutte le categorie di vernici. Le copali fossili non si sciolgono nei solventi e vengono pirogenate per renderle solubili. Le gomme recenti sono solubili in solventi adatti. La gomma Damar è solubile in acquaragia, solventi alifatici e benzolici. La colofonia viene usata in forma di resinato di calcio o esterificata con glicerina ed entra nella composizione di resine artificiali formofenoliche denominate Albertoli, succedanei delle copali. Resine artificiali di pura sintesi sono le resine di alchilfenolo e formaldeide del tipo Superbeckacite. La gomma sandaracca, anticamente usata in combinazione con olio grasso, attualmente serve solo per vernici all'alcool. Gli olî usati per le vernici grasse sono l'olio di lino, l'olio di legno della Cina, l'olio di oiticica ed eccezionalmente l'olio di canapa, noce, perilla e soia. Detti olî subiscono trasformazione mediante cottura con o senza ossidi e sali metallici, o soffiandoli con aria, ossigeno o ancora per irradiazione con raggi ultravioletti. Specie l'olio di legno e l'olio di oiticica sono inservibili allo stato naturale e richiedono una polimerizzazione a 2800 spinta fino quasi alla gelatinizzazione, o altri trattamenti speciali. I solventi usati per le vernici grasse sono l'acquaragia, la benzina che distilla fra 150° e 180°, la tetralina e decalina ed eccezionalmente solventi benzolici e clorurati.
Le materie prime per vernici all'alcool sono limitate a quelle già menzionate nella classificazione. La fabbricazione di dette vernici è una semplice operazione di scioglimento a freddo in serbatoi muniti di agitatore o in zangole rotanti.
Le materie prime per le vernici alla cellulosa sono quelle sopra elencate e la fabbricazione avviene pure a freddo, sciogliendo l'etere o estere cellulosico in solventi. La dispersione del pigmento può avvenire impastando e raf6nando il pigmento con plastificante e aggiungendo poi, gradatamente sotto agitazione, la soluzione cellulosica e resinosa onde evitare perdite di solventi volatili, ovvero raffinando impasti fluidi di pigmento, soluzione resinosa e plastificante possibilmente in macchine emieticamente chiuse e aggiungendo poi la soluzione cellulosica.
Le materie prime per le vernici sintetiche sono l'anidride ftalica, la glicerina, gli olî essiccanti, semiessiccanti o non essiccanti ed eventualmente gli acidi grassi corrispondenti. L'apparecchiatura è alquanto più complicata dei normali impianti di cottura per vernici grasse. La sintesi avviene generalmente a 250° e il prodotto risultante forma già per sé stesso una vernice completa: basta diluire con solventi benzolici, alifatici o acquaragia e aggiungere il composto metallico che serve da essiccante.
Peri i pigmenti usati per le pitture a olio e per i diversi tipi di vernici a smalto, v. olio, Pittura a, XXV, p. 281. Oltre a tali colori di particolare solidità, si usano altri di minore costo o di tinta particolamiente vivace, quali giallo e arancio cromo, giallo zinco, blu di Prussia, litopone e pigmenti organici quali giallo Hansa, rossi litolo, rossi di paranitroanilina e toluidina, elio bordeaux e numerose lacche di varia solidità. Importanza tecnica hanno gli ossidi di piombo e di ferro per pitture a olio antiruggini. il biossido di titanio e la grafite quali pigmenti inerti e la polvere di alluminio per la struttura lamellare. Molto usato il solfato di bario naturale e precipitato, il carbonato e solfato di calcio, l'ardesia, e la silice quali substrati e riempitivi.
La fabbricazione avviene in stabilimenti con impianti e apparecchi tipici per l'industria chimica. Occorre un laboratorio chimico per l'esame delle materie prime, semilavorati e prodotti finiti, quindi attrezzato per analisi chimiche e tecnologiche; reparti di cottuia dotati di caldaie di ferro, rame, alluminio, autoclavi a fuoco diretto o a riscaldamento indiretto con varî sistemi, non escluso il riscaldamento elettrico; stazioni di pompaggio per materie fluide e vernici finite; impianti di filtraggio dotati di centrifughe, filtrocentrifughe, filtropresse e filtri ad amianto e cellulosa. La vernice filtrata viene sottoposta a naturale invecchiamento, per cui occorrono vasti depositi per vernici finite, accanto a serbatoi per gli olî essiccanti cmdi e lavorati e serbatoi sotterranei per solventi infiammabili (acquaragia, derivati del petrolio e del catrame). Il deposito dei solventi acquista particolare importanza nei reparti che fabbricano le vernici cellulosiche, sia per la varietà dei solventi e diluenti necessarî, sia per la volatilità e infiammabilità degli stessi. Le lavorazioni più difficili e caratteristiche che avvengono nei reparti di cui sopra sono la pirogenazione delle copali a temperature tra 340° e 380°, operazione classica già menzionata da Alcherio nel 1350, necessaria per rendere le copali fossili solubili negli olî essiccanti.
Per eseguire la pirogenazione si carica la caldaia, che sarà di forma stretta e alta, con copale, in noci uniformi, fino a un quinto dell'altezza totale e la si espone solo nella parte inferiore a un fuoco fortissimo, curando di aspirare i fumi entro tubazioni adatte.
La quantità di distillato varia da 20 a 30% del peso della copale e provoca una schiuma 10rtissima che si eorrompe solo quando la copale ha raggiunto la fluidità necessaria. Si aggiunge subito l'olio preriscaldato, si cuoce a temperature vicine ai 300° per ottenere una perfetta soluzione e si raffredda sotto ai 200° per aggiungere composti metallici essiccanti e solventi adatti per vernici grasse.
Altra operazione fondamentale è la polimerizzazione degli olî essiccanti in caldaie di metallo non suscettibile a dare saponi colorati e a colorare l'olio: principalmente usato l'alluminio, l'acciaio inossidabile e nei paesi anglosassoni il metallo Monel. Recentemente tali caldaie vennero adattate per la pirogenazione delle copali. Ne consegue, oltre al vantaggio di ottenere prodotti più chiari, l'eliminazione dei fumi, con ricupero delle condense in adatti impianti fumivori. Caratteristica pure l'attrezzatura per la dispersione dei pigmenti nei diversi veicoli, costituita da impastatrici per paste e per mastice per vetri, analoghe a quelle usate per il pane, e da mescolatori semplici o planetarî per paste molli. La raffinazione delle paste avviene sopra raffinatrici identiche a quelle usate per la cioccolata e costituite da una serie di cilindri di ghisa indurita o di porfido, orizzontali, combacianti lungo una linea di contatto parallela all'asse e giranti a velocità che aumentano dal cilindro di entrata al cilindro di uscita. Fra il primo cilindro destrorso e il secondo sinistrorso il materiale è obbligato ad entrare nella fessura registrata ove viene asportato in avanti dal secondo cilindro in seguito alla maggiore velocità periferica di quest'ultimo; il giuoco si ripete a ogni linea di contatto con il prossimo cilindro, alternandosi dall'alto in basso e dal basso in alto. Il cilindro di uscita rende il materiale a un coltello di acciaio pressato eontro quest'ultimo.
La raffinazione di paste fluide può avvenire in altri tre tipi di macine:
1. Mulini a palle, costituiti da cilindri opportunamente rivestiti all'interno e rotanti attorno a un asse orizzontale. Il carico è costituito da pietre dure in pezzi arrotondati, da sfere di acciaio o da sfere di porcellana indurita per circa il 41% del volume totale. Il veicolo con il pigmento da disperdere viene caricato fino a riempire insieme con i ciottoli il 92% del volume totale. La consistenza dell'impasto e la velocità di rotazione vengono regolate in maniera che i ciottoli sollevati nella rotazione possano ricadere verso il centro del tamburo e non restino appiccicati alla periferia.
2. Macine a imbuto, costituite da una coppia di dischi di ghisa indurita, porfido o porcellana indurita. Sono analoghe ai comuni mulini a palmenti.
3. Raffinatrici monocilindriche, costituite da un cilindro di ghisa indurita orizzontale, girante a velocità che varia da 200 a 300 giri al minuto, e che obbliga il materiale a uscire dalla fessura formata da una sbarra di ghisa della lunghezza del cilindro e parallela a esso, pressata in senso radiale contro la sua superficie. Un coltello raccoglitore e un dispositivo per l'automatico e continuo spostamento assiale del cilindro completano la macchina che si distingue dalle altre per semplicità, basso consumo di energia e notevole resa specie per la dispersione fluida di pigmenti fini che non abbiano tendenza ad agglomerarsi.
Metodi di applicazione. - Le vernici si applicano a pennello, a spatola, a spruzzo, a immersione, a tampone, con rulli di gomma, con rulli di gelatina e a tamburo. L'applicazione a pennello, pure essendo la più semplice e la più diffusa, a volte presenta difficoltà. Una vernice molto essiccante non dà il tempo per uno stendimento uniforme sopra grandi superficie unite. La difficoltà aumenta nello stendere una seconda mano sopra la prima, se il prodotto contiene solventi capaci di rammollire la pellicola asciutta. Questo avviene specialmente nella verniciatura alla cellulosa, motivo per cui la tecnica di verniciatura a spruzzo, mediante aerografo e aria compressa, costituisce una necessità oltre che un'economia di mano d'opera. Per la verniciatura di minutaglie si usa immergere gli oggetti, raccolti sopra setaccio o appesi. Le minutaglie si possono verniciare anche in tamburi giranti attorno a un asse orizzontale aggiungendo la quantità di vernice strettamente necessaria per coprire gli oggetti che si lasciano asciugare al caso nello stesso tamburo. La verniciatura fine di mobili e serramenta di legno si eseguisce a tampone, ottenendo con strati sottilissimi una levigatura caratteristica sia in piano sia sul tornio. La verniciatura con rulli di gomma è molto usata per verniciare carta, cartone e tubetti di stagnola; la verniciatura con rulli di gelatina, per verniciare le litografie su latta. L'applicazione a spatola è usata per stendere stucchi su legno, metallo e muri quale operazione preparatoria alla verniciatura, e spesso per ottenere decorazioni ad effetti plastici.
Raramente una verniciatura viene eseguita in una sola operazione e con un solo prodotto. Le diverse fasi di preparazione hanno lo scopo di ottenere dapprima uno strato di massima aderenza al fondo, poi uno strato di spessore sufficiente per sommergere le asperità del fondo e di facile lisciatura con abrasivi adatti. Per verniciature fini anche tale fondo è ancora imperfetto; comunque, rappresenta la struttura che più spesso s'incontra. La verniciatura trasparente del legno presenta la maggiore difficoltà nel riempimento delle porosità con sostanze adatte. La verniciatura dei muri deve tenere conto dell'alcalinità della calce e del cemento che intacca veicoli e pigmenti e richiede una preparazione del fondo stesso. La luce, la temperatura, il grado di umidità ed eventuali emanazioni gassose possono influire sulla riuscita della verniciatura.
Smalti. - Gli smalti (fr. émail; sp. esmalte; ted. Email, Emaille, Schmelz o Glasur; ingl. enamel) sono formati da fondenti quali acido borico, borace, litargirio, soda e potassa, da costituenti quali silice e ossidi di bario, stagno, zirconio e antimonio, ecc., che a loro volta possono opacizzare e colorare o meno, e da ossidanti quali minio, pirolusite e salnitro, che servono a eliminare impurità carboniose. Dalla fusione di queste sostanze si ottiene lo smalto, cioè un miscuglio di silicati, borati e fluoruri di sodio, potassio, calcio, piombo, ecc., contenente ossidi metallici coloranti e opacizzanti in parte combinati, in parte finemente sospesi.
Le materie prime usate sono: feldspato, quarzo, soda, potassa, acido borico, borace, minio, litargirio, biacca, spatofluore, fluosilicato di sodio, fosfato di sodio e bario, ossido di stagno, zirconio e antimonio e, per gli smalti colorati, gli stessi ossidi che servono a colorare il vetro.
I più importanti sono gli smalti per lamiera e ghisa che a loro volta si dividono in smalti di fondo o controssidi, smalti colorati vetrosi veri e proprî, smalti per ceramica e smalti per pittura. Il controssido serve a isolare lo smalto dal ferro per evitare reazioni dannose, e ad aumentare l'aderenza sul fondo. Tale controssido è ricco di silice e quasi esente da piombo per cui a 1000° diventa appena pastoso e fornisce uno strato bruno, poroso, resistente alle dilatazioni del fondo metallico. Lo smalto invece fonde a temperature molto inferiori e si vetrifica in uno strato compatto. Gli smalti per oggetti da cucina sono esenti da piombo. Lo smalto resistente agli acidi e ricco di silice e povero di calcio e allumina. Oltre che per rivestimenti gli smalti si usano direttamente, cioè in massa, senza supporti di altra natura, per conterie o musaici, e si vendono per tali applicazioni in forma di pani o bacchette. Il peso specifico dello smalto è superiore a 3 mentre il vetro varia da 2,3 a 2,8 e solo il cristallo ha un peso specifico superiore.
Fabbricazione. - La miscela delle materie prime finemente polverizzate viene fusa in crogiuoli collocati in forni a muffola. La massa fusa viene versata in acqua e quindi macinata a secco o umido. Allo smalto macinato con acqua si aggiunge dell'argilla per ottenere un fluido cremoso adatto a essere spalmato sugli oggetti. Vi si possono anche aggiungere ossidi metallici coloranti. Lo smalto polverizzato può essere applicato anche con leganti organici se si tratta di lieve spessore come in pittura sopra fondo di ceramica o di smalto. In casi speciali si possono smaltare oggetti metallici spargendo lo smalto in polvere sopra l'oggetto arroventato.
Di solito la smaltatura avviene per immersione, a spruzzo, a pennello o a spatola. Quindi si essicca a bassa temperatura e si cuoce infine al calore rosso in forno a muffola. Gli oggetti metallici vengono imbianchiti in acido prima dell'applicazione.
Bibl.: Per le vernici: F. Seeligmann, E. Zieke, Handbuch der Lack- und Firnisindustrie, Berlino 1930; Ch. Coffignier, Les vernis, Parigi 1921; H. A. Gardner, Physical and chemical examination of paints, varnishes, lacquers and colors, Washington 1933. Per gli smalti: Brause, Der Emailliermeister, Dresda 1911; Eyer, Eisenemallierung, Lipsia 1907; Randau, Die Fabrikation des Emails und das Emaillieren, 4ª ed., Vienna 1909.
Pittura.
Nei riguardi della pittura, questa voce è limitata a designare la soluzione di una resina o di una gommoresina o di una resinogomma in un olio siccativo o etereo, o nell'alcool. Le vernici che ne risultano possono essere: oleo-resinose o grasse, ottenute dalla liquefazione a fuoco di una resina o gommoresina dura in un olio siccativo; normali, dalla soluzione di una resina o gommoresina tenera in un olio etereo; a spirito, nelle quali la resinogomma è sciolta nell'alcool. Queste ultime hanno uso limitato alla protezione delle tempere o alla preparazione di talune imprimiture speciali V'è molta confusione, in commercio, fra le due parole gomma e resina, a causa del grandissimo numero di tali sostanze che affluiscono dai paesi tropicali, e all'ignoranza per molte di esse dei vegetali da cui derivano. Per questa ragione esse portano sempre il nome del paese di provenienza. Ve ne sono anche di fossili, alle quali la lunga permanenza nel suolo ha dato proprietà particolari. Le più usate per le vernici sono la sandracca, la dammara (v. agathis), la mastice, la copale e l'ambra.
La mastice cola in lacrime dal lentisco pistaccio dell'arcipelago greco. È fragile, molto trasparente, si scioglie parzialmente nella trementina, costituendo una vernice ottima per molti riguardi, il cui solo inconveniente è una certa tendenza al velo azzurrognolo, favorita dall'umidità.
I solventi delle resine più usati ai fini della pittura sono gli olî siccativi e quelli essenziali. Fra i primi l'olio di semelino e quello di noce; fra i secondi, comunemente detti essenze, la trementina, la lavanda o spigo, e l'essenza di petrolio (v. olio, pittura a). Si aggiungono talvolta alle vernici i cosiddetti essiccanti per affrettarne il prosciugamento: per lo più ossidi metallici, oltre a un gran numero di preparati che sono in commercio, e dai quali è bene che il pittore si guardi.
La tecnica della pittura contempla l'uso delle vernici in tre momenti diversi: nell'applicare il colore; nel riprendere il lavoro sopra uno strato preesistente; nel verniciare il quadro dopo il suo compimento. Da qui tre gruppi di vernici: vernici per dipingere, vernici per ritoccare, vernici finali (v. olio, pittura a).
Le vernici per dipingere sostituiscono con vantaggio le essenze, specialmente quella di petrolio, nel rendere più liquidi i colori. Lungi dall'impoverirli del loro olio, come fanno le essenze evaporando, aggiungono al colore materie solide che, incorporandosi ad esso, ne aumentano la resistenza e lo splendore e gli forniscono una preziosa riserva di ossigeno tale da facilitare e sollecitare il disseccamento della pasta negli strati profondi ai quali l'ossigeno dell'aria arriva con stento sempre maggiore, a mano a mano che alla superficie si ispessisce la pellicola solida che si va formando. Il pittore è così in grado di regolare come meglio crede la essiccabilità dei suoi colori.
Le vernici per ritoccare trovano l'applicazione più immediata nell'eliminare i prosciughi, inconveniente inevitabile della pittura a olio, e che ne alterano l'apparenza in modo tale da rendere assai difficile le riprese del lavoro. Un altro loro grande vantaggio è quello di assicurare l'aderenza dei successivi strati di pittura sugli antecedenti, qualunque sia il loro stato di disseccamento, poiché anche fra lo stesso colore a olio, secco da una parte e liquido dall'altra, si genera, come ben disse il Previati, una repulsione simile a quella dell'acqua per le superficie oleose, impedendo l'assorbimento per capillarità, che è il solo sicuro. L'aderenza per semplice contatto, che si può ottenere con l'insistenza del pennello, prepara, a lungo andare, il crollo del colore.
Una buona vernice per dipingere trova il modo di penetrare nei meati della pasta essiccata, approntando e procurando alla pasta fresca una più sicura aderenza.
Le vernici finali servono a proteggere il dipinto dall'azione della luce, dell'aria, della polvere, dell'umidità, e dall'attrito.
La preparazione delle vernici non presenta particolare difficoltà per il pittore che voglia personalmente accudirvi, compensato, in questa sua fatica, dalla sicurezza sulla genuinità del prodotto. Naturalmente, è necessaria la scrupolosa pulizia dei recipienti, il rigoroso collaudo delle materie prime, e, trattandosi di materiale infiammabile, la più grande attenzione. Gli olî, che non devono essere rancidi, si provano con la carta di tornasole; le essenze devono essere di recente distillazione. Occorre un matraccio di vetro sottile a collo lungo, nel cui fondo si mette vetro pesto o in palline, ben pulito e asciutto. Tale recipiente va riempito solo a metà. Il calore, da un fornelletto a carbone, deve arrivare al matraccio per mezzo del bagnomaria o di uno strato interposto di rena. Calore moderato ed ebollizione breve. Dopo un giorno di riposo, si decanta il prodotto, che è pronto per l'uso. Per la mastice, è preferibile esporre il matraccio al sole, dopo averlo tappato leggermente con cotone, riportandolo al chiuso quando il sole tramonta. Per le vernici grasse si adoperano gli olî di lino o di noce cotti; per le normali l'essenza di trementina. Si può aggiungere talora un poco di canfora per facilitare la soluzione.
Le vernici vanno conservate in bottiglie sempre piene, per difenderle dal contatto dell'aria e dall'umidità; bisogna pure ripararle dal freddo eccessivo. In tali condizioni, invecchiando migliorano; ma, al di là di un certo limite scapitano nelle qualità essiccanti. Esteso oltre ogni dire è il ricettario delle vernici. Specialmente complicate sono le formule che rimontano ai tempi dell'empirismo e nelle quali si trovano spesso le più impensate sostanze. I missionarî di ritorno dall'Etremo Oriente portarono in Europa segreti preziosi (v. lacca) i quali ebbero l'effetto di suscitare la mania per le vernici che infierì nel Settecento. Solo in tempi recenti l'argomento cominciò a entrare nel campo della scienza; e molto gli artisti debbono al chimico francese Vibert i cui studî hanno chiarito assai la questione, culminando nella composizione di un'ottima vernice a base di una sostanza stabile contenuta nelle resine, da lui trovata e isolata, e della quale ha serbato il segreto. Un consiglio che l'esperienza ha consacrato è quello di adottare per tutte le contingenze una sola qualità di vernice, in diluizione variabile secondo lo scopo; e questa potrebbe esser la mastice che risponde assai bene, e il cui impiego va perciò incontrando sempre maggior favore fra gli artisti (per le varie dosi v. olio, pittura a). Le vernici ad alcool, una volta in uso, vanno tutte ripudiate per la pittura ad olio.
Il cambiamento della vernice, operazione quasi inevitabile nel restauro delle vecchie tele, è anche talvolta reso necessario in quadri recenti nel caso di ritocchi o riparazioni alla pittura; oppure di ingiallimento, imbianchimento, insudiciamento o in genere alterazioni della vernice stessa. Prima di toglierla, si può tentarne il ringiovanimento con l'esporre la pittura ai vapori dell'alcool (sistema Pettenkoffer). Questa pratica, anche se non raggiunge, in taluni casi, lo scopo, ha sempre il grande vantaggio di render facile in un secondo tempo l'asportazione della vernice. Tale operazione si può fare a secco, quando la pittura è liscia, soffregando pazientemente la vernice col polpastrello delle dita per provocarne la disgregazione; ma se la superficie dipinta è rugosa o granulosa, per impasto nutrito, conviene farla per via umida, sciogliendola per mezzo di un miscuglio di alcool e acquaragia (tre a uno) con l'aggiunta di un pochino di olio di lino o di noci. Di tale solvente bisogna sorvegliare e regolare con prudenza l'azione; si consiglia di cominciare con una dose leggiera di alcool perché questo potrebbe, attaccando il colore, danneggiare la pittura. Prima di operare, è necessario lavare la superficie accuratamente con acqua tiepida, per toglierne ogni sporcizia; quindi asciugarla a dovere. Le vernici dure resistono spesso all'azione dell'alcool. È allora opportuno aggiungere al liquido della benzina; se ciò non basta, sostituire addirittura la benzina all'acquaragia. Al miscuglio si può conferire maggior vigore con l'aggiunta di canfora, e con l'adoperarlo caldo. Sostanze di più efficace azione sono, per ordine di attività, il petrolio, l'etere solforico, il solfuro di carbonio; da maneggiare tutte, naturalmente, con grande precauzione.
La verniciatura nell'edilizia.
S'intende per verniciatura l'operazione mediante la quale si ricoprono con vernici infissi, pareti, ecc., sia a scopo protettivo, sia a scopo ornamentale.
Preparazione. - Prima di procedere alla verniciatura propriamente detta è opportuno assicurarsi che la parete, il serramento o l'oggetto in genere da verniciare siano convenientemente preparati e in particolare che essi offrano una superficie levigata e pulitissima. Quindi, anche allo scopo di evitare un'inutile dispersione di vernice, è opportuno passare sulla superficie da verniciare, in specie trattandosi di intonaci normali, uno o due strati di latte o, desiderandosi un lavoro accurato, uno o due strati di una soluzione composta di acqua di colla o latte e carbonato di calce, o calce bianca spenta. A causa delle sue proprietà igroscopiche è da evitare per questi strati di preparazione il bianco o gesso da pittori. Altra preparazione usata frequentemente è quella costituita da una miscela di olio di lino cotto con il 65% di biacca ed il 25% di creta purgata. Del resto oggi si trovano in commercio numerosi prodotti destinati alla preparazione degl'intonaci. Si tratta per lo più di preparati neutri che non fermentano e preservano dalle muffe.
Verniciatura su intonaco di cemento. - L'intonaco di cemento contiene, come è noto, calce libera, sicché verniciando un intonaco a cemento prima che siano trascorsi circa un paio d'anni dalla sua applicazione, la calce caustica e l'olio della vernice combinati saponificheranno e quindi verranno facilmente asportati dall'acqua. È per questo buona regola il verniciare le superficie a cemento mediante preparati a base di silicati alcalini; inoltre ogni qualvolta si debbano verniciare intonaci a cemento sarà opportuno lavarli preventivamente con una soluzione di acido solforico all'i% che neutralizza la calce libera.
Verniciatura sul legno. - Per la verniciatura del legno occorrono cure speciali. In particolare è necessario che il legno da verniciare sia assolutamente secco; in casi speciali, manifestandosi la necessità di verniciare il legno ancora umido si procede preventivamente a prepararlo mediante una mano almeno di olio di lino cotto. Tutte le fessure e le asperità del legname vanno eliminate prima della coloritura con l'applicazione dello stucco. Questo si compone generalmente di una parte di olio di lino cotto, due parti di olio di lino greggio e creta in polvere. Allo stucco così preparato è opportuno mescolare sostanze coloranti che diano al preparato un colore che si avvicini a quello da adottare in seguito con la verniciatura.
Per la prima mano di preparazione, o imprimitura, si fa uso di una miscela composta di due parti di olio di lino cotto, di due parti di olio di lino crudo con aggiunta di bianco di piombo o di zinco. Se il colore che si deve dare in seguito alla superficie è di intonazione scura, si aggiunge anche un poco di ocra.
Asciugata bene l'imprimitura, si procede all'applicazione delle tre mani di vernice. Per questa si fa uso normalmente di una miscela composta di una parte di olio di lino cotto, due parti di olio di lino greggio, più un 60% di biacca ed eventualmente un 35% di ocra. Essendo però la biacca soggetta ad ingiallire - e ciò in particolare per azione dell'acido solfidrico - oggi si tende a sostituirla con il bianco di zinco.
Anche per il legno si fa uso oggi inoltre di vernici e biacche alla nitrocellulosa applicabile sia mediante il pennello, sia, e meglio, a pressione mediante appositi apparecchi a spruzzo detti areografi.
Esistono oggi inoltre in commercio numerosi preparati che oltre ad elevare la temperatura di accensione del legno fanno sì che esso carbonizzi senza produrre fiamma. Altri preparati valgono a rendere il legno perfettamente incombustibile.
Verniciatura sul ferro. - Si procede come per il legno avendo cura però di preparare la superficie mediante minio di piombo o di ferro. Quest'ultimo, più economico, presenta però anche una minore durata. Il colore più comunemente usato nell'edilizia per le verniciature su ferro è forse il nero, per il quale serve di solito come materia colorante la grafite. Si trovano però oggi in commercio preparati speciali, in tutte le tinte destinati alla verniciatura del ferro e composti prevalentemente di ossidi metallici. Altri preparati sono inoltre in commercio particolarmente adatti alla verniciatura dei radiatori dei termosifoni. Altri ancora, infine, adatti anche per intonaci a cemento, resistono particolarmente alla benzina, al petrolio, alla nafta e all'azione degl'idrocarburi in genere.
Generalità sulla verniciatura. - Per ottenere una verniciatura a superficie opaca si usa sostituire tutto o parte dell'olio di lino cotto contenuto nella miscela con essenza di trementina. All'opposto volendo ottenere una superficie brillante si aumenterà la percentuale dell'olio di lino cotto.
Per accelerare il processo di essiccamento della verniciatura si farà uso di preparati speciali, per lo più a base di litargirio o perossido di manganese. Si rammenti però come ad un sollecito prosciugamento delle vernici, comunque ottenuto, corrisponda in genere una minore durata.
Bibl.: D. Donghi, Manuale dell'architetto, Torino 1900-08; E. A. Griffini, Dizionario dei nuovi materiali per l'edilizia, Milano 1934.