SCALVE, Valle di (A. T., 17-18-19 e 20-21)
È, in senso più esteso, la valle bagnata dal torrente Dezzo, affluente dell'Oglio; in senso più ristretto, il solo tratto superiore (a monte dell'abitato di Dezzo) riserbandosi alla parte inferiore il nome di Val d'Angolo. Quest'ultima ha una lunghezza di circa 12 km., la vera e propria Val di Scalve di oltre 18 km., fra Dezzo e il passo del Vivione. La distinzione fra i due tronchi è giustificata anche dal diverso orientamento (da NE. a SO. nel primo tratto, da N. a S., all'incirca nel secondo), determinato dal brusco gomito che il solco fluviale disegna in corrispondenza alla massa dolomitica della Presolana (2521 m.). Il cercine montuoso che chiude le due valli, separandole da quelle del Serio, dell'Adda, dell'Oglio e del Borlezza, si mantiene compatto ed elevato (diverse cime oltrepassano i 2000 m. e anche i 2500, quali il Gleno, il Venerocolo, il Cocarena, ecc.), mentre poi a S. il Dezzo s'apre la strada nel profondo e angusto canalone fra le pendici della Presolana e quelle della Corna di S. Fermo (2326 m.). Così la Valle di Scalve non solo viene a costituire un settore alpino tipicamente isolato, ma questo isolamento mantiene tra l'uno e l'altro dei due tronchi che la costituiscono. I passaggi alle valli vicine si compiono per mezzo di valichi elevati soprattutto verso N. (all'Aprica per il Belvino 2631 m., per il Vo 2340, per i Solegà 2330, per il Venerocolo 2315) e perciò i rapporti con la Valtellina e l'Engadina furono in ogni tempo di poco conto (transumanza); molto più facile invece il transito all'alta Camonica dalla Val di Dezzo così attraverso la Val Prisco (Passo del Vivione m. 2134, del Giovetto m. 1819), come per Capo di Ponte (P. di Campelli m. 1892), Breno (P. della Zendola m. 1973, P. di Varicla m. 2009) e Borno (P. di Corna Busa m. 2009) o da quella dell'Angolo per la Val Trobiolo (Giogo di Palline m. 1272); e alla Seriana, sia verso Lizzola (P. della Manina 1797 m.) e Ogna (Colle Scagnello 2054 m.), sia per il torrente Gera (Giogo 1286 m.) a Clusone. Questa ultima comunicazione, anzi, dovette probabilmente precedere le altre nel tempo, accentuando così la separazione fra l'alta Val di Scalve, che venne a gravitare verso Bergamo, e quella di Angolo, direttamente collegata al Bresciano per la Camonica. Solo nel 1864 fu condotta a termine la rotabile Dezzo-Angolo, la via Mala d'Italia (una delle più ardite strade alpine che siano state costruite, con numerose gallerie e tratti a capanna), danneggiata più volte (e in parte distrutta nel disastro del Gleno del 1° dicembre 1923) e più volte rifatta, destinata a congiungere i due tronchi della valle. Neppure oggi, tuttavia, la separazione si può dire del tutto scomparsa: essa sussiste infatti amministrativamente; mentre l'alto bacino, partito nei tre comuni di Vilminore, Schilpario e Dezzo, fa parte della provincia di Bergamo, la Val d'Angolo, divisa fra il comune omonimo e Darfo, rientra in quella di Brescia.
Sono noti ab antiquo i minerali di ferro (spatico) e di zinco (calamina) della Manina e di Schilpario, ai quali la valle deve il suo nome (dal lat. scalpere "scavare"). L'estrazione, praticata fino dal tempo dei Romani, formò a lungo, con la pastorizia, la base dell'economia valligiana (fino alla prima metà del secolo scorso). Il minerale veniva in parte trattato sul posto (Schilpario, Dezzo), in parte spedito ai centri vicini della Val Camonica. Importante era anche la produzione di legname (faggio, conifere), di cui la valle è ricca, e che in larga misura serviva ai forni.
La popolazione, che si vuole abbia toccato (fine del sec. XVIII) i 12 mila abitanti, è ridotta oggi a circa 8000, dei quali poco più della metà nell'alta valle, dove sono i centri principali, tutti sopra i 1000 m.: Schilpario, Vilminore e Dezzo. Nella Val d'Angolo i centri si distribuiscono tutti presso lo sbocco: Angolo, Mazzunno, Terzano, Gorzone. Di questi solo Schilpario e Angolo superano i 1000 abitanti.
Bibl.: G. Castelli, La valle di Scalve, in Boll. Club Alpino italiano, 1897; G. Laeng, La viabilità nella Val di Scalve, in Le strade, 1924; L. G. Nangeroni, Note geomorfologiche sulla Valle del Dezzo, in Natura, 1931.
Storia. - Può darsi che nell'antichità preromana e romana facesse parte della tribù dei Camuni: i dati archeologici sono, però, scarsissimi. Nel 774 vi ebbe dei beni il monastero di S. Martino di Tours, per donazione di Carlo Magno, pare con esenzioni e diritti, se, in base a permuta nel 1026, il vescovo di Bergamo fondò su tale titolo le sue ragioni in Valle di Scalve. Nel 1195 la Valle ci appare organizzata a comunità, con consoli e credenza, sempre però in dipendenza del vescovo e del comune di Bergamo. Forse per liberarsi da contese col comune, il vescovo Giovanni Tornielli cedette i suoi diritti quasi-signorili ai capitani di Scalve (1222), riservandosi le decime: ma pochi anni dopo (1231) la valle riscattò dai suoi signori tutti i diritti feudali, mantenendo i capitani come cittadini e vicini. Di parte guelfa, la comunità fu spesso in lotta coi vicini Federici di Valcamonica. Seguì Bergamo nella dedizione ai Visconti, poi a Venezia, formando sempre una giudicatura autonoma. Nel 1797 ebbe qualche velleità antigiacobina, come i vicini abitanti di Valseriana, ma senza gravi conseguenze. Il 1° dicembre 1923, in seguito alla rottura della diga di ritenuta del lago artificiale del Gleno, tutta la bassa valle fu devastata da un'immensa fiumana, e alcune località, come Dezzo, vennero completamenterase al suolo.
Bibl.: G. B. Grassi, Alc. notizie s. Valle di Scalve, Bergamo 1899.