VEIOVE (Vēdiovis, Vēiovis)
Antichissima divinità romana di origine italica od etrusca, il cui carattere originario è incerto (esso già sfuggiva agli antichi: Cic., De nat. deor., ii, 62). Sembra identificabile con Vedius (Mart. Cap., ii, 142 e 166: Vedius id est Pluton, quem etiam Ditem Veiovemque dixere). Veniva collegata con Giove, anche a causa del nome: e, secondo il valore dato al prefisso ve era considerato un Giove giovane o addirittura fanciullo (Fest., p. 519 [379) L.), ovvero malefico, identificato con Orcus (Mythogr. Vatic., iii, 6, 1) e, probabilmente, con Ζεὺς Καταχϑόνιος (Dion. Hal., ii, 10, 3).
Il luogo principale del suo culto era la sella inter Arcem et Capitolium (Gell., v, 12) - detta anche inter duos lucos (Vitruv., iv, 8, 4; Fasti Praen. ad Non. Mart.) ovvero ante duos lucos (Ov., Fasti, iii, 430) - la quale si trovava presso l'Asylum, (quem locum deus Zucoreus [Λυκωρεύς, figlio d'Apollo] sicut Piso ait, curare dicitur: Serv., Aen., ii, 761). È molto probabile, quindi, che V., e non altro, sia stato il dio dell'Asilo. Era festeggiato il primo giorno dell'anno, insieme ad Esculapio, nell'Isola Tiberina, ove però è dubbio avesse un proprio tempio: il 7 di marzo si celebrava la dedica del tempio sul Campidoglio; inoltre il 21 maggio si svolgeva in suo onore un agonium, ciò che dimostra l'antichità del culto (C.IL., i, 305, 311, 318; Not. Scavi 1931, p. 89).
Plinio (Nat. hist., xvi, 40, 79) ricorda sull'Arce una sua statua in legno di cipresso risalente al 192 a. C. (che forse, riproduceva altra più antica) ancora ben conservata ai suoi giorni. Il suo tempio capitolino è stato ritrovato nella rientranza che, per rispettano, fu creata nell'angolo O del Tabulariuni: la sua forma con cella più larga che profonda (m 13,70 × 7,70) e pronao sul lato lungo corrisponde alla citazione di Vitruvio (iv, 8, 4) tra le aedes ex isdem symmetriis ordinatae et alio genere dispositiones habentes.
Questa scoperta costituisce un punto fermo anche per l'iconografia, essendosi rinvenuta nella cella una statua grande il doppio del naturale, databile nel II sec. d. C., che rappresenta un tipo apollineo con riccioli scendenti e lunga clamide sulla spalla sinistra (essendo mutilata mancano gli attributi che dovevano caratterizzarla). Gellio (v, 12) citando il simulacro di questo tempio dice: sagittas tenet, quae sunt videlicet partae ad nocendum. Quapropter eum deum plerumque Apollinem dixerunt immolaturque ritu humano capra, eiusque animalis figmentum iuxta simulacrum stat. Ovidio riferendosi allo stesso, conferma tutto ciò (Fasti, iii, 437 s.: Iupiter est iuvenis... fulmina nulla tenet... stat quogue capra simul e prosegue ricordando la capra Amaltea che nutrì Giove fanciullo.
Del tipo così descritto non si conoscono riproduzioni: esiste invece, un tipo analogo ma recante il fulmine, riprodotto su specchi etruschi ov'è denominato Giove (tinia), in una serie di bronzetti italici del IV-III sec. a. C. e in una splendida statuetta tardo etrusca (alta m 0,60) scoperta a Monterazzano (Viterbo, Museo Civico). Un bronzetto di questo tipo è stato scoperto anche a poca distanza dal tempio capitolino. Inoltre sui denari di L. Cesio e Licinio Macro del 103 e 83 a. C. compare il busto della stessa divinità, veduto dalle spalle, al di là del quale si scorge il fulmine impugnato, mentre in altri di Man. Fonteio (84 a. C.) è rappresentata una testa simile, sotto la quale sta il fulmine e nel rovescio si vede una capra cavalcata da un genietto. Figurazioni e descrizioni letterarie concordano, dunque, tranne che sul contenuto della mano: è però possibile che un fulmine abbia potuto esser scambiato con un mazzo di frecce, nel pugno di una divinità di tipo apollineo.
Fuori di Roma, V. è ricordato soltanto sopra un'ara di età presillana trovata a Bovillae (dov'era il sacrario delle Gente Giulia) dedicata Vediovei patrei C.I.L., i, 1439; Dessau, 2988).
Monumenti considerati. - Tempio e statua: A. M. Colini, Aedes Veiovis inter Arcem et Capitolium, in Bull. Com., lxx, 1942, pp. 5-55 con tavole (rec.: Ch. Picard, in Rev. Arch., xxiv, 1946, pp. 70 ss.); G. Lugli, Roma antica, 1946, pp. 39-42; E. Nash, Bildlex. Top. Rom., ii, pp. 490-95. Specchi: R. Noli, Eine Gruppe Etrusk. Spiegel, in Oest. Jaresh., xxvii, 1932, pp. 157 ss., figg. 99-101. Bronzetti: S. Reinach, Rép. Stat., ii, p. 5; iii, p. 2; R. Bartoccini, in Boll. d'Arte, 1959, pp. 315-17. Monete: E. Babelon, Monn. Rép., i, pp. 505 ss.; 525; E. A. Sydenham, Rom. Rep. Coinage, 1952, pp. 564-721; 732.
Bibl.: J. A. Hild, in Dict. Ant., V, 669 ss.; G. Wissowa, Rel. u. Kultus d. Römer, Monaco 1912, pp. 236 ss.; 312; id., in Roscher, VI, 1924-37, col. 174 ss., s. v. Veiovis; K. Latte, Über eine Eigentümlichkeit der italischen Gottersvorstellung, in Arch. Rel.-Wiss., XXIV, 1926, pp. 249 ss.; F. Altheim, Röm. Religionsgesch., Francoforte sul Meno 1931-33, II, pp. 44 ss.; 55 ss., III, pp. 35 ss.; C. Koch, Der röm. Juppiter, Francoforte sul Meno 1937, passim; A. Stazio, Sul culto di Veiove in Roma, in Rend. Acc. Napoli, n. s., XXIII, 1946-48, pp. 137-47 (rec.: F. Castagnoli, in Doxa, III, 1950, p. 79); M. Schuster, in Pauly-Wissowa, VIII A, 1955, c. 600-610, s. v. Veiovis; R. Bartoccini, Il Veiovis di Monterazzano, in Boll. d'Arte, 1959, pp. 311-20; K. Latte, Röm. Religionsgesch., Monaco 1960, pp. 81 ss., figg. 19 e 21 a.