VEDOVANZA
È lo stato in cui viene a trovarsi un coniuge alla morte dell'altro.
Uno degli usi più diffusi sia fra i popoli di più antica civiltà (Cina, India), sia fra le popolazioni inferiori, è che il coniuge superstite debba seguire nella morte il coniuge defunto: l'uso, peraltro, si riscontra più di frequente per le vedove. La pratica, che in epoche più recenti si rende facoltativa, tende oggi a scomparire. La maggiore insistenza con cui la pratica si afferma nei riguardi della vedova rivela che essa si ricollega al concetto dell'inferiorità giuridica e morale della donna. Si deve qui per altro richiamare l'obbligo, in apparenza contrastante con tale pratica, in forza del quale viene imposto da leggi civili e norme religiose al coniuge superstite di costituire un'aggregazione matrimoniale con un membro della famiglia del coniuge defunto (v. Levirato).
Il diritto romano non conobbe nessuna di tali usanze: già però nel periodo più antico si afferma per i vedovi e in particolare per le vedove l'obbligo del lutto (v. morte). Solo più tardi nel diritto pretorio per ragioni religiose (il venir meno del culto dei Mani) e per preoccupazioni di carattere sociale (favor matrimonii) si esonera il vedovo da tale obbligo e si giustifica per la vedova il tempus lugendi, nel quale le sono proibite nuove nozze come mezzo per evitare la turbatio sanguinis, la incertezza circa la paternità legittima. Peraltro la religio luctus torna a informare il regime delle seconde nozze nella legislazione degl'imperatori cristiani e in quella giustinianea (Nov., 39, c. 2) per influenza delle teorie patristiche.
Quanto alla posizione del coniuge superstite nel diritto successorio romano occorre distinguere il sistema del diritto pretorio da quello giustinianeo: in mancanza di parenti il pretore accorda al coniuge superstite purché non divorziato, la bonorum possessio; Giustiniano, pur escludendo fra i successibili della novella 118 il coniuge, che può solo domandare la bonorum possessio unde vir et uxor, concede alla vedova povera di un locuples con le novelle 53 e 117, di succedere al marito predefunto anche in concorso dei parenti del medesimo; se concorre con quattro o più discendenti del marito, essa ottiene una porzione virile; se concorre con un numero minore di discendenti o con altri parenti, riceve la quarta parte (quarta uxoria): di regola in proprietà; se concorre con figli proprî, in usufrutto.
Nel diritto germanico la vedova è libera di passare a nuove nozze purché siano salvaguardati i diritti degli eredi del primo marito, figli o parenti prossimi, che detengono il mundio. Nel diritto canonico e nel diritto comune ritorna la preoccupazione della turbatio sanguinis come restrizione alle seconde nozze: il codice nap. (art. 528) e il codice civile italiano (art. 57) fissano questo termine in dieci mesi dallo scioglimento del matrimonio per morte: la violazione dell'obbligo costituisce impedimento impediente: per il vedovo non esiste alcuna restrizione. Il periodo del lutto vedovile non è obbligatorio secondo il nuovo Codex iuris canonici (canone 114): il vescovo può autorizzare a contrarre nuove nozze prima dei dieci mesi di vedovanza. La legge 27 maggio 1929 ha attenuato il rigore del divieto opposto nel cod. civ. e ha abolito anche le gravi sanzioni patrimoniali che, secondo l'art. 128 cod. civ., colpivano la donna che avesse contratto il secondo matrimonio prima del decorso dei dieci mesi.
Il legislatore italiano, allontanandosi dal diritto giustinianeo e dai codici italiani preunitarî (cod. nap. 689, cod. est. 836, cod. parmense 659) assicura in ogni caso al vedovo nella successione ab intestato un diritto successorio, quale che sia il numero o la qualità degli eredi con i quali concorre e quale che sia la sua condizione economica (art. 753 segg.).
Bibl.: F. Schupfer, La famiglia romana, Padova 1876; id., Il dir. priv. germanico, II, Roma 1907, p. 86 segg.; A. Post, Giurisprudenza etnologica (trad. P. Bonfante e C. Longo), Milano 1908, p. 77 segg.; A. Rosambert, La veuve en droit canonique jusqu'au XVIe siècle, Parigi 1923; A. Esmein, Le mariage en droit canonique, 2ª ed., ivi 1932; E. Volterra, in Studi in memoria di Albertoni, Milano 1933; M. Roberti, Svolg. stor. del dir. priv. in Italia, III, Padova 1935, p. 184 segg.; L. Ramponi, Le condizioni di celibato e di vedovanza nei testamenti e nei contratti, Firenze 1893; V. Del Giudice, Il matrimonio religioso e la condizione di vedovanza nella legge e nei testamenti, in Riv. dir. can., p. 293 segg.