VALLOMBROSANI (Congregatio Vallis Umbrosae Ordinis S. Benedicti)
Congregazione benedettina fondata da S. Giovanni Gualberto della famiglia fiorentina dei Visdomini fra il 1012 e il 1015. Nato nel paterno castello di Petroio (Val di Pesa) nel 985, Giovanni si convertì, secondo la storiografia vallombrosana, nel 1003 (il Venerdì Santo) sul punto di far vendetta di un suo fratello ucciso a tradimento; fece le sue prime esperienze monastiche fra i cluniacensi di S. Miniato, ma si allontanò presto da questo monastero retto da un abate simoniaco. Le origini e lo sviluppo primo dell'ordine che si venne così formando intorno a Giovanni a Vallombrosa sono strettamente connesse con quel movimento di riforme monastica ed ecclesiastica che prelude e prepara, nei secoli X e XI, l'azione riformatrice di Gregorio VII.
La regola dei vallombrosani è sostanzialmente la regola benedettina assunta nella sua più rigida e scrupolosa applicazione. Due punti di sostanziale divergenza sono rappresentati: 1. dalla proibizione, voluta da S. Giovanni Gualberto, del lavoro manuale, che invece è prescritto dalla regola benedettina; 2. dall'istituzione di un unico abate generale dell'ordine, eletto a vita, dal quale dipendono direttamente tutte le case dell'ordine. La proibizione del lavoro manuale imposta ai monaci portò come conseguenza l'introduzione, nei monasteri vallombrosani, di fratelli laici addetti appunto ai lavori manuali. L'istituzione dei conversi (l'espressione è usata per la prima volta nella vita di S. Giovanni Gualberto scritta dal vallombrosano Andrea Strumi) fu in seguito largamente adottata da altri ordini. L'ordine fu approvato da Vittore II nel 1055 e posto sotto la protezione della sede apostolica (da Urbano II, nel 1090) che ne garantì la totale indipendenza da estranei per l'elezione dell'abate generale.
L'abate generale fu eletto a vita fino a Giovanni Maria Canigiani (1515-40); gli abati seguenti furono eletti a tempo. In forza di antiche donazioni l'abate generale dei vallombrosani si sottoscrive col titolo nobiliare di marchese di Monte Verdi, conte di Magnale e signore di Canneto.
La prima espansione dell'ordine è rappresentata dalla fondazione (1032) del monastero di S. Salvi subito fuori le mura di Firenze, e centro di lotta contro il vescovo e il clero simoniaci di Firenze: lotta che ebbe momenti drammatici (1065) e che richiese l'intervento di S. Pier Damiani inviato da Alessandro II ad appianare la situazione. L'ordine si giovò della protezione di Gregorio VII accordata al successore di S. Giovanni Gualberto, il beato Rodolfo Galigai (1073-1076). Alla fine del secolo l'ordine, per opera del beato Andrea, si diffonde in Francia (monasteri di Cornilly e abbazia di Chezal-Benoît). Durante il generalato (1098-1106) del card. Bernardo degli Uberti, consigliere della contessa Matilde, l'ordine ricevette da questa una notevole donazione che ne accrebbe notevolmente i possessi. In una bolla di Pasquale II (9 febbraio 1115) sono ricordati 23 monasteri vallombrosani sparsi per lo più in Toscana e nell'Emilia. Nella bolla Monet nos (6 gennaio 1188) di Clemente III, il numero è salito a 53. Durante il generalato del b. Benigno (morto nel 1236) un vallombrosano della Marca d'Ancona, il monaco Silvestro, diede principio (1231) a Grottafucile, nella Gola della Rossa, alla congregazione detta dei silvestrini. Nel 1253 l'ordine contava 79 abbazie, 29 priorie, 17 ospizî e 9 monasteri di monache. Nel 1485 alcune abbazie, con a capo il monastero di San Salvi, formarono una congregazione separata, poi riunita alla casa madre per opera di Innocenzo VIII. Nel 1530 l'ordine raggiunse il suo più ampio sviluppo con 82 badie, 200 priorati, 30 ospedali e 20 monasteri di monache. Ma insieme con questo singolare sviluppo si deve registrare una notevole rilassatezza nell'applicazione della regola. Una prima riforma dell'ordine fu operata dai benedettini cassinesi verso la metà del sec. XV. Una seconda più ampia riforma fu condotta, per incarico del card. Giustiniani protettore dei vallombrosani, da S. Giovanni Leonardi, nel 1601. Alessandro VII il 29 marzo 1662 volle riuniti i vallombrosani ai silvestrini, ma l'unione diede poco buoni frutti e fu sciolta da Clemente IX il 24 ottobre 1667. Ma la decadenza dell'ordine non si arrestò: all'epoca della soppressione napoleonica, il numero dei monasteri vallombrosani, compresi gli ospedali, era disceso a 51. Restaurati gli ordini religiosi (in Toscana, nel 1814), furono ripristinate soltanto 5 badie: Vallombrosa, Passignano, Santa Trinita a Firenze, S. Prassede a Roma e il santuario di Montenero presso Livorno passato alle dipendenze dei vallombrosani fin dal 1791. Nel 1888 si aggiunse a queste il monastero di S. Giuseppe a Pescia (Lucca) eretto in abbazia da Leone XIII (26 febbraio 1899) e, nel 1896, il santuario di Galloro vicino all'Ariccia. Il procuratore generale dell'ordine risiede attualmente a Santa Prassede. La casa per i novizî è stabilita a Montenero.
Le monache vollombrosane ebbero origine, nel 1050, per opera di Berta, figlio di Lotario conte di Borgonovo e di Settimo, nel monastero di Cavriglia. Ma chi diede maggiore impulso e gloria alle monache dell'ordine fu Santa Umiltà (1226-1310).